V° Congresso Prc: la tesi integrativa sul Partito

(integrativa della tesi 56)

Compito dei comunisti è organizzare i soggetti sociali che, per la loro collocazione oggettiva nella produzione capitalistica e nelle diverse forme oppressive e alienanti in cui essa si esprime, sono potenzialmente portatori di un progetto di società alternativa al capitalismo: in primo luogo la classe operaia, i lavoratori dipendenti (anche nelle forme “atipiche” del lavoro formalmente autonomo), i lavoratori precari e i disoccupati, i movimenti femministi, pacifisti e ambientalisti.
Il nostro partito si pone l’obiettivo di lunga lena di organizzare un blocco sociale e politico che rappresenti la maggioranza delle classi lavoratrici e degli oppressi. A tal fine è indispensabile perseverare nel lavoro di costruzione di un partito comunista con basi di massa, radicato nel territorio, presente nei luoghi di lavoro e di studio e nei quartieri. Dell’importanza di questo lavoro parla con chiarezza tutta la storia di Rifondazione comunista. Senza un partito organizzato su tutto il territorio nazionale, strutturato in comitati regionali, federazioni, circoli (che sono il baricentro vitale della nostra organizzazione) non saremmo riusciti a superare le prove durissime che ci siamo trovati di fronte in questi primi dieci anni di vita. Se le ripetute e rovinose scissioni, provocate dalla maggioranza dei gruppi parlamentari e da larghi settori del gruppo dirigente centrale, non ci hanno distrutto, ciò si deve soprattutto alla capacità di tenuta delle nostre organizzazioni di base, a cui va la riconoscenza di tutto il partito.
Il radicamento capillare di Rifondazione comunista sul territorio e nei luoghi del conflitto sociale è dunque decisivo se si vuole rafforzare il nostro progetto politico. Non è inutile ribadirlo poiché si è molto teorizzato in questi anni, anche in ambienti di «sinistra», sui partiti come strumenti inutili e superati. Nulla sarebbe più falso. Tutta la storia del movimento operaio, compresa quella della dissoluzione del Pci, insegna che gli strumenti più importanti di cui esso dispone nella lotta sono l’organizzazione politica e quella sindacale, senza le quali il suo potere contrattuale si riduce a zero. Non a caso le classi dominanti possono contare su mezzi potenti in ogni campo e, in particolare, su partiti fortemente strutturati nel territorio quali Forza Italia e Alleanza nazionale. Ciò non ci induce ad alcun continuismo o conservatorismo organizzativo: al contrario, proprio la necessità di rafforzare il partito pone l’esigenza di profonde innovazioni e scelte di autoriforma, nel quadro di una riflessione politica e teorica aperta su quali possano e debbano essere – nel contesto storico attuale e nella realtà di un paese capitalistico come l’Italia – le caratteristiche di un partito comunista con basi e influenza di massa, con caratteri nuovi anche rispetto alle esperienze più avanzate del passato.
Imprescindibile dev’essere l’impegno di tutto il gruppo dirigente su problemi essenziali come la costruzione del partito nel territorio, il tesseramento (che, se correttamente inteso, è l’opposto di un rituale burocratico, ma occasione di intense relazioni politiche e umane), l’autofinanziamento, il radicamento nei luoghi di lavoro, la formazione dei quadri.
Il calo degli iscritti, che è un dato costante da quattro anni, e il turnover, che resta elevatissimo, costituiscono un fatto politico di primaria importanza: alla base di tali fenomeni vi è l’estrema debolezza di molti circoli, cioè proprio di quelle istanze che restano fondamentali per un partito che voglia essere fortemente radicato nella società. Da qui l’esigenza, da parte di tutto il partito, della massima cura e valorizzazione dei gruppi dirigenti dei circoli stessi e l’impegno prioritario di coinvolgere maggiormente gli organismi di base nell’elaborazione delle decisioni politiche. Di tutto ciò bisogna discutere con rigore, anche con sedute specifiche del Comitato politico nazionale e della Direzione: non averlo fatto in questi anni denota una grave sottovalutazione di tali problemi. Questa tendenza va invertita e, a tal fine, è necessario introdurre alcuni cambiamenti rispetto alla situazione attuale:

A) Poiché Rifondazione comunista ritiene centrale la contraddizione capitale-lavoro, la presenza organizzata nei luoghi della produzione è strategicamente decisiva e concerne la natura stessa del partito, oltre che l’efficacia della sua iniziativa politica e di lotta. Non va dimenticato che la «socialdemocratizzazione» del Pci e la sua mutazione genetica sono andate avanti di pari passo con la perdita di una chiara connotazione di classe e con la progressiva scomparsa dei lavoratori in produzione dagli organismi dirigenti. Occorre perciò costituire un settore specifico, che abbia il compito di contribuire alla costruzione di nuclei organizzati nei luoghi di lavoro, rapportati ai circoli territoriali, e che sia per questo dotato di risorse umane e materiali rilevanti, adeguate alle priorità, così da favorire la crescita di quadri dirigenti espressione diretta del mondo del lavoro.

B) Mentre va evitato il cumulo di incarichi e ruoli dirigenti politici e istituzionali, una parte significativa dell’apparato centrale e del gruppo dirigente nazionale va riportata «sul campo», in periferia; anche la collocazione dei dipartimenti nazionali va ripensata e collocata non solo a Roma, ma anche in altre realtà metropolitane. A loro volta, le Federazioni, partendo dal territorio, dai luoghi di lavoro e di studio, potrebbero decentrare il lavoro politico, aggregando i circoli territoriali e di lavoro in coordinamenti zonali sulla base di progetti di iniziativa sociale.
Si tratta di una scelta che ha forti implicazioni democratiche. Essa rafforza il rapporto continuo tra centro e periferia; potenzia il lavoro di radicamento sociale del partito; contribuisce a snellire e a sburocratizzare le funzioni dell’apparato centrale (oltre a renderle meno costose); trasferisce strumenti e risorse sul territorio; limita i rischi – sempre presenti nella storia del movimento operaio – di irrigidimento autoritario dei gruppi dirigenti e di formazione di un ceto politico-istituzionale privilegiato e separato dal corpo del partito, riduce i margini per carrierismi e personalismi oggi largamente diffusi; contribuisce ad una selezione dei quadri che tenga conto in misura adeguata, oltre che delle competenze e delle capacità intellettuali, anche delle esperienze di lotta e di organizzazione sul campo. In questo quadro va promossa la crescita delle compagne con funzioni di direzione complessiva del partito a tutti i livelli, tenendo conto delle tante difficoltà che esse incontrano nella vita di partito e impegnandosi per il superamento delle effettive condizioni di disuguaglianza.

C) Va proseguita la politica di acquisizione delle sedi di proprietà del partito praticata in questi anni, con l’obiettivo di dotare di una sede in proprietà almeno le nostre federazioni provinciali. In questo modo le nostre sedi possono favorire – più di quanto non facciano già – una pratica di apertura e interlocuzione con altre soggettività di massa, divenendo centri di aggregazione sociale e culturale.

D) Il quotidiano «Liberazione» ha svolto e svolge un ruolo insostituibile. Dopo anni di duro lavoro e di difficili interventi organizzativi, grazie all’impegno di una direzione autorevole di indiscusso prestigio professionale e al contributo di tutto il corpo redazionale e poligrafico, esso si trova oggi in una condizione di sostanziale pareggio economico. Bisogna consolidare questi risultati e migliorarli. Non è più tollerabile l’assenza di un impegno sistematico, da parte dei gruppi dirigenti a tutti i livelli, per un incremento della diffusione del quotidiano del partito. Al tempo stesso, «Liberazione» – con una direzione politica collegiale espressione di tutto il partito – deve svolgere un ruolo equilibrato affinché il partito sia informato correttamente, fuori da ogni personalizzazione, del dibattito che si svolge nei suoi gruppi dirigenti e perché il dibattito interno al corpo del partito possa esprimersi liberamente, evitando unilateralità e forzature che ne ostacolerebbero il pieno sviluppo. Sarebbe utile anche una maggiore informazione su quello che fanno e pensano i comunisti e le forze di sinistra nel mondo: una “globalizzazione” dell’informazione e delle riflessioni sui temi di comune interesse.

E) Le Feste di «Liberazione» – oltre 700 ogni anno – sono tra gli appuntamenti politici più rilevanti del partito. Attraverso le Feste parliamo a milioni di persone; tra queste, molte non sono iscritte e non ci votano. Si tratta dunque di eventi che non possono più essere abbandonati a se stessi (da anni non esiste un responsabile nazionale del settore): va costruito un lavoro che ci consenta di veicolare messaggi comuni, di razionalizzare l’uso delle strutture di nostra proprietà, di fare conoscere e valorizzare i risultati più rilevanti colti dal partito sul terreno politico ed economico. Senza mai dimenticare che un autofinanziamento del partito non troppo dipendente dal finanziamento pubblico e dalla nostra presenza nelle istituzioni, è condizione vitale della nostra autonomia.

F) Va potenziato il lavoro di formazione. Non si tratta di allestire corsi di «indottrinamento», ma di considerare la crescita culturale e politica dei quadri un fattore decisivo per la capacità stessa dei circoli di fare politica in modo intelligente e adeguato ai tempi. Una conoscenza non dogmatica delle opere dei dirigenti più importanti del movimento comunista e socialista, una riflessione approfondita sulla storia del movimento operaio, nonché un’adeguata preparazione al fare politica nella società e nelle istituzioni possono contribuire a formare criticamente i compagni e le compagne, a superare approcci pragmatici ed elettoralistici ancora troppo diffusi. La crescita culturale dei militanti – specie di quelli più giovani – è per il partito un patrimonio di primaria importanza, senza il quale sarebbe velleitario quell’investimento sul futuro che informa e giustifica il nostro impegno comune. L’innalzamento del livello teorico-politico di tutto il partito può inoltre contribuire, assai più delle esortazioni, a potenziare la sua democrazia interna (“l’informazione è potere”); e a superare logiche interne di appartenenza, legate spesso più a vecchie esperienze e collocazioni che non a un confronto di merito sulle problematiche del presente, che ha bisogno invece di una dialettica libera e non cristallizzata.

1) Grassi Claudio Segreteria nazionale (Tesoriere nazionale)
2) Pegolo Gianluigi Segreteria nazionale (Responsabile Dip. Stato e Autonomie)
3) Bracci Torsi Bianca Presidente Commissione Problemi del Partito
4) Cappelloni Guido Presidente Collegio Nazionale di Garanzia
5) Sacchi Giuseppe Presidente Comitato regionale Lombardia
6) Casati Bruno Direzione nazionale (Segretario Federazione Milano)
7) Favaro Gianni Direzione nazionale (Segretario Federazione Torino)
8) Ghiglione Rita Direzione nazionale (Fiom La Spezia)
9) Guagliardi Damiano Direzione nazionale (Segretario regionale Calabria)
10) Mangianti Cesare Direzione nazionale (Segretario regionale Emilia-Romagna)
11) Sorini Fausto Direzione nazionale (Coordinatore Dipartimento Esteri)
12) Valentini Alessandro Direzione nazionale (Segretario regionale Sardegna)
13) Abbà Giuseppe CPN – Segretario Federazione Pavia
14) Bandinelli Giancarlo CPN – Segretario Federazione Lecco
15) Belisario Mauro CPN – Amministratore Unico Liberazione
16) Burgio Alberto CPN – Comitato Scientifico
17) Canciani Igor CPN – Segretario Federazione Trieste
18) Canonico Andrea CPN – Federazione Avellino
19) Capacci Palmiro CPN – Segretario Federazione Forlì
20) Cimaschi Mauro CPN – Dipartimento nazionale Organizzazione
21) Colombini Giorgio CPN – Segretario Federazione Modena
22) Corrente Elio CPN – Federazione Cosenza
23) Cristiano Stefano CPN – Segretario Federazione Pistoia
24) De Paoli Antonio CPN – Federazione Civitavecchia (RM)
25) Gambuti Pier Paolo CPN – Segretario Federazione Rimini
26) Giannini Fosco CPN – Segretario Federazione Ancona
27) Giavazzi Beatrice CPN – Vice-Presidente Collegio nazionale Garanzia
28) Kiwan Kiwan CPN – Segretario Federazione Ferrara
29) Leoni Alessandro CPN – Federazione Firenze
30) Licheri Antonello CPN – Segretario Federazione Sassari
31) Longo Arcangelo CPN – Segretario Federazione Messina
32) Lucini Gianni CPN – Federazione Novara
33) Macrì Vittorio CPN – Segretario Federazione Sulcis Iglesiente
34) Marchioni Giacomo CPN – Segretario Federazione Rieti
35) Marconi Augusta CPN – Federazione Avezzano (AQ)
36) Masella Leonardo CPN – Capogruppo Regione Emilia-Romagna
37) Melis Vittoria CPN – Federazione Cagliari
38) Montecchiani Rossana CPN – Federazione Ancona
39) Moro Renata CPN – Segretaria Federazione Treviso
40) Mulas Gabriella CPN – Segretaria Federazione Gallura
41) Novari P. Paolo CPN – Federazione Parma
42) Okroglic Paola CPN – Federazione Cagliari
43) Ortu Velio CPN – Segretario Federazione Cagliari
44) Pace Costanza CPN – Federazione Pavia
45) Patelli Maurizio CPN – Federazione Bologna
46) Petrucci Donella CPN – Federazione Pistoia
47) Pintus Alessandra CPN – Federazione Sulcis Iglesiente
48) Pucci Aldo CPN – Segretario Federazione Cosenza
49) Riccioni Mauro CPN – Segretario Federazione Macerata
50) Savelli Renzo CPN – Segretario Federazione Pesaro
51) Sconciaforni Roberto CPN – Segretario Federazione Bologna
52) Simini Ezio CPN – Segretario Federazione Vicenza
53) Sobrino Enzo CPN – Segretario Federazione Asti
54) Steri Bruno CPN – Federazione Roma
55) Tedde Giuseppina CPN – Capogruppo Provincia Bologna
56) Torresan Siro CPN – Segretario Federazione Svizzera
57) Valleise Piero CPN – Segretario regionale Valle D’Aosta
58) Verzegnassi Stefano CPN – Segretario Federazione Udine