Togliere la falce e martello dal simbolo. Cassare il comunismo dalla dizione ufficiale del partito. Nemmeno sotto tortura Fausto Bertinotti ammetterebbe che la modifica del logo di Rifondazione è approdo possibile e forse inevitabile di un percorso avviato da tempo, e che il cambio di ragione sociale, senza essere ripudio di un’idea e una tradizione, è la naturale conseguenza del tentativo del leader di trasformare il suo partito in qualcosa di più ampio e rappresentativo: la base di una aggregazione di tutta l’area della sinistra radicale e movimentista. Se Bertinotti smentisce a oltranza l’intenzione è anche perché, appena la questione del cambio di nome fa capolino, metà Rifondazione insorge e minaccia apertamente la scissione. Ma se il leader preferisce glissare, non altrettanto fanno i suoi seguaci, che del cambio di nome e simbolo discutono eccome, ci si accalorano e accapigliano. Sul portale amico “Diamoci del tu” (www.diamocideltu.com). che ospita i blog della comunità web rifondarola, il tema è oggetto di un serrato dibattito: «Che senso ha più il simbolo falce e martello?», recita il titolo di un forum aperto dall’intervento di un iscritto che si firma Vm 70: «Sono mesi – scrive – che mi interrogo: che senso ha più la parola comu¬nista sul logo del mio partito. Io lo cambierei tranquillamente con Partito della rifondazione della sinistra. Visto che di sinistra in Italia è rimasta solo la parola sul dizionario». n senso dell’intervento è più provocatorio che propositivo (l’autore non vorrebbe nemmeno che il Prc entrasse nell’Unione), ma le risposte che arrivano prendono molto sul serio l’argomento: «Non ha nessun senso, mi domando cosa si aspetta a cambiarlo», è uno dei primi commenti alla provocazione. Boom. «Non ha nessun senso? Allora si fa la scissione!», garantisce Fata. E Rita: «Ha il senso di non far dimenticare quella che io chiamo “la legge dei padri”, le persone che sono morte per difendere e non rinnegare un’idea». «La falce e il martello – scrive Kurn – è stato per 150 anni il simbolo della lotta degli oppressi contro il potere. Se sparisse, la stessa Rifondazione non avrebbe più senso di esistere». Molti altri pareri sono invece più sfumati o nettamente schierati per l’ipotesi del cambio. Sostiene Andrea: «Se riteniamo di non avere niente a che fare col comunismo storico in versione marxista-leninista-stalinista, perché non trovare un altro nome che non richiami direttamente quell’esperienza?». Concorda il signor G: «ll fatto è, secondo me, che tante persone associano inevitabilmente quel simbolo ai disastri compiuti dall’Urss e da altre nazioni che hanno provato ad essere comuniste e sono diventate dittature sanguinarie». Timida apertura di Bloger: «Forse la tradizione comunista, e i suoi simboli, andrebbero rivisti nella chiave di una più netta vocazione intemazionalista (giusto quindi il partito europeo…». Non mancano proposte grafiche: «lo ho una mia modesta idea: un partito, o movimento denominato “Sinistra Altermondialista”, con il simbolo di un pugno sinistro che afferra un arcobaleno sopra un globo stilizzato».
La discussione nasconde a fatica l’incipiente crisi di identità del partito, specie ora che la prima vera stagione governativa di Rifondazione s’avvicina sempre più. Qual è il modello di società per cui deve battersi il Prc di governo? Saperlo. «Siamo antiliberisti». «Sì, ma l’antiliberismo non è ancora socialismo». «Siamo socialisti autogestionari». «Come diceva il socialdemocratico Olof Palme “il capitalismo è un agnello che va tosato, non ucciso”». I militanti litigano anche sull’opportunità o meno di celebrare l’ottantottesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, caduto l’altro ieri 7 novembre, il tutto mentre Bertinotti, in privato, si dice molto preoccupato per ciò che potrà e dovrà dire in occasione del suo imminente viaggio ufficiale in Cina, l’8 dicembre, quando sarà costretto a districarsi tra comunismo realizzato e comunismo rifondato, capitalismo di Stato e dittatura del partito, censura cinese e autocensura della base in patria. La fibrillazione interna ha trovato sfogo anche a Liberazione, quotidiano ufficiale, dove il nuovo comitato di redazione ha aperto una vertenza sindacale contro l’editore, cioè il partito, per denunciare carichi di lavoro eccessivi e insostenibili.
Intanto la base si tormenta di dubbi: l’abbraccio con Prodi ci <