Si aspettavano diecimila persone, a Messina, alla manifestazione contro il ponte sullo stretto. Ma ne sono arrivate molte più del doppio, secondo gli organizzatori. Persino al questura parla di 15mila partecipanti al lunghissimo corteo che ha attraversato domenica mattina le strade della città.
Tra di loro quattrocento No Tav venuti dalla Val Susa con due aerei. «No al ponte: difendiamo lo stretto di Messina»: è questo lo slogan in testa al corteo contro il Ponte sullo Stretto, nato per iniziativa della Rete Noponte.
Tra la gente anche il neo-sindaco di Messina Francantonio Genovese, della Margherita, e molti assessori comunali, che partecipano a titolo personale perché la nuova giunta non ha ancora assunto una posizione ufficiale in merito all’opera. «Il mio no – dice il sindaco – è contro questo Ponte, questa grande infrastruttura ed è un no a tutto ciò che fino a oggi hanno fatto la società Stretto di Messina ed RFI. Il Ponte, io credo, non sia assolutamente una priorità e non solo per Messina. Abbiamo bisogno di altro, siamo una realtà povera e quindi questi grandi finanziamenti devono essere orientati verso progetti più utili al territorio». È venuto invece in veste ufficiale il suo collega della città dirimpettaia, Villa San Giovanni, Rocco Cassone, anche lui della Margherita. «Siamo da molti anni ormai in posizione critica e avversa contro questa infrastruttura. Non penso che l’area dello Stretto abbia bisogno come priorità di questo collegamento. La consideriamo la nostra, quindi, una lotta di civiltà. Vogliamo avere riconosciuta la forza e la capacità di autodeterminarci. Non ci piace questo nuovo neocolonialismo».
«Fermare la realizzazione del Ponte è il primo intervento necessario a ridare una speranza al trasporto ferroviario nel Mezzogiorno e per ripensare le priorità infrastrutturali in Sicilia e Calabria». Sono parole di Legambiente. Al costo previsto di 6 miliardi di euro, il Ponte, per Legambiente, sarebbe solo una «cattedrale in un deserto infrastrutturale». Più volte anche il Wwf ha sottolineato che ormai tutta l’area dello Stretto di Messina è «interamente sotto l’egida della Unione Europea in virtù dell’adeguamento da parte delle Regioni Sicilia e Calabria, di riclassificazione delle ZPS, o Zone a protezione speciale».
Secondo la Rete che ha organizzato il corteo «La scelta governativa del ponte è stata imposta ai cittadini italiani e alle città di Messina e Villa San Giovanni, sfruttando i meccanismi antidemocratici della cosiddetta Legge Obiettivo (L. n. 443/2001), che prevede in tutta Italia la realizzazione (senza alcuna seria analisi degli impatti ambientali e del calcolo costi/benefici per la comunità) di oltre 250 interventi per una spesa complessiva preventivata di 264 miliardi di euro ed elevatissimi costi ambientali e sociali. Anche la TAV, che vede mobilitati migliaia di cittadini in Val di Susa, è figlia della stessa Legge Obiettivo, che vorrebbe imporre loro costi sociali ed ambientali ingenti, senza verifiche approfondite e senza la volontà della popolazione che dovrebbe subire per oltre 15 anni, lavori e danni anche sanitari incalcolabili». Sono queste le motivazioni addotte dalla Retenoponte e riportate in un documento diffuso in questi giorni per mettere in evidenza la brutalità di questa opera belusconiana.
La manifestazione vuole richiamare l’attenzione non solo sull’inutilità del ponte, in una regione carente di infrastrutture, ma anche sulla sua pericolosità per l’impatto ambientale per i rischi sismici, presenti nella zona. Il governo finora è rimasto sordo non prendendo in considerazione neanche le 3 indagini in corso della DIA di Roma: una per turbativa d’asta in merito alla gara del general contractor già espletata; un’altra per falso in atto pubblico e sottrazione di documenti sul parere reso dalla commissione speciale VIA del Ministero dell’Ambiente; e un’altra ancora per infiltrazioni mafiose (che hanno già visto l’arresto di personaggi legati alla criminalità organizzata, pronti ad investire ben 5 miliardi di euro per la realizzazione del ponte). Non è servita a niente neanche la messa in mora del governo italiano da parte dell’Unione Europea per la violazione di due direttive comunitarie. Impregilo, la società che ha vinto il maxiappalto, è riuscita ad accaparrarsi senza molti problemi questo ricco progetto con un’offerta di 3,88 miliardi di euro, cioè concedendo «uno sconto del 12,33% rispetto ai 4,43 miliardi di euro indicati come prezzo a base d’asta». Perciò i manifestanti denunciano la leggerezza del Governo che vede nel ponte solo un “piatto ricco” da consumare presto.
Secondo le indagini svolte finora non esiste ponte al mondo, stradale e ferroviario, ad unica campata che superi i 1.900 metri. Inutile ribadire che i 6 miliardi (che potrebbero diventare tra i 7,5 e i 9) potrebbero essere meglio impiegati per il potenziamento e l’ammodernamento delle reti stradali e ferroviarie siciliane e calabresi, per la ristrutturazione degli scali portuali e aeroportuali. Per questi motivi Messina scende in piazza, per dire “no” a chi pensa di poter gettare un ponte dall’alto, così come una Tav dall’alto, nella totale cecità.