Viaggio nel “mitico” Nord Est dove 360 lavoratori rischiano il posto di lavoro

360 posti di lavoro, di cui il 90 per cento occupati da donne, un potenziale produttivo di 60 milioni di pizze all’anno, tre quarti della produzione esportata all’estero, un portafoglio clienti enorme: questo è il quadro dell’azienda Roncadin, sita a Meduno (in una vallata delle montagne pordenonesi), fino a poco tempo fa leader della produzione di pizze surgelate ed ora in piena crisi per l’abbandono in cui l’ha lasciata il gruppo industriale Malavolta, che l’ha rilevata qualche anno fa. Più di trecento lavoratrici e lavoratori si stanno battendo per difendere il loro posto di lavoro, minacciato dal disinteresse di un gruppo industriale che sembrerebbe più interessato all’edilizia e alle squadre di calcio (uno dei titolari, è infatti presidente del Teramo) che non al settore alimentare. Nei prossimi giorni, i sindacati e gli assessori regionali al Lavoro e alle Attività produttive, dovrebbero incontrare i titolari del gruppo (che ormai non pagano più neanche Tfr e contributi per quei lavoratori) nella speranza di avere rassicurazioni sulla sopravvivenza dello stabilimento e sul mantenimento dei posti di lavoro; ma a giudicare da come il gruppo Malavolta si è comportato con un suo stabilimento in provincia di Udine, dove più di cento lavoratori (anche qui quasi tutte donne) sono finiti in mezzo alla strada per il fallimento dell’azienda, le speranze non sono molte. Questa è la situazione di una grossa azienda del mitico Nord Est d’Italia, un’azienda che nonostante fino a poco tempo fa fosse in ottima salute, oggi è in pieno abbandono senza apparenti motivi, che non siano l’insufficienza di fondi dichiarata dal gruppo industriale proprietario; un’azienda che si appresta a chiudere, così come ha fatto recentemente un’altra grossa ditta (la Bisazza di Spilimbergo) che nonostante producesse mosaici, con enormi fatturati, ha preferito chiudere, per trasferire i suoi impianti in India dove i padroni contano di poter guadagnare di più di quanto non facessero già in Italia. Non c’è quindi solo la globalizzazione e la “mitica” concorrenza cinese a creare problemi ai lavoratori italiani, c’è anche l’avidità dei padroni e il loro menefreghismo, c’è l’assenza di quella che qualcuno chiama “etica imprenditoriale”,quell’etica imprenditoriale che dovrebbe far sì che, a fronte del depauperamento del patrimonio produttivo del nostro Paese, anche gli industriali (sempre pronti col loro presidente a dar lezioni a tutti) si attivino per salvare questo patrimonio. E c’è anche la timidezza delle organizzazioni sindacali che invece di costringere i padroni ad interessarsi anche di ciò che succede fuori dalle loro fabbriche, indicendo uno sciopero generale almeno a livello provinciale, cercano la trattativa anche con chi non ha il minimo interesse a trattare. A fronte delle difficoltà che la stessa Regione Friuli Venezia Giulia sta incontrando, per cercare di salvare questo stabilimento con i suoi relativi posti di lavoro, auspico che il governo nazionale intervenga sul gruppo Malavolta per fermare lo scempio che si sta perpetrando nella provincia di Pordenone a danno di centinaia di donne lavoratrici e delle loro famiglie, molte delle quali, finiranno sul lastrico se non si interverrà urgentemente.

*Pio De Angelis
consigliere Prc Friuli Venezia Giulia