Vicenza? E’ una città d’arte non una base militare

C’è sempre il segreto di Stato dietro agli accordi Italia-Usa. C’è per le “consegne speciali” dei postini della Cia (con l’aiuto del Sismi) e c’è per l’ampliamento delle basi militari a Siracusa e Vicenza. Dal Parlamento non sono passate, e non passeranno nemmeno da un voto referendario della popolazione interessata. Così, ad esempio, ha deciso la giunta di centrodestra del capoluogo veneto.
E contro l’ampliamento della caserma americana in terra vicentina, nell’area dell’aeroporto Dal Molin, domani si rimette in marcia tutto l’universo pacifista in «una manifestazione pacifica, colorata, rumorosa, con bambini e genitori in testa al corteo» per dire che ambiente e pace sono temi di cittadinanza e di partecipazione, non sequestrabili.
Il “popolo delle pentole” vicentino ci riprova dopo le petizioni, i blocchi del traffico, l’assedio pacifico e rumoroso alla sede del Comune, i presidi all’aeroporto e l’invasione delle piste. Hanno bisogno dell’aiuto di tutta Italia. Vicenza città d’arte e dell’Unesco, base operativa delle missioni Usa in Medio Oriente? No grazie.Anche perché il caso è ormai nazionale. Secondo un recente sondaggio, il 61% dei vicentini non la vorrebbe e l’84% vorrebbe comunque il referendum, ma per il sindaco forzista Huelleweck la decisione spetta al governo. Nel dubbio, però, la maggioranza di centrodestra ha già votato una delibera favorevole con alcune richieste: nessun onere a carico del Comune, imprese vicentine per i lavori, mantenimento dell’aeroporto civile e nessun volo militare operativo.
I Comitati cittadini contro la base che raccolgono società civile, centri sociali, sindacati, partiti e sempre più gente hanno incontrato il ministro della Difesa, Arturo Parisi, stretto tra la fedeltà atlantica e i rimbrotti dell’ambasciata Usa di Roma, da una parte, e una decisione impopolare e sbagliata, dall’altra.
L’ennesima polpetta avvelenata del governo Berlusconi che nel 2003 aveva dato il via libera all’accordo con gli Usa ancora segregato. La speranza dei pacifisti è che il governo ora decida (di non farla o almeno di chiedere il referendum locale) o che gli americani si stufino dei tergiversamenti italiani e se ne vadano. La seconda ipotesi essendo poco probabile data l’importanza della base. Vicenza, infatti, dovrebbe diventare nei piani americani uno dei quattro superstiti comandi operativi europei (con Grafenwoehr, Wiesbaden e Kaiserslautern in Germania). Uno dei pochi posti nel vecchio continente dove invece di ritirare truppe e ridurre poligoni e basi, gli Usa vorrebbero investire. Nella nuova caserma dovrebbe completarsi “la rimodulazione” (la formula è del vice-premier Rutelli) della 173 Airborne Brigade, 5mila uomini d’elite, ora sparsi tra Vicenza e la Germania (in realtà in missione in Afghanistan). Sarebbe la più grande base operativa Usa per il Vicino-Medio-Oriente. Il tutto, a detta del ministro della Difesa, sarebbe ovviamente “coerente e compatibile con le politiche militari del governo” (non ha aggiunto italiano), anche se non capiamo bene perché.
Il terreno attorno all’aeroporto Dal Molin ha ospitato già il Comando operativo forze aeree per la guerra nei Balani, dal 2004 trasferito a Poggio Renatico, vicino a Ferrara. Mentre a Vicenza è rimasta la caserma Ederle con una stazione telecomunicazioni e il comando della SETAF (Southern European Task Force) che ha per missione il supporto aerotattico alle unità nucleari missilistiche terrestri (con tanto di deposito testate) e dispone di un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. In città c’è anche la caserma Chinotto che ospita il quartiere generale della Eurogendfor, la Gendarmeria Europea formata dalle polizie militarizzate europee (Carabinieri, Gendarmeria francese, Guardia civil spagnola, guardia nazionale repubblicana portoghese e ”Koninklijke Marechaussee” olandese) impiegate nelle missioni di peacekeeping e una scuola per i militari dei Pesi in via di sviluppo (Coespu). In provincia bisogna aggiungere la base della Fondeva a Tormeno che stocca materiali esplosivi e un deposito d’armi a Longare. Dovrebbe bastare e avanzare e invece si prevede di costruire una vera e propria cittadella a uso e consumo dei circa 8mila espatriati Usa tra militari e familiari. Nell’illusione per il Comune che sia un buon affare, nonostante la storia delle basi dalle Filippine a noi, abbia dimostrato che sono più i costi che impongono al territorio del Pil che lasciano. Le servitù militari in Italia sono già troppe, la politica del territorio è già sequestrata a sufficienza, lo dice la Sardegna, lo dirà anche Vicenza?