Tensione a Damasco, dopo la pubblicazione della risoluzione 1636 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. I giornali filo-governativi contestano la decisione delle Nazioni Unite, ripetono che la Siria è pienamente disponibile a collaborare con l’inchiesta dell’Onu, ma evitano di pubblicare il testo della risoluzione, soprattutto per ciò? che si riferisce al capitolo VII della carta delle Nazioni Unite, che è stata approvata all’unanimità e contestano “il silenzio” dei Paesi arabi. La tensione potrebbe creare problemi interni, alla luce della “Dichiarazione di Damasco” dell’ottobre scorso. Questa dichiarazione è stata diffusa dal gruppo dei cinque partiti politici proibiti in Siria, che hanno radunato ultimamente un buon numero di militanti dei Fratelli musulmani, perseguitati in Siria; nel testo si chiede il “rovesciamento del Regime guidato dalla famiglia El Assad, a capo del partito Baas dagli inizi del 1960”. Di fronte alle pressioni internazionali, in Siria si sta diffondendo la preoccupazione di un “mare di sangue”, che molti prevedono ricordando la storia recente dell’Iraq e del suo presidente Saddam Hussein. Tra questi scenari pessimistici e dietro le quinte del palazzo presidenziale si continua ad affermare la “piena disponibilità di collaborare con la Commissione d’inchiesta internazionale”, sostenendo la “ferma volontà del governo siriano di arrivare alla verità sull’assassinio di Hariri”. Le autorità siriane promettono di infliggere “le pene spettanti ai responsabili di questo crimine feroce”, mentre continuano a criticare l’atteggiamento “ingiusto” dell’Onu nei riguardi della Siria; nell’opinione pubblica del paese si sostiene che nessun siriano è complice dell’omicidio di Hariri e si accusa Israele di essere dietro tutti i problemi della regione. La critica alla risoluzione 1636 si estende al fatto che essa è stata votata all’unanimità, un indice del fatto che “sono gli americani che comandano all’Onu”. La 1636, si sostiene infine, non ha detto altro che quanto scritto nel rapporto di Mehlis ed essa “macchia la rispettabilità dell’Onu”. Fayez El Sayegh, direttore del giornale “El Thawra” (La Rivoluzione) continua la sua campagna contro l’Onu, affermando che “non è la prima volta che la Siria subisce delle pressioni forti: anche negli anni passati abbiamo avuto delle difficoltà, che siamo riusciti a superare, e anche questa volta saremo in grado di farlo, malgrado le difficoltà dovute alla coalizione di molti Paesi contro di noi. Anche se siamo consapevoli della pericolosità delle pressioni attuali, siamo sicuri che la Siria supererà queste difficoltà e nessuno sarà in grado di calpestare e mettere in ginocchio il popolo siriano”. L’altro giornale governativo,”Tichrine”(Ottobre) ha ribadito nelle sue ultime edizioni la necessità di risvegliare i cittadini sul pericolo di essere “offerti al tavolo dei compromessi internazionali e degli interessi regionali” e critica “il silenzio degli Arabi, che stanno assistendo a un complotto internazionale senza fare una mossa”, con un riferimento al fallimento della missione del vice-ministro degli Esteri siriano, Walid El Mouallem, al rientro da una visita nei Paesi del Golfo. Continuano anche le manifestazioni ed i “sit in” nelle vicinanze dell’ambasciata americana a Damasco. Nella piazza principale Al Rawdah più di 10.000 manifestanti hanno gridato per molti giorni contro gli americani e le pressioni dell’Onu, con slogan che dicevano: “Non abbiamo nascosto nulla, siamo innocenti”; “America, America la Notte non durerà molto”; “Attaccati dal veleno americano”. Delle tende e dei materassi sono stati offerti a tutti dalla Società siriana per le relazioni generali. Molti giovani hanno tentato oggi di entrare nell’ambasciata degli Stati Uniti, ma le forze dell’ordine siriane l’hanno impedito. Ma se alcune cellule impazzite dei servizi segreti siriani sembrano essere coinvolte nell’ omicidio Hariri, altri e potenti interessi sono coinvolti nella questione. In primis la volonta’ di Israele di farla finita con gli Hezbollah. Cio’ sarebbe possible con la sostituzione del regime siriano. In tal modo I rifornimenti di armi che dall’Iran giungono agli Hezbollah tramite la Siria sarebbero interrotti. Ad ogni modo il terremoto politico che sta colpendo il medio oriente e’ appena iniziato e non terminera’ a breve. Gli USA non potranno mai debellare la resistenza irachena e un domani dovranno fare I conti con un alleato che in un futuro non remoto potrebbe essere diventato un altro e deciso nemico. L’Iran.