La trattativa sui tagli all’Università e alla ricerca è ancora aperta. Dopo la smentita arrivata dallo stesso ministro Fabio Mussi alle voci di un emendamento correttivo alla manovra che avrebbe stanziato altri 177,5 milioni di euro per le assunzioni di ricercatori nel triennio 2007-2009, ieri per tutto il giorno il titolare del Miur ha trattato con il premier e col ministro dell’ Economia Tommaso Padoa-Schioppa. Poi, in serata, un breve vertice a tre e l’appuntamento, che potrebbe essere quello decisivo, che si terrà oggi. I punti in discussione sono due: il decreto Bersani, dal quale dovrebbero essere esentati sia le Università che gli enti di ricerca – chiede Mussi che ha recepito le proteste di rettori e scienziati – e l’articolo 53 della finanziaria che colpisce con un taglio del 12,7% i fondi della sola ricerca.
A smuovere le acque era stata la senatrice a vita e premio Nobel, Rita Levi Montalcini che venerdì, partecipando alla protesta degli enti di ricerca, aveva annunciato il suo «no» al senato ad una manovra che, penalizzando la ricerca «distrugge l’Italia». Una dichiarazione di voto sulla quale il giorno dopo si era detta disposta a ritrattare se fossero state vere le voci, immediatamente smentite, di un ulteriore finanziamento del settore. E’ stato lo stesso ministro Mussi ieri dalle colonne del Corsera a spiegare come stanno le cose: i 177,5 milioni, ripartiti in 140 per le università (che serviranno per assumere 2 mila precari) e 37,5 per gli enti di ricerca (700 nuovi posti), erano già previsti nella finanziaria. L’emendamento presentato domenica alla camera, ma non ancora discusso, serve solo per unificare i due fondi separati preesistenti. Nella manovra, ha spiegato Mussi, ci sono anche «risorse aggiuntive per il nuovo Fondo unico per la ricerca, il First, e per il Fondo per l’innovazione industriale, con un importo complessivo nel triennio di 2,1 miliardi».
Nulla di nuovo, quindi, per i rettori della Crui e i direttori degli enti di ricerca – Infn, Cnr, Inaf e Asi – che nei giorni scorsi hanno sollevato il problema. «Facciamo i conti – commenta il presidente dell’Istituto di fisica nucleare Roberto Petronzio – su 37 milioni nel triennio e suddividendoli tra gli enti di ricerca, all’Infn arriveranno a essere ottimisti uno o due milioni di euro. Non ho bisogno di questo piccolo obolo se poi mi tagliano 50 milioni con il decreto Bersani e l’articolo 53. Se posso assumere precari ma poi mi mancano i fondi per tenere aperti i laboratori, il mio ente diventa immediatamente improduttivo e inefficiente, visto che le spese per il personale superano di gran lunga quelle per gli esperimenti». Anche per questo il direttore generale del Cnr, Angelo Guerrino, ha diramato ieri una nota in cui chiede a tutti i centri di limitare, «con decorrenza immediata e fino a diversa disposizione, l’assunzione di impegni alle spese obbligatorie e indifferibili». Petronzio, che annuncia la partecipazione degli enti allo sciopero del 17 novembre, punta il dito contro l’articolo 53: «Se questo taglio fosse stato applicato all’università, che ne è invece derogata, sarebbe stato dell’ordine di 900 milioni. Un salasso in confronto al taglio dei consumi che è per loro di circa 200 milioni. Ci sarebbe stata una rivoluzione». «Il problema non sono solo i soldi – dice Paolo Saracco ricercatore Infn e membro della direzione Flc-Cgil – ma anche il blocco delle assunzioni, che solo dal 2008 verrà rimosso ma rimarrà legato al turn over, e la questione dell’autonomia scientifica degli enti che, secondo l’articolo 42 della finanziaria, saranno governati da un direttore generale nominato dal governo». Ce n’è abbastanza perché il capogruppo della Rosa nel pugno alla camera, Roberto Villetti, annunci che se non si risolverà il problema dei tagli alla ricerca, il partito si asterrà in tutte le votazioni sulla Finanziaria.