Diciamolo francamente. È vero che tutti sanno quanto la sinistra possa essere litigiosa. È vero che la tradizione della sinistra è una tradizione di scissioni, frammentazioni, distinguo, separazioni, atomizzazioni. È vero che più si va a sinistra più la nebbia diventa fitta, fino a diventare incomprensibile. È vero – ancora -che la dialettica marxista, che poi è la dialettica hegeliana, nel suo essere perversa ma soprattutto mal capita, aiuta moltissimo a spaccare in quattro non tanto il capello ma il nulla. Però una storiaccia del genere non se la poteva aspettare nessuno.
Per storiaccia stiamo parlando delle vicende di Rifondazione Comunista, in vista del congresso del 24-27 luglio, al Pala Montepaschi di Chianciano Terme. Da una parte Paolo Ferrerò con una mozione, dall’altra Nichi Vendola, governatore della Puglia, con un’altra mozione.
Più che alla frutta stanno ai materassi, con una litigiosità che non è più, come si sarebbe detto un tempo, politica. Non si tratta di capire come il futuro della sinistra più a sinistra del Pd, sarà rappresentato da uno o dall’altro. Si tratta di capire se le tessere sono regolari, se le iscrizioni sono giuste, e via dicendo. Insomma, a farla breve, Rifondazione in questi ultimi giorni ricordava un po’ quelle vecchie lotte dentro la De, dove votavano anche quelli morti, con i tesserati finti, e piacevolezze del genere. Tutto vero? Tutto falso? A Reggio Calabria, hanno annullato un congresso provinciale, una decisione che ricorda un tantino i soviet, come ha fatto notare un Piero Sanso-netti, direttore di Liberazione, decisamente allibito. Sembra che i tesserati fossero tutti troppo nuovi, del 2008, e non potessero votare. Cancellato tutto per decreto. Ma come? Perché?
Il dibattito non è aperto affatto. Le accuse reciproche sono pesanti. Ferrerò ritiene che Vendola abbia gonfiato le iscrizioni a Rifondazione nella sua regione e in quelle a lui vicine: Puglia, Calabria e Sicilia. I blog e tazebao del popolo dei rifondaroli vicino alla mozione Ferrerò dicono che in certe Provincie sono più i tesserati a Rifondazione, dei voti presi dalla sinistra alle ultime elezioni. Non solo: molti tesserati, raggiunti telefonicamente per chiedere conferma dell’iscrizione al partito, risultavano irreperibili, semplicemente perché i numeri di telefono erano falsi.
Bah, si potrebbe dire. Cosa è? Il partito duro e concreto degli operai e degli ultimi comunisti? O una sorta di Democrazia Cristiana dei bei tempi di Antonio Cava o della corrente del Golfo, come veniva chiamata un tempo? E perché un uomo che si era imposto come un politico nuovo, vincendo in una regione difficilissima come la Puglia, contro Raffaele Fitto, uno dei delfini di Silvio Berlusconi, e governatore uscente, dovrebbe andare a gonfiare tessere contro Paolo Ferrerò, ministro del Governo Prodi, e da molti considerato uno delle espressioni migliori di quel mondo e di quella sinistra? Sembra una manovra suicida, ma non c’è da stupirsi, la sindrome autodistruttiva qui si vede tutta. E se nella vecchia De le tessere finte servivano a conservare poteri veri, ed erano l’espressione di un cinismo fuori da qualsiasi immaginazione, qui di cosa si tratta? Visto che parliamo di un partito che in paramento non esiste più? Solo di pochezza. Solo di paura. Solo dell’orrore di scomparire per sempre? Andate a leggervi tutte le note informative dei militanti, dei congressi provinciali di Rifondazione in questi giorni e scoprirete delle cose che hanno dell’incredibile. Ad Avellino sono stati chiamati i Carabinieri. Proprio i Carabinieri, perché i litigi erano così forti, che sono dovute intervenire le forze dell’ordine. E Vendola un paio di giorni fa, non si è negato niente. Dichiarando: «Non consentiremo l’annullamento del congresso nazionale e una militarizzazione per cui l’espulsione di una parte va a vantaggio dell’altra parte». Militarizzazione? Carabinieri? Se lo raccontavi prima, nessuno ci avrebbe creduto. Certo che fa tristezza vedere un dibattito su questo piano. Ma il clima politico sta diventando sempre più difficile. E Ferrerò risponde a Vendola che «la legalità va tutelata sempre nel Paese come nei partiti. E le decisioni prese dalla commissione congressuale di garanzia vanno rispettate». Legalità contro militarizzazione. Ma quale legalità, quale militarizzazione? Mica parliamo di Berlusconi e di La Russa? Semmai del candidato Vendola, appoggiato da Bertinotti contro il candidato Ferrerò, che di fatto non è molto appoggiato, se non da Russo Spena e da Raul Mantovani. E che cerca non tanto di “non far vincereVendola”, quanto di farlo vincere con meno del 50 per cento, così il partito si blocca e si paralizza. Un’idea geniale, non c’è che dire. Anche perché stiamo parlando di un partito che non esiste più in parlamento, che ha perso in modo pesante, e che tutto avrebbe dovuto fare tranne che mostrare una litigiosità che sarebbe comica se non fosse grottesca. Ma funziona così. Vendola accusato di tesseramento tarocco, e Ferrero di tenere sotto controllo il congresso, con il potere di cancellare un congresso provinciale a Reggio Calabria, uno forse a Bologna, a seconda di come funzionano i risultati. E il popolo di quella sinistra? A cosa guarda? Intanto guarda con sospetto ai nuovi iscritti. E già questa è clamorosa. In alcuni casi sono stati interrogati ben bene per capire se la loro fede rifondarola era nei parametri accettabili da Ferrerò e dai suoi sostenitori. Poi guarda alle due mozioni, quella di Vendola e quella di Ferrerò e non è che si orienta molto bene. Vendola vorrebbe un nuovo soggetto della sinistra, ma dopo l’ultima batosta, non lo può dire così esplicitamente. Ferrerò guarda al partito del pomodoro olandese, ovvero il partito di Jan Marijnissen. Ma è quasi impossibile accostare il partito di Marijnissen, con un carattere fortemente nazionalistico, con la storia di Rifondazione Comunista. Ma anche le mozioni sono confuse, poco moderne, ed esprimono tutto il disagio che c’è dentro il partito. Quello che resta – e va detto -è un solo dato: è più sospetto annullare un congresso che mettere in giro voci che i nuovi iscritti a Rifondazione siano fasulli, chiamati soltanto per rafforzare Nichi Vendola. Perché quest’ultimo dato è davvero tutto da dimostrare, mentre annullare i congressi è decisamente fuori da ogni logica politica. Il rischio dei prossimi giorni sarà la carta bollata e un congresso scisso già prima di iniziare, come nella migliore tradizione della sinistra. O è meglio dire: come nella peggiore tradizione della sinistra.
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