Università occupate, la protesta in piazza

Università in rivolta. Gli studenti organizzano occupazioni delle facoltà e cortei di protesta. I rettori di tutt’Italia firmano all’unanimità un documento per chiedere «di fermare la riforma sullo stato giuridico dei docenti». E’ un parlare corale quello delle università, perché il disagio attraversa tutti. Tocca la sensibilità dei ragazzi che denunciano la condizione in cui sono stati trascinati dalla riforma del «3 più 2». «Cosa possiamo imparare da moduli d’insegnamento fatti di 32 ore? Cosa dobbiamo fare se non riusciamo a entrare nel secondo ciclo di insegnamento a causa del numero chiuso? E non è violazione del diritto allo studio il fatto che le tasse sono aumentate del 110% in tre anni?», denunciano gli studenti della Sapienza di Roma che in dieci mila ieri hanno sfilato vicino all’ateneo. I ricercatori precari insistono sul disegno di legge Moratti, il provvedimento che «toglie la possibilità stessa di fare ricerca, visto che verranno bloccate tutte le assunzioni. Il nostro mestiere richiede continuità. C’è un totale e voluto interessamento a bloccare la formazione». Sempre ieri la conferenza dei rettori stila un documento all’unanimità per chiedere al legislatore «di modificare integralmente il decreto, che lede l’autonomia degli atenei sancita dalla costituzione» e ce l’hanno anche con la finanziaria : «Taglia i fondi e crea una miscela esplosiva che metterà a repentaglio l’equilibrio del sistema universitario». Su proposta del rettore di Roma La Sapienza, la Crui indice anche per il 19 ottobre una giornata di mobilitazione generale di tutti gli organi accademici per discutere e ribadire la posizione all’interno dei singoli atenei.

Anche gli studenti sottolineano di continuo il collegamento tra il provvedimento Moratti e quello Tremonti. Il primo definisce la riforma a costo zero. «Senza oneri per lo stato» per dirla tecnicamente, «in modo da accelerare l’iter della fiducia sul disegno di legge» per dirla invece politicamente. E la manovra non solo non investe, ma decurta le risorse, visto che prevede una diminuzione del fondo di 55 milioni rispetto allo scorso anno e una decurtazione di 60 relativamente all’edilizia universitaria. E scarica sul bilancio degli atenei 210 milioni di oneri derivanti dagli adeguamenti negli stipendi del personale.

Per evitare questo nero orizzonte i laureandi si inventano un presente colorato, fatto di striscioni e bandiere. «La Sapienza» è occupata a fisica, matematica, chimica, scienze umanistiche, filosofia, scienza della comunicazione, sociologia, psicologia e scienze politiche, ingegneria e geologia. Blocco della didattica per molte altre materie. E ieri un corteo, che gli organizzatori definiscono «al di là di ogni aspettativa. Non è facile coinvolgere diecimila persone in tempi come questi». La manifestazione si arrotola per tre volte attorno all’ateneo prima di «uscire fuori, per dimostrare che il territorio è parte della stessa università. Quello che succede all’istruzione ha pesanti ricadute su tutto il paese». E il concetto lo esprimono anche con un coro indirizzato alla polizia che ha improvvisato un cordone per impedire l’accesso degli studenti alla stazione Termini: «Non siamo pazzi noi, la riforma riguarda anche voi».

I giovanotti della Digos chiamano allora i rinforzi. Loro si aspettavano poche centinaia di persone. Arrivano i caschi, ma alla rinfusa. E il corteo sfonda per due volte il cordone della polizia prima di essere fermato dal blocco delle camionette. Pochi attimi di tensione, della solita tensione fatta di manganelli alzati sopra le teste e mani in alto a ricordare che si sta solo manifestando. E poi l’accordo: «Si va a piazza Indipendenza, a ricordare che l’università non ha nemmeno più l’autonomia», gridano gli organizzatori. Intanto arrivano notizie che riempiono di orgoglio. Occupato il polo scientifico di Firenze. Cortei a Bologna, dove i ricercatori si sono rifiutati di tenere 53 corsi. A Pisa i presidi hanno dichiarato il blocco della didattica. Lezioni sospese anche a Torino. Agitazioni a Napoli, che riempie le aule della Federico II di riunioni. E poi Cagliari, Padova, Perugia, Modena, Genova, Salerno.