Venezuela: Chavez “il ribelle” fa infuriare gli Usa

“Circoli Bolivariani”: sono l’ultima iniziativa del presidente Hugo Chavez; sulla falsa riga dei Cdr cubani (Comitati di difesa della rivoluzione) e dei Cds nicaraguensi (Comitati di difesa sandinisti). Il capo di stato venezuelano, in un discorso televisivo, con alle spalle un ritratto di Bolivar, ha invitato la popolazione a organizzare in ogni quartiere, luogo di lavoro e centro di studio, un circolo bolivariano “per la difesa della rivoluzione”. Contemporaneamente, l’ex colonnello dei parà ha chiesto al parlamento di approvare lo “stato di eccezione” che gli conferirebbe poteri speciali nella lotta alla corruzione e alla delinquenza. Ed ha lanciato un monito a direttori di giornali (gli oppositori La Opinion e El Mundo hanno subito due attentati incendiari) e banchieri perché non si avventurino in sabotaggi dell’operato del suo governo. Da ultimo, Chavez ha minacciato di espulsione dal territorio nazionale qualsiasi straniero che critichi la politica nazionale (riferendosi al “Chavez è peggio di Fujimori” pronunciato in loco dall’ex candidata presidenziale peruviana Flores Nano in un seminario di forze democratico-cristiane latinoamericane). Quanto basta insomma per una radicalizzazione del nuovo corso venezuelano che fa accapponare la pelle a Washington, il cui 15% delle importazioni di petrolio proviene dal Venezuela (ovvero l’80% delle esportazioni di Caracas).
Una radicalizzazione che pare accentuarsi con l’insediamento alla Casa bianca di G. W. Bush. Già ai tempi di Clinton, Chavez criticò severamente il Plan Colombia; ed era a sua volta accusato di sostenere militarmente le guerriglie colombiane (con armi e protezione sulla frontiera comune). Mentre vietava e vieta lo spazio aereo venezuelano ai velivoli dell’antinarcotici statunitense. Allo stesso modo, appena eletto, si era recato (primo capo di stato) in Iraq da Saddam Hussein, così come da Gheddafi e Kathami, destabilizzando il cartello dell’Opec e contribuendo all’impennata del prezzo del crudo. Le sue simpatie per Fidel Castro furono poi esplicite fin dal primo momento.
Ma ciò che sta facendo infuriare il dipartimento di stato Usa sono le ultime mosse di Chavez, che avrebbe stretto una solida collaborazione con i servizi dell’intelligence cubana, i cui agenti hanno moltiplicato la loro presenza e le consulenze con la sicurezza venezuelana. Fra l’altro, in poco tempo, il Venezuela è diventato il principale partner commerciale dell’Avana con un apporto complessivo di 800 milioni di dollari nel 2000 (in gran parte petrolio).
Nel suo ultimo viaggio poi (in Russia, Iran, Bangladesh, Malesia, Indonesia e Cina), Chavez, all’insegna di una “strategia per un mondo multipolare” ha sottoscritto con Putin un’alleanza commerciale e militare (compreso l’acquisto di armi). Come se non bastasse, l’ex golpista si è permesso di boicottare l’Assemblea dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) riunita lo scorso 5 giugno a San José di Costa Rica, dove, su mandato del summit mesoamericano di Quebec per la costituzione dell’Area di libero commercio delle Americhe (Alca), doveva fissare la Carta democratica interamericana. Chavez ha preteso che alla “democrazia rappresentativa” fosse aggiunto il concetto di “democrazia partecipativa”. Col risultato che tutto è stato rimandato all’assemblea straordinaria del prossimo ottobre a Lima.
Niente male, visti i tempi, per questo presidente neopopulista democraticamente eletto, che Andres Oppenhaimer, noto opinionista del Miami Herald, ha definito “machista-leninista”.