Università, la rabbia di Mussi

«Ripensateci». Colto di sorpresa dalla protesta dei rettori, ieri il ministro Fabio Mussi ha chiesto loro di fare marcia indietro nella decisione di non invitare più rappresentanti di governo alle manifestazioni ufficiali. Una scelta che «non può certo essere apprezzata», e che per il ministro dell’Università andrebbe revocata «almeno per il rispetto istituzionale reciproco dovuto».
Se non è proprio guerra dichiarata, di certo il clima che circonda in queste ore i rapporti tra il governo e i rettori è di quelli parecchio tesi. L’affondo con cui i «magnifici» hanno protestato contro i tagli a università e ricerca contenuti nel maxiemendamento votato ieri sera non ha fatto ovviamente piacere a più di un rappresentante del governo, e qualcuno non si è fatto problemi nel dirlo. Come il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco, per il quale i rettori «non farebbero male a fare un po’ autocritica sullo stato dell’Università». «Certo – ha poi aggiunto Visco – le responsabilità sono del governo e dei politici, ma se questo paese fosse un po’ meno corporativo non sarebbe male». E in disaccordo con i rettori si è detto anche il senatore dell’Ulivo Gavino Angius.
Parole che però, almeno ufficialmente, non hanno scosso più di tanto il fronte della protesta. Anzi. Ieri sera dalla Crui, la Conferenza rettori università italiane, le critiche al modo di fare di palazzo Chigi si sprecavano: «Almeno quando il ministro era la Moratti le tabelle con i tagli ci venivano consegnate in anticipo – si lamentavano i rettori -. Oggi invece ancora non sappiamo neanche di quali fondi le università potranno disporre». Unica certezza, riconosciuta anche da Mussi, è il taglio del 20% dei consumi intermedi, vale a dire circa 200 milioni di euro in meno per pagare affitti, riscaldamento, pulizia delle aule, ma anche alcuni contratti per il personale tecnico amministrativo e i ricercatori. Un problema che «il governo dovrà trovare il modo di risolvere nel corso del 2007», ha promesso Mussi.
Ma a preoccupare il ministro non sono solo i tagli previsti dalla Finanziaria. Come rappresentante del governo Mussi deve far fronte alla protesta senza precedenti messa in atto dai rettori contro qualcosa che lui stesso non ha mai approvato. Basti ricordare come, nel luglio scorso, minacciò le dimissioni se i tagli a università e ricerca non fossero stati ritirati. Una battaglia combattuta anche mercoledì scorso durante il consiglio nazionale dei Ds. «Correva da una stanza all’altra per parlare con i funzionari del Tesoro che stavano scrivendo il maxiemendamendo, nella speranza di capire cosa stava accadendo. Tutto inutilmente», ricorda qualche compagno di partito.
E alla frustrazione si aggiunge l’irritazione per sentirsi isolato all’interno non solo della coalizione, ma degli stessi Ds. Come è accaduto la settimana scorsa quando, durante una riunione proprio sull’università (presenti oltre a Mussi Andrea Ranieri, Walter Tocci e Luciano Modica), alla domanda su cosa fare contro la decurtazione dei finanziamenti Piero Fassino avrebbe risposto allargando le braccia: «Sono tempi duri per tutti».
«Il problema è che alcune idee sull’università che ha Padoa-Schioppa hanno fatto breccia anche nei Ds – spiega Alba Sasso, vicepresidente della commissione Cultura della camera – tanto che non manca chi pensa che sarebbe meglio puntare su pochi atenei di prestigio da trasformare magari in fondazione. Altro che cuore del programma dell’Unione: l’università è diventata ormai il terreno di maggiore devastazione. Perfino la scuola, con Fioroni, sta meglio».
Contraddizioni a parte resta il problema di un maxiemendamento che sull’università «arretra perfino rispetto a quanto discusso nelle commissioni parlamentari», come spiega Enrico Panini, segretario della Flc-Cgil: «Quasi tutte le proposte sono cadute: resta il taglio previsto dal decreto Bersani, e modesti stanziamenti per il diritto allo studio. Davvero una brutta finanziaria». Critiche che sono un invito a nozze per il centrodestra, che non perde l’occasione per attaccare il ministro della Ricerca. Come fa Maurizio Gasparri che ha buon gioco nel ricordare a Mussi la sua promessa di dimissioni: «L’università è stata massacrata da questa finanziaria – dice l’ex ministro di An – e i rettori, quasi tutti di sinistra, sono stati costretti a decretare l’espulsione del governo. E Mussi perché non si dimette? Aveva scherzato?».