L’Istituto Vigilanza dell’Urbe, una delle più grandi aziende nel settore della vigilanza privata, è in vendita, nonostante sia parte integrante dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, ente morale lautamente sostenuto dal ministero della Difesa e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Giovedì 19 ottobre alle ore 12 è scaduto il termine per la presentazione delle offerte di acquisizione dell’Istituto, che dà lavoro solo a Roma a circa 900 persone. Vigilantes privati che prestano servizio in molte grandi aziende e che, con la cessione, rischiano di perdere il proprio lavoro, o di veder trasformato un rassicurante contratto a tempo indeterminato in precariato. Contro questa eventualità i lavoratori dell’Ivu sono in mobilitazione da oltre un anno. Due gli incontri fatti finora: il primo aveva sancito la natura privata dell’ente, e dato il via libera alla cessione alla cooperativa Pegaso. Il secondo, con i lavoratori dell’azienda rappresentati dalle RdB-Cub e dal Savip, si era limitato alla comunicazione di quanto già deciso. Nessuna notizia è ancora giunta sul vincitore dell’appalto, a cui hanno partecipato alcune tra le più grandi aziende del settore, tra cui la Ivri, proprietà del presidente della Lazio Lotito, e la Ivcr, società acquisita dalla stessa Ivu negli anni ’80, e poi staccatasi dall’azienda madre, per passare sotto il controllo di alcuni dirigenti dell’Ancr. Una società che negli ultimi mesi è riuscita a battere la sua ex associata in numerosi appalti. Sulla gara d’appalto, però, pesa la possibilità di un intervento del governo, sollecitato da un’interrogazione parlamentare di Alberto Bugio del Prc. Sotto accusa i ricchi contributi statali di cui usufruisce l’associazione, il carattere pubblico dell’azienda (che rende impossibile la procedure di cessione del ramo d’azienda), il dubbio buco di bilancio addotto a causa delle cessione dell’istituto (che fino al 2004 aveva un fatturato di ben 30 milioni), ma anche la poco trasparente figura del suo presidente, Antonio De Meo, vecchio notabile Dc, già sottosegretario nel governo Tambroni, condannato nel 2004 dalla Corte dei conti al pagamento di 211 milioni di euro per “irresponsabile gestione e condotta” dell’Ente Cellulosa e Carta. Secondo il disegno dei dirigenti dell’Ancr la cessione dell’Ivu lascerebbe spazio al Progetto Equal, lautamente finanziato dall’Unione Europea e dal Ministero della Difesa e gestito dall’Istituto Tagliacarne, una fondazione dell’Unione Italiana delle Camere di Commercio. Il progetto prevede il ritorno dell’associazione combattentistica alle sue vecchie funzioni: dare sostegno e lavoro ai militari reduci dalle missioni estere. Ma a far posto ai soldati in congedo provenienti da Kosovo, Iraq o Afghanistan, dovrebbero essere mille lavoratori, che non sembrano avere alcuna intenzione di darsi per vinti. La settimana prossima, infatti, i metronotte dell’Ivu torneranno ancora una volta in piazza.