Uno scudo inutile e pericoloso

Helmut Schmidt, “grande vecchio” del Partito Socialdemocratico Tedesco, ha dichiarato recentemente al Financial Times che la scelta, da parte degli Usa, di dispiegare il proprio sistema di difesa antimissile (ABM) in Polonia e Repubblica Ceka è irresponsabile e destabilizzante. Tale giudizio viene dall’ex ministro della Difesa tedesco che nel 1980 accettò, per primo in Europa, i missili Cruise della Nato, rivolgendoli contro l’Urss. Oggi, invece, per Schmidt, la decisione statunitense ha lo scopo di dividere l’Europa, come già accaduto nel corso della guerra in Iraq, e la Nato da luogo di discussione collettiva sulla sicurezza degli Stati membri si è ridotta a mero strumento degli Usa. A queste accuse il Financial Times, riprendendo le argomentazioni dell’amministrazione Bush, replica che i missili intercettori dell’Europa dell’est sono rivolti contro la minaccia di missili nucleari iraniani e non contro la Russia. A tale spiegazione, però, si può credere solamente se non si tiene conto di alcune evidenze e si ignorano i limiti della tecnologia e della fisica.

In primo luogo, non si capisce perché i missili intercettori vengono posizionati a ridosso della Russia e non vicino all’Iran. Inoltre, i missili nord coreani, che potrebbero forse essere acquisiti dall’Iran e sul cui effettivo funzionamento nei test di lancio ci sono forti dubbi, hanno una autonomia di non più di 1000-1500 km, e non sarebbero in grado non solo di raggiungere gli Usa ma neanche l’Europa. Ad ogni modo, l’improbabilità della spiegazione fornita dall’amministrazione Bush sta soprattutto nella impossibilità a poter garantire una efficace difesa antimissile, soprattutto nel caso in cui i vettori contengano testate nucleari o biologiche. Ci sono, infatti, importanti differenze tra la difesa antimissile e quella antiaerea, che consistono principalmente nella capacità del missile di raggiungere, rispetto all’aereo, velocità molto più alte (25mila km/h contro 2400 km/h), e altezze molto maggiori (200-300 km da terra contro 15km). Ne derivano un tempo d’intervento più limitato e maggiori difficoltà di puntamento, che rendono la difesa antimissile poco precisa e dunque inefficace. É per tali ragioni che i sistemi antimissile sviluppati fino ad oggi, compresi i Patriot, si sono dimostrati inefficaci, come accaduto nel contrasto degli Scud iracheni. Alle difficoltà di puntamento si aggiunge, poi, il pericolo determinato dall’intercettamento in prossimità dell’obiettivo. Tale effetto sarebbe amplificato in caso di missile con testata biologica, che, se distrutto in quota, porterebbe alla diffusione di agenti patogeni in un’area anche più larga. In caso di testata nucleare, l’abbattimento in quota determinerebbe la ricaduta sulla superficie sottostante di materiale radioattivo e, soprattutto, sarebbe facile per chi lanci il missile far detonare la testata immediatamente prima dell’intercettazione. Si calcola che una testata atomica che esplodesse a 1,8 km sopra Detroit provocherebbe 470mila morti e 630mila feriti.

I costi di una difesa antimissile, che è di una complessità incredibile, sono esorbitanti e molto superiori a quelli dell’offesa. Per questa ragione, anche se sulla base di tecnologie completamente nuove fosse possibile intercettare dei missili, chi metta in campo una tale difesa antimissile può dispiegare solo un limitato numero di missili intercettori. In questo modo, per chi attacca è sufficiente aumentare il numero di missili per mettere fuori gioco la difesa ABM. Ne consegue che la costruzione di eventuali scudi spaziali, oltre ad essere concettualmente inefficace, rappresenta un incentivo alla corsa agli armamenti e all’aumento delle spese militari. É per queste ragioni che all’inizio degli anni ’70 Usa ed URSS firmarono un trattato “anti ABM”. Il programma “Guerre stellari”, cui Reagan diede avvio nel 1983, con l’ambizione di rendere impotenti ed obsolete le armi nucleari, non è approdato a nulla, pur avendo assorbito 70 miliardi di dollari. Lo sviluppo, sotto la presidenza di George W. Bush, di un nuovo programma antimissile è strettamente connesso alla decadenza economica e politica Usa. Infatti, l’ampio budget previsto ed oscillante tra i 120 miliardi di dollari e i 240 miliardi finanzia con lauti appalti il complesso militar industriale. Dal momento che i settori bellico e civile sono strettamente connessi, si attua non solo un sostegno statale neokeinesiano a tutta l’economia. Inoltre, lo scudo spaziale permette agli Usa di legare a sé, suddividendo le spese, i paesi più avanzati, proprio con la scusa dello scambio di alte tecnologie e la promessa della suddivisione degli appalti, secondo lo schema che si sta impiegando per il Joint Strike Fighter.

L’Italia sembra essere “caduta” in questa rete, avendo già firmato un memorandum d’intesa con l’amministrazione Usa, sui cui contenuti ho chiesto chiarimenti al governo. Ma, anche nel nostro Paese agisce un complesso militar industriale, che è più concentrato di quello americano, e che occupa un ruolo sempre più importante nell’economia italiana, facendosi sentire anche nelle scelte di politica industriale, dal JSF allo scudo spaziale. Sarebbe bene, invece, che il governo italiano facesse attenzione a non lasciarsi coinvolgere in operazioni che inneschino una nuova corsa agli armamenti ed un aumento della tensione internazionale.

*Capogruppo PdCI Commissione Difesa della Camera