Una modesta proposta. Avete un bel televisore a schermo piatto, oppure un vecchio apparecchio tv di cui avete nascosto il corpaccione in una libreria, in modo da farne emergere solo lo schermo? Avete un nipotino (o un tecnico) capace di mettere in loop un Dvd? Se la risposta è sì, a partire da oggi potete avere a casa un video d´arte che nessun Bill Viola, nessuna Sherin Neshat, nessuna Marina Abramovich potrà mai darvi.
L´artista si chiama Pablo Picasso. L´artista in seconda – quello che ha ideato lo straordinario esperimento/realizzazione di questa avventura – si chiama Henri-Georges Clouzot. Il terzo complice si chiama Claude Renoir, è cinematographer di professione e figlio e nipote d´arte (di Jean e Auguste, di cinema e di pittura) per tradizione familiare. E il vostro video d´arte – che è in realtà un Dvd distribuito dalla Teodora – si intitola Il mistero Picasso, compie cinquant´anni, e registra un´esperienza leggendaria (molto se ne parla ma non molti lo hanno visto) ed unica: quella di vedere un genio della pittura in azione, esitazioni e pentimenti compresi, per ottanta minuti di una intimissima esperienza con la creatività.
Picasso, nel 1955, aveva settantadue anni, era vigoroso e forte.
E spiritoso. Così che quando il suo vecchio amico Henri-Georges Cluzot, uscito da qualche scossone postbellico alla sua immagine (era stato accusato di collaborazionismo), giunse da lui, nel suo studio di Vallauris, per proporgli la sua idea, Picasso accettò subito di dedicare tre lunghi mesi al progetto. Un progetto che nasceva da una possibilità tecnica dovuta all´invenzione di un incisore americano, che aveva messo a punto dei colori particolari in grado di apparire con perfetta nitidezza, senza sbavature, anche sul retro di un foglio. Grazie a quei colori, e a dei vetri, Clouzot e Picasso avrebbero documentato come nasce un´opera d´arte, in trasparenza, come per magia.
La scena si sposta agli studi della Victorine a Nizza, dove Picasso e Clouzot si trovano tutti giorni, per otto ore, dell´estate 1955. Picasso disegna, dipinge, usa penali e olii, corregge, si arrabbia con la sua stessa opera, la modifica, la cancella, la traveste, sotto l´occhio della cinepresa di Claude Renoir che registra il processo della sua creazione.
Finché Picasso disegna con quei feltri speciali, la macchina da presa lo registra da dietro il cavalletto, in bianco e nero.
Quando Picasso, sempre più divertito dall´esperimento, comincia a dipingere ad olio, Renoir si mette alle sue spalle e filma il suo lavoro a intervalli regolari, in un singolare passo ridotto. Ed è qui che esplode il colore, così come il formato della ripresa, che, quando Picasso chiede «una grande tela», passa al Cinemascope.
In quello studio spoglio, a torso nudo, in braghette di tela, Picasso crea: a volte iniziando il suo nuovo quadro da un dettaglio imprevedibile, una curva che diventa un fianco piuttosto che un volto, un triangolo che si trasforma in un nudo che posa in uno studio di pittore, un gallo che diventa un diavolo o un drago e poi si metamorfosa ancora in altre immagini. Un continuo di inimmaginabili invenzioni ritmate dalla colonna sonora di Georges Auric, che all´inizio ci fa sentire solo il rumore dei feltri, poi chitarre, poi un´intera orchestra, in un´alternanza di flamenco, jazz, musica classicheggiante.
Ma il clou della frenesia e della creatività di Picasso, Clouzot lo registra quando sfida l´amico a fare qualcosa per gli ultimi cinque minuti di pellicola che restano nella cinepresa, e Picasso comincia a dipingere una spiaggia: che però non gli piace, che continua a modificare, di cui annerisce e scurisce alcune parti, per riprenderle poi in altro modo, mentre Clouzot, per sottolineare questo momento di nervosismo creativo, accelera il ritmo del montaggio, che snellisce in pochi minuti di montato otto giorni di lavoro di Picasso al cavalletto.
«Non va, va male, molto male», dice irritato Picasso. Che non è contento del risultato. Ma noi sì, perché abbiamo visto il processo di un risultato che siamo abituati ad accettare nella sua completezza. Perché abbiamo visto la bizzarria dei ritmi e le idiosincrasie del processo creativo, dei ripensamenti, dei pentimenti. Perché Picasso è simpatico: «Volevi del dramma, e l´hai avuto», dice, scontento della sua ultima performance, ma in perfetto buon umore, all´amico Clouzot. E perché possiamo avere un Picasso in fieri a illuminare il nostro schermo di casa.