«Uranio, perché tante bugie?»

Malabarba e Bulgarelli contro i generali che hanno taciuto sui rischi

Macigni che piovono sulla testa dei generali italiani degli anni novanta. Ecco cosa sono i documenti depositati dall’Osservatorio militare, il cui presidente Cosimo Tartaglia è stato ascoltato ieri, presso la commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito istituita dal senato e presieduta dal leghista Paolo Franco. C’è un filmato del Pentagono con tutti i rischi dei proiettili all’uranio impoverito e le procedure per proteggere i soldati, mostrato e distribuito ai nostri generali durante i brefing che si tenevano a Bagnoli nel `95 al momento dei raid sulla Bosnia. Il manifesto l’ha anticipato ieri. Quelli che partivano da Aviano erano caccia A10 che spararono 10.800 colpi corazzati con quel metallo, secondo i dati forniti alla fine del 2000 dall’allora ministro della difesa Sergio Mattarella che affermò tuttavia di aver appreso quelle notizie con grave ritardo. Centinaia di militari italiani ammalati di leucemie e altri tumori, almeno 23 morti. E chissà quanti tra le popolazioni civili colpite in Bosnia ma prima ancora in Iraq e in Somalia e in seguito ancora nella ex Jugoslavia (guerra del Kosovo) e di nuovo in Iraq. Ora viene fuori che i generali sapevano tutto da cinque anni ma hanno taciuto, sicuramente con i soldati, forse anche con i vertici politici. «Potrebbero non aver avvertito il governo – ha osservato Tartaglia nella sua audizione – Forse hanno sottovalutato il politico. Oppure hanno taciuto il rischio con l’assenso del governo».

Le opposizioni alzano la voce. «La testimonianza dell’Osservatorio Militare è clamorosa: perché le gerarchie militari hanno mantenuto segreta per anni la pericolosità dell’uranio impoverito per gli operatori e per la popolazione civile, con la conseguente ecatombe a cui abbiamo assistito dopo la guerra nei Balcani?», chiede il capogruppo del Prc al senato Gigi Malabarba, membro della commissione d’inchiesta. «La commissione d’inchiesta dovrà dare una risposta definitiva. Quel che è certo – aggiunge Malabarba – è che il ministro della difesa Antonio Martino finora ha raccontato bugie». Per Mauro Bulgarelli dei Verdi la documentazione dell’Osservatorio «è l’ennesima conferma che le nostre autorità militari erano a conoscenza da tempo dei pericoli dell’uranio impoverito e hanno taciuto non fa che aumentare lo sdegno e la rabbia per tante morti che potevano essere evitate. E’ vergognoso questo muro di omertà».

L’ex ammiraglio Falco Accame, presidente dell’Anavafaf (Associazione vittime delle forze armate), risale ancora più indietro nel tempo: «L’Italia era stata avvertita della pericolosità dell’uranio impoverito da parte della Nato fin dal 1984 e ciò anche per quanto riguarda il maneggio a freddo del metallo». Accame è in possesso di un documento con quella data nel quale già «si stabilivano anche le norme di protezione da adottare (occhiali, maschere, guanti, tute)». E «in un documento del 1993 – aggiunge Accame – il capo della sanità militare Usa indicava la pericolosità dell’uranio per quanto concerne la possibile ingenerazione di tumori e pochi mesi dopo, il 13 ottobre 1993, vennero emanate dagli Usa le norme di sicurezza per il personale impegnato in Somalia nella operazione Restore Hope, dove i nostri militari hanno operato fianco a fianco in molte operazioni con i reparti Usa». Per gli italiani le protezioni anti-uranio sono scattate solo alla fine del 1999. E le malattie denunciate, per le quali gli stati maggiori si ostinano a negare qualsiasi rapporto con l’uranio impoverito, risalgono soprattutto alle missioni precedenti, proprio nel Corno d’Africa oltre che nei Balcani.