Viet Nam: le radici della resistenza

Enrico Lobina, dottore di ricerca in “Storia, Istituzioni e Relazioni Internazionali dell’Asia e dell’Africa in età moderna e contemporanea”, nonché dirigente cagliaritano del Partito della Rifondazione Comunista, ha scritto un libro che vale la pena leggere fino in fondo (Viet Nam: le radici della resistenza. Consenso e strategia militare del Partito Comunista Indocinese nel nord Viet Nam tra il 1941 ed il 1945; Città del Sole Edizioni; 395 pagine, 18 euro). Si tratta di un poderoso e meticoloso lavoro di ricerca ed analisi basato sullo studio di documentazione d’archivio, molta della quale sconosciuta in occidente ed in Italia. L’autore infatti si è avvalso della preziosa collaborazione di traduttori vietnamiti che gli hanno permesso di analizzare minuziosamente i materiali degli archivi di Hanoi e di Aix-en-Provence, con particolare attenzione allo studio dei giornali e dei fogli di propaganda. Pur trattandosi di un lavoro di ricerca, ricco di fonti e materiali, il libro ha il pregio di essere dotato di una capacità espositiva e di un linguaggio che permettono anche ai non addetti ai lavori di orientarsi lungo le varie tematiche di cui l’opera è composta. Uno dei punti di forza di questo lavoro è infatti il carattere multidisciplinare che permette di inanellare un rigoroso studio storiografico dentro una ricerca a tutto campo che va dall’analisi del contesto internazionale all’evolversi della situazione in Indocina, passando per lo studio dello spazio geografico (province del Viet Nam, idrografia, analisi del villaggio,…) al dibattito nel gruppo dirigente del Viet Minh.

L’autore chiarisce uno degli aspetti centrali del dibattito storiografico: la rivoluzione del ’45 non fu un putsch ma il compimento di un percorso politico che ha origine nella svolta del ’41 del Partito Comunista Indocinese (PCI) alla conferenza del Pac Bo. Non il frutto del caso, di una coincidenza fortuita di eventi, quindi, ma la sapiente costruzione di una tattica (politica e militare) che ha saputo cogliere gli elementi dinamici di quel periodo, ponendo le basi per la costruzione di un sistema sociale e politico nuovo e che affonda le sue radici nell’esperienza della provincia del nord del Viet Nam nel quadriennio 1941-1945. Da qui la scelta di E.L. di concentrarsi sullo studio di un dato periodo, in una specifica regione: qui vi è l’individuazione cosciente di un nocciolo di ricerca per comprendere i nodi della strategia militare e dell’organizzazione del consenso, condizioni indispensabili per la rivoluzione d’agosto. La restrizione del campo alla provincia del Pac Bo nel ’41-’45 non è quindi un limite della ricerca, ma il frutto di una scelta consapevole che vede in quell’esperienza lo strumento attraverso la quale il Viet Minh, ed in esso i comunisti, organizzano il consenso e costruiscono un nuovo blocco sociale, che diventerà così la nuova classe dirigente del paese.

Per queste ragioni molta parte della ricerca si concentra sul ruolo svolto dai giornali e dal materiale di propaganda: tassello centrale per la costruzione di un’opinione pubblica e la conquista del consenso che, intrecciandosi con gli aspetti militari (in cui emergono grandi capacità e risultati, nonostante i mezzi ridotti) danno luogo ai due pilastri sui quali è stato possibile costruire un movimento di resistenza che ha permesso la sconfitta dei francesi prima e gli statunitensi poi e dare il via ad un sistema sociale e politico capace di sostituirsi a quello precedente.

Da queste considerazioni, la scansione argomentativa del libro che non tralascia nessuno degli aspetti indispensabili alla costruzione del nuovo sistema sociale:

1) L’analisi dello sviluppo delle relazioni internazionali che, nell’evoluzione della seconda guerra mondiale nel Pacifico, determina il thòi cô, l’occasione favorevole, sapientemente sfruttata dal Viet Minh.

2) Lo spazio fisico che non funge solo da cornice delle azioni e delle battaglie, ma il terreno sul quale si radica una pratica politica che, partendo da un’unica provincia, è capace di radicarsi ed espandersi in tutto il paese. Lo studio sullo spazio fisico è svolto fin nei minimi dettagli, fino all’analisi dettagliata del villaggio e delle relazioni sociali che lì si determinano.

3) La politica verso le minoranze, aspetto fondamentale che si lega intimamente con lo studio del territorio e dei villaggi nelle varie province del Viet Nam.

4) Il ruolo educativo del foglio scritto e del materiale di propaganda, da leggersi prevalentemente ad alta voce per permettere anche agli analfabeti di confrontarsi con le tesi che il Viet Minh proponeva al popolo. Esercizio, questo, che originava una forma peculiare di socializzazione dentro il villaggio e di elevazione culturale collettiva. La scrittura quindi smette di essere un’arte ad appannaggio di un’elite, coinvolgendo per la prima volta chi, storicamente, ne era stato escluso.

5) L’analisi dei subalterni, con una particolare attenzione al ruolo della donna. Analisi queste che ci permettono di capire la forza del movimento rivoluzionario che intuì come centrale nella battaglia fosse il tentativo di annodare i fili del passato con quelli del presente e combinare liberazione nazionale e rivoluzione sociale. Il che ci riporta ad un riflessione cardine dell’opera di E.L e che ha una valenza generale (ben oltre la vicenda del Viet Nam) e cioè che la questione nazionale è essenzialmente questione sociale.

Una parte rilevante di questo lavoro è rivolto allo studio delle strategie militari del Viet Minh ed alla costruzione di un nuovo blocco sociale ed un nuovo gruppo dirigente attraverso un’opera minuziosa di elevazione culturale dei suoi quadri che dovevano essere figure di esempio per il popolo. L’influenza di Ho Chi Minh, il “pedagogo della rivoluzione” è fondamentale. Suo il merito principale di aver saputo fondere principi politici e militari della cultura orientale con quella occidentale, innestandoli sapientemente sulle radici profonde della cultura del Viet Nam. Da qui i nuovi principi militari della lotta di liberazione che hanno saputo cogliere l’essenza del marxismo e del leninismo e coniugarla con la lunga tradizione vietnamita di resistenza agli invasori, con i principi della guerriglia di Mao e, soprattutto, con le grandi opere sullo studio e l’analisi della strategia orientale (Sun-Tzu) ed occidentale (Carl von Clausewitz) fuse con “l’analisi concreta della soluzione concreta” (Lenin). Ecco perché, per E.L., “la storia del comunismo vietnamita è la storia di come un pensiero occidentale (filosofia della prassi di Gramsci) ha incontrato la storia del Viet Nam”.

Questa fusione tra oriente ed occidente è evidente anche nella complementarietà, in Ho Chi Minh, tra gli elementi di “scientificità” del marxismo con le peculiarità del confucianesimo che, con le sue caratteristiche etiche (rettitudine, sincerità, modestia, coraggio, sacrificio) aiutava a definire il profilo di un uomo superiore (il quan tu vietnamita, il qunzi cinese). Temi e riflessioni che ritroveremo non solo nell’esperienza rivoluzionaria della vicina Cina, ma addirittura ad altre latitudini, come dimostrano le riflessioni di Che Guevara sull’hombre nuevo e che rimandano ad una riflessione, affascinante e di pregnante attualità, sulla costruzione della società socialista.