Rifondazione scende dallo scalone. Il segretario Franco Giordano chiarisce: «Noi siamo difensori del “programma” perché è su quello che abbiamo ricevuto il mandato dagli elettori e lì si parla di abolizione. Però vogliamo anche trovare una soluzione, chiamerò Prodi e gli illustrerò la nostra proposta: alziamo l’età pensionabile a 58 anni e poi prevediamo un meccanismo d’incentivi per rimanere al lavoro. Con due eccezioni: i lavori usuranti e chi ha già versato 40 anni di contributi, per loro devono rimanere i 57 anni».
La soluzione si scontra con le valutazioni della Ragioneria, non è troppo costosa per le casse dello Stato?
«Il tentativo è di far passare una scelta politica per una questione tecnica: non c’è nessuna emergenza economica. I lavoratori si sono pagati l’abolizione dello scalone con l’aumento dei contributi dello 0,3%. Il famoso “sbilancio” da65 miliardi di euro nei prossimi 30 anni sarebbe recuperato negli anni successivi, solo che guarda caso si ferma l’analisi dalla parte catastrofica della curva».
Ma se la divergenza è politica, il rischio non è ancora maggiore per la tenuta del governo e della maggioranza?
«Se dobbiamo ragionare in deroga al programma allora bisogna rivedersi tutti. Non è il governo che deve decidere visto che non siamo “ospiti” nella maggioranza. Se non dovessimo trovare l’intesa, allora affidiamoci al grande popolo dell’Unione con una consultazione popolare, ma mi faccia dire che trovo alcuni cambi di posizione incredibili».
Tipo?
«Paradossale che si schierino contro personaggi come Tiziano Treu, che ha lavorato in prima persona al programma e Lamberto Dini che con l’abolizione della Maroni vedrebbe ripristinata la sua riforma».
Tra le “sorprese” ci mette anche Fassino quando dice che andare in pensione a 60 anni non è uno scandalo?
«No, Piero è stato onesto in quell’intervista, ma gli rispondo che lo so anche io che già ora il 50% degli italiani a 60 anni decidono di rimanere al lavoro e che l’età media di ritiro è di 60,4. Ragionando sulle medie non si racconta del cambio che c’è stato nell’organizzazione del lavoro: della dilatazione degli orari, dell’aumento delle responsabilità».
Conferma la visione del maggiore usura a cui vanno incontro gli operai, sottolineata da Bertinotti e criticata ancora da Fassino?
«Quello rimasto indietro di trent’anni sulla distinzione operai – impiegati mi sembra proprio Fassino. È chiaro che anche e soprattutto nelle fabbriche il lavoro è più pesante, ma la platea di lavori usuranti nell’organizzazione postfordista è ampia, basta pensare alle turnazioni nell’edilizia o dei lavoratori dell’agricoltura, o andarsi a guardare la lista delle malattie professionali che si “arricchisce”».
Rimane l’accusa di difendere i pensionati a scapito delle giovani generazioni.
Sbagliata anche questa?
«Noi siamo gli unici che combattono da sempre contro la precarietà. Vogliamo fare qualcosa per i giovani? Aboliamo la legge 30 che ne è il monumento, inseriamo il salario minimo d’ingresso al lavoro. Riparliamo delle pensioni,ma anche di tutta la politica redistributiva del governo