Venaus, il raid scatta nel cuore della notte

«Stavo dormendo nella tenda, sono stata trascinata fuori e presa a manganellate sulla testa, sul collo e sul ginocchio». Le parole di Chiaretta sono scandite con voce tremante. Quanto ha visto su al presidio di Venaus difficilmente potrà scordarlo. Il referto me-
dico di chi le hanno prestato i primi soccorsi parla chiaro: «Trauma contusivo della regione occipitale». Lei, Chiaretta, è ancora terrorizzata. Il suo volto, magro, è quello della gente della Val Susa, caricata nella notte, sprangata dallo squadrone della polizia che Pisanu ha mandato a Venaus per normalizzare la situazione. Forse in mille, hanno assaltato il presidio dei valligiani che da settimane protestano contro l’Alta velocità. Alla fine l’«operazione» è perfettamete riuscita: 22 feriti, zigomi aperti, sangue che cola, un vecchio ridotto davvero male, tanto da far rincorrere per tutto il giorno la voce che fosse addirittura finito in coma.
«Le tende erano una quindicina – ricorda Chiaretta al pronto soccorso di Avigliano – poi sono arrivati le ruspe e hanno portato via tutto, anche il mio zaino, dove c’erano i miei documenti». D’altra parte sarebbe davvero difficile sapere che fine ha fatto ogni cosa dopo il passaggio delle ruspe. Tutto è iniziato intorno alle tre del mattino quando era stato dato l’allarme per l’arrivo di una colonna di mezzi verso Venaus. Ma chi stava di vedetta aveva svegliato solo una parte del centinaio di persone che presidiavano il sito del tunnel base. Alcuni si erano portati sulle due postazioni, quella a sud verso Susa e quella nord verso Venaus. «Ad aprire la strada c’era un caterpillar blu che ha puntato un faro addosso a chi aveva occupato la barricata eretta a protezione del presidio – dice Mauri- Io ero vicino ad un assessore di un comune della bassa Val Susa, lui aveva la fascia tricolore, abbiamo alzato le mani e chiesto di parlare con un funzionario. Il caterpillar è invece continuato ad avanzare e ci ha sollevati nella benna insieme all’intera barricata». A quel punto le forze dell’ordine hanno potuto procedere sul presidio dove intanto erano giunti anche gli agenti che avevano forzato la barricata a nord. Il presidio si è trovato in mezzo. Insieme a Chiaretta c’era il suo ragazzo, Renzo. Lui era fra quelli che si erano portati sulla barricata: «Un alto funzionario della polizia gridava “schiacciateli tutti”. Una scena terrificante». Fra le persone coinvolte nel bliz quelle di Avigliana sono la maggioranza: «Ieri era il nostro turno – dice Marco – quando ci hanno attaccato eravamo un centinaio di persone. Ci hanno spinto a manganellate dentro la baracca del presidio, ma io sono riuscito a fuggire». «Le persone sono state spinte all’interno della capanna del presidio – conferma Mauri- e nel momento in cui l’interno era pieno e nessuno poteva più entrare, per quelli che erano rimasti fuori è iniziato il momento peggiore: stretti davanti alla porta, alla cieca i poliziotti hanno iniziato a manganellare con violenza inaudita».
A Venaus, ieri notte, c’era anche Marina Mancini, assessore alle politiche sociali di Avigliana. Era lì in rappresentanza dell’amministrazione comunale. E indossava la fascia tricolore. «Ci hanno picchiato tutti, indistintamente – dice mostrando i lividi – è stata una cosa indegna di un paese civile».
Appunto. Un ex alpino, settantenne, stava dormendo sotto una delle tende del presidio. C’è gente di tutti i tipi, qui. C’è la storia della valle, quelli che hanno fatto la resistenza mischiati alle maestre e ai ragazzi. Lui, un vecchio, l’hanno fatto finire all’ospedale: colpi allo stomaco, manganellate. Paese civile.
La valle ha reagito immediatamente, unita: prima con gli sms a richiamare altre persone su in quota («Ci hanno caricati, venite, venite»), poi, durante il giorno, per organizzare la mobilitazione. Bocchi stradali e ferroviari, scioperi spontanei nelle fabbriche (almeno una cinquantina) e nelle scuole, negozi chiusi, blocchi nelle stazioni ferroviarie e su strade e autostrade. Una reazione unitaria e immediata. Le rappresentanze sindacali hanno subito indetto uno sciopero generale con un ritrovo in piazza nella vicina Bussoleno. Hanno risposto decine di fabbriche della Valle di Susa dove i lavoratori hanno lasciato le fabbriche (da quattro a otto ore) per partecipare ai presidi. Si sono fermate Ibs, Savio, Roatta, Coord3 e TeKsor. Ma anche a Torino diverse fabbriche sono in sciopero: la Fergat, la Fontana e due aziende del polo di Chivasso.
«Stigmatizzano l’uso della violenza nei confronti della popolazione che manifesta legittimamente per la difesa della salute e del territorio – fanno sapere in un comunicato unitario le Rsu di Mirafiori, la Fim, la Fiom, la Uilm e la Fismic – chiediamo al Prefetto di Torino di fermare le azioni repressive».
«Tutta la valle è bloccata in modo spontaneo – racconta Antonio Ferrentino, presidente della Comunità Montana Bassa Valle di Susa – I cittadini si stanno mobilitando per manifestare. L’intenzione è trovarci tutti a Bussoleno». Col passare delle ore un numero sempre maggiore di persone ha in effetti raggiunto il centro nevralgico della vallata. La situazione è sempre di più sul filo del rasoio. A Venaus si è svolto il consiglio straordinario dei sindaci della Valle a cui ha partecipato anche la anche la parlamentare Marilede Provera e il Presidente del Consiglio Provinciale di Torino, Sergio Vallera: «Quanto è successo stanotte al presidio di Venaus, è la dimostrazione che in questa vicenda il governo ha voluto fra sostituire la politica con le forze dell’ordine. Qui a Venaus siamo praticamente bloccati e non c’è modo di muoversi. Insieme ai sindaci stiamo cercando di capire come sbloccare la situazione».
In serata arrivano le notizie degli incidenti a Torino e la valle rischia di trasformarsi in una polveriera.