Vicenza, no alla nuova base Usa «Ora il governo deve intervenire»

Pomeriggio di luglio, vista panoramica dal monte Berico: ecco i tetti della città del Palladio, gli edifici storici, i campanili, le torri e, poco più a nord, a meno di due chilometri in linea d’ aria da piazza dei Signori (il centro del centro storico), uno spiazzo verde, solcato dalla breve pista dell’ aeroporto civile Dal Molin. «È là che gli americani vogliono costruire la nuova base militare. Una colata di 600.000 metri cubi di cemento, pari al volume di 1.800 appartamenti di circa cento metri quadrati ciascuno, tanto per dare l’ idea», dice Cinzia Bottene, signora dall’ aria mite, ma con grinta da combattimento. «Noi non ci stiamo». Noi chi? «I cittadini e gli abitanti dei paesi limitrofi – io, per esempio, sono di Caldogno, un palmo dall’ area designata – mobilitati, attraverso alcuni comitati spontanei, per impedire lo scempio urbanistico e non solo. In dodici giorni, abbiamo raccolto 7000 firme». «Lanciamo anche un appello al governo, cercando adesioni tra i vicentini colti e illuminati», aggiunge. «No a Vicenza città-guarnigione; bisogna scongiurare il rischio che un patrimonio dell’ Unesco diventi obiettivo sensibile», rincara la dose Giancarlo Albera, altro esponente della protesta. È una caldissima estate, nel capoluogo veneto. Qui, forse con qualche carta truccata, si sta giocando una partita decisiva: il raddoppio della presenza militare statunitense, già di stanza nella caserma Ederle, con 3500 soldati e circa 2.000 civili al seguito. «Se il progetto andasse in porto – osserva la signora Bottene – arriveremmo a 10.000, ovvero al 10 per cento della popolazione». «Senza alcun vantaggio concreto, tra l’ altro – nota -. L’ esperienza ci dice che gli americani non si sono integrati. Che importano tutto dal loro Paese e, fuori dal ghetto, ormai non consumano neppure una pizza. Posti di lavoro anche per i vicentini? Qualche centinaio, forse. Ma questa è una città ricca, non depressa». «La parte del leone la farebbero solo i costruttori, ai quali è stata garantita l’ esecuzione dei lavori», afferma Albera. Altre controindicazioni: viabilità insostenibile, inquinamento acustico e ambientale. I contestatori («lo schieramento è trasversale, non ideologico», precisano) sono convinti che se la base viene costruita nello spazio aeroportuale, significa che – nonostante le assicurazioni dei militari Usa circa l’ utilizzo di mezzi di trasporto su gomma – i movimenti delle truppe verso la base di Aviano avverranno a bordo di elicotteri. Ciò detto, i comandi militari Usa hanno una gran fretta: entro settembre, devono cominciare le opere, sennò va a monte il finanziamento di 800 milioni di dollari. Quesiti nevralgici: i comitati civici hanno o no la forza di opporsi? Da che parte sta il sindaco? A chi spetta l’ ultima parola in merito? Solo a quest’ ultima domanda, la risposta è certa: decide il governo in carica. Anzi, in prima istanza (legge del 1976 sulle servitù militari), il ministero della Difesa. Un sì o un no sono ancora possibili, visto che l’ accordo sull’ operazione-Dal Molin, in ballo da qualche anno, non è stato ancora perfezionato. Ma qui entra in scena il primo cittadino di Vicenza, Enrico Hüllweck, pediatra colto ed eclettico. In quota Forza Italia (per inciso, Berlusconi fu uno dei testimoni delle sue nozze), ammette candidamente di non capire nulla di urbanistica. In questi giorni, viene aspramente criticato per aver lasciato che il progetto (un malloppo di circa 200 pagine) andasse avanti, senza discuterne in Consiglio comunale. Insomma, senza coinvolgere la popolazione. Non solo. I comitati sventolano il verbale (15 giugno 2006) del Comitato misto paritetico, nel quale Hüllweck, superando i vincoli edilizi espressi dal suo Ufficio tecnico, dà, in sostanza, l’ ok. Ma lui non ci sta, e contrattacca, esibendo altri documenti. Dice di sentirsi spiazzato dall’ accelerazione delle procedure. Che gli sarebbero sfuggite di mano, mentre il suo assessore alla Viabilità trattava con gli americani per ottenere, a loro spese, infrastrutture utili a Vicenza. «Non sono pregiudizialmente contro la nuova base – afferma – ma, per pronunciarmi, voglio vedere nero su bianco i termini dell’ intesa. Comunque, è affare del governo, non del sindaco». La Lega Nord è favorevole, senza stracciarsi le vesti. Manuela Dal Lago, presidente della Provincia, ha detto: «La nuova base è un’ opportunità». Ma alcuni giovani del Carroccio e altri di An stanno con i Comitati. L’ opposizione di centro-sinistra? È contraria, ed imputa a Hüllweck poca trasparenza. Non è un mistero, tuttavia, che gli stessi ulivisti paventano un gioco più ampio e sotterraneo. «Una partita politico-diplomatica internazionale sulla quale possiamo incidere poco», nota Luigi Poletto, capogruppo Ds in Comune. Più duro Achille Variati (Margherita, ex sindaco), vicepresidente del Consiglio regionale: «Vicenza non accetterà di essere sacrificata alla ragion di Stato. Per intenderci: se il governo dice no ai soldati in Iraq, nì in Afghanistan, che non si sogni di dire sì a questo progetto degli americani. Siamo polentoni, non stupidi». Ieri sera, a Vicenza, è arrivato il “ciclone” Oliviero Diliberto, segretario del Comunisti italiani. Dichiarazione secca: «Il nostro deve essere un governo di pace, e quindi non può permettere operazioni dissennate a criminali come questa».