Domani Prodi vedrà la responsabile europea per il Corridoio 5 Loyola de Palacio che cercherà in tutti i modi di fargli dire: «Si farà, me ne assumo io la responsabilità»
Alla fine, avevano ragione loro, i valsusini. Proprio sul progetto e il riammodernamento della linea esistente per garantire merci su rotaia e passeggeri meglio serviti. Persino Mercedes Bresso, la governatrice del Piemonte, pur non rinunciando alla Tav dice: «La priorità sul fronte tecnico è il potenziamento della linea storica, al più presto». Sarà che senza finanziamenti europei, ridotti di un terzo complessivamente e non ancora assegnati alle singole tratte, con l’opposizione compatta della valle e il nuovo governo che non ha ancora convocato il tavolo politico è chiaro che l’opera si allontana. Anche il cantiere non c’è più. La grande talpa per scavare la montagna non è mai arrivata e la Cooperativa cementieri di Ravenna ha portato vie ruspe e container da Venaus. Se n’è andata anche la polizia che da novembre presidiava la Val Cenischia. I no-tav esultano e incassano i frutti della lotta: ora “tutto può ricominciare da capo”, tavolo politico e tecnico su quale tracciato, quale opera, che volumi di traffico e che tipo di treni merci e passeggeri. I segnali ci sono. Pochi giorni fa, a Torino, nel corso del convegno Transpadana si sono confrontate le previsioni dei promotori della tav sul traffico da smaltire (40 milioni di tonnellate entro il 2030) e quelle dei consulenti della Valle che parlano di 9 milioni di tonnellate merci attuali, in decrescita, e di 20 milioni di tonnellate garantite col potenziamento della linea. Finalmente politici e stampa nazionale si accorgono che i valsusini non sono montanari antimodernisti. Ci aspettiamo che ora qualcuno pubblichi la notizia finora oscurata sui primi sondaggi a Monpantero condotti dallo stesso committente dell’opera e sbandierati dall’Arpa regionale come la dimostrazione dell’assenza di rischi amianto per la popolazione.
Ma allora la tav è finita? Non facciamoci illusioni. Anche se l’impasse determinato dalla lotta della popolazione è riconosciuto, il confronto è ancora da venire e l’agenda politica è fittissima. Domani Prodi vedrà la responsabile europea per il Corridoio 5 Loyola de Palacio che cercherà in tutti i modi di fargli dire il fatidico: «Si farà, me ne assumo io la responsabilità». Venerdì le amministrazioni delle regioni del Nord si vedono per stilare le loro priorità infrastrutturali a partire dal corridoio Kiev-Lisbona. E continuano i cori a “far presto per non perdere i finanziamenti” e a “dare certezze all’Europa” di industriali, sindaco di Torino Chiamparino e Bresso «che minaccia il raddoppio del traforo del Frejus per i Tir se non si farà la ferrovia» (anche se la Sitaf dice che il traffico su gomma è in calo). Poi il prossimo quattro luglio, a Lione, è prevista la conferenza intergovernativa Francia-Italia e lì risiedono le ultime speranze dei si-tav per rilanciare il progetto al 2010. Ma anche in Francia sono sorti nel frattempo dubbi da parte della popolazione coinvolta, di tecnici e politici. Il punto è sempre lo stesso: vale la pena un opera singola da 7 miliardi di euro (20 con le tratte nazionali) per diminuire i tempi di circolazione delle merci tra vent’anni?
La prima mossa spetterà al governo: al ministro dei Trasporti Bianchi che incontrerà i rappresentanti della Val Susa (lo sanno i giornali, ma i diretti interessati no) e al Premier in persona che ieri ha fatto sapere: «Sulla Tav avremo nei prossimi giorni delle decisioni». Glielo chiede anche il commissario ai trasporti Jacques Barrot, tra i promotori della tav, che ieri ha incontrato le commissioni Petizioni e Trasporti dell’Europarlamento per ascoltare le ragioni dei no-tav valsusini. «Oggi é definitivamente scomparsa anche la supposta pressione/imposizione dell’Unione Europea sull’opera», ha commentato l’eurodeputato Vittorio Agnoletto alla fine dell’incontro, «e Prodi può tranquillamente rimandare a casa a mani vuote Loyola de Palacio, quando la incontrerà, domani a Roma». E magari convocare finalmente il tavolo politico di palazzo Chigi varato e abbandonato dal governo Berlusconi lo scorso dicembre. E’ quello che i sindaci della valle chiedono da sei mesi. «Tra i promotori dell’opera c’è grande confusione e il momento di riflessione mi sembra inevitabile – commenta il sindaco di Bussoleno, Beppe Joannas – speriamo si cominci finalmente un confronto visto che per la prima volta sentiamo dire da esponenti politici regionali e nazionali quello che sosteniamo da sempre: non buttiamo via 20 miliardi al buio su un’opera rischiosa e inutile che vedremo tra vent’anni, cerchiamo insieme un progetto razionale, ambientalmente compatibile e rapido». Conferma Antonio Ferrentino, presidente della Comunità montana: «Torna protagonista la comunità e la ferrovia, con la valutazione d’impatto ambientale e l’impegno a trovare una soluzione comune tra governo, regione e comunità locale. E’ l’unico modo per uscirne fuori». E mentre in Valle si organizza il consueto campeggio di movimento di luglio, in diversi no-tav hanno pensato che se Maometto non va alla montagna… dal 30 giugno partiranno a piedi per Roma, appuntamento a Palazzo Chigi dopo aver attraversato l’Italia, con lentezza.