Vertici tra Cia e Sismi per rapire Abu Omar

Il sequestro dell’ imam di Milano è stato pianificato in una serie di riunioni congiunte tra funzionari Cia e dirigenti del Sismi. I vertici più importanti si sono tenuti a Roma nei tre mesi precedenti al rapimento di Abu Omar: a partire dal novembre 2002 i rappresentanti dei servizi segreti americani e italiani hanno studiato insieme, seduti allo stesso tavolo, tutti i dettagli dell’ azione clandestina eseguita il 17 febbraio 2003 in una via di Milano. Le due delegazioni erano guidate da Jeff Castelli, allora capo della Cia a Roma (e quindi massimo dirigente per l’ Italia), e da un alto ufficiale italiano, indicato (forse non del tutto propriamente) come «il numero due del Sismi». L’ inchiesta giudiziaria della procura di Milano e l’ indagine internazionale del Parlamento Europeo (i commissari sono in questi giorni in missione a Washington) stanno cercando di dare un nome e di chiarire il ruolo di tutti i responsabili del primo sequestro di persona eseguito in Italia in nome di una «guerra al terrorismo» tenuta segreta al Parlamento e all’ opinione pubblica. TENSIONI NEI SERVIZI – I nuovi accertamenti confermano che la decisione di rapire il predicatore egiziano, anziché processarlo legalmente, ha spaccato entrambi gli apparati d’ intelligence, provocando tensioni tra «falchi» e «colombe». Sia all’ interno della Cia che nel Sismi diversi ufficiali hanno tentato di opporsi al sequestro, facendo notare che Abu Omar era sottoposto da 10 mesi a efficacissime intercettazioni della polizia italiana, sia telefoniche che ambientali, con microspie in tutti i suoi domicili. L’ imam fu rapito quando l’ inchiesta era alle battute finali e la Procura di Milano stava già preparando le richieste per gli arresti, puntualmente eseguiti il 31 marzo 2003. In entrambi i servizi segreti, però, hanno vinto i «falchi». Nella Cia sarebbe stato personalmente Jeff Castelli (ora tra gli indagati per il sequestro a Milano) a imporre la linea dura. Le fonti Usa legate all’ intelligence concordano nel descriverlo come «il classico tipo dal grilletto facile»: «un cowboy» che «voleva mettere un’ altra tacca sulla pistola» per «fare bella figura con i falchi di Washington». Robert Seldon Lady, l’ esperto ex poliziotto che guidava la Cia a Milano, si sarebbe scontrato più volte con il suo capo, segnalando inutilmente i rischi dell’ operazione e il danno per le indagini milanesi. Il paradosso è che ora Lady, che ha organizzato materialmente il sequestro obbedendo agli ordini, ha lasciato la Cia ed è inseguito da un mandato d’ arresto europeo, mentre Castelli ha ottenuto una bella promozione ed è rientrato negli Usa. LA PARTE ITALIANA – Le indagini di procura e Commissione Ue cominciano a disegnare un quadro analogo dalla parte italiana. Anche nel Sismi il sequestro avrebbe diviso gli 007 in due «partiti» spesso in aperta polemica. Secondo fonti interne ai servizi segreti Usa (che i pm milanesi non vogliono confermare né commentare), a far prevalere l’ azione di forza sarebbe stato «non il direttore del Sismi, ma un suo stretto collaboratore»: questo «numero due» avrebbe partecipato, con un ruolo ufficioso di rappresentante italiano, alle riunioni di Roma, dove è stato preparato il rapimento di Abu Omar. Il troncone d’ inchiesta sulle complicità italiane ha trovato una prima importante conferma con la scoperta che all’ azione di sequestro ha materialmente partecipato un maresciallo del Ros, L.P., 45 anni. Non è solo una tesi dell’ accusa: un mese fa il carabiniere ha confessato tutto. Dati e testimonianze raccolti nelle ultime settimane avrebbero convinto gli inquirenti che il maresciallo era solo l’ ultima ruota del carro. E che la struttura gerarchica coinvolta nel sequestro non è il Ros, ma il Sismi. L’ inchiesta prosegue e ogni conclusione è prematura. L’ unico fatto certo è che la procura di Milano «smentisce categoricamente» che nell’ inchiesta sia «in qualsiasi modo coinvolto» Nicola Calipari, il funzionario ucciso a Bagdad a un posto di blocco dei marines americani. Paolo Biondani Guido Olimpio IL RAPIMENTO Il 17 febbraio 2003 l’ imam egiziano Abu Omar viene rapito a Milano da un commando Cia. I media statunitensi sostengono fin da allora che la Cia informò dell’ operazione gli 007 italiani, l’ Italia risponde di non aver mai saputo del rapimento GLI INDAGATI Sul caso viene aperta un’ indagine da parte della Procura di Milano, che chiederà l’ estradizione di 22 agenti segreti Usa accusati di aver partecipato al sequestro. Nella settimana di Pasqua un carabiniere del Ros confessa di aver preso parte all’ operazione, dando vita a un nuovo filone d’ inchiesta in cui è coinvolto anche il Sismi