“Bisogna tener conto dei cambiamenti della società italiana: in primo luogo l’allungamento dell’età e poi il lavoro dei giovani che è dominato dalla precarietà”. Questa tesi è servita in tutti questi anni alla grande borghesia liberista per mettere i giovani precari (a cui è stata tolto il diritto alla pensione) contro i lavoratori pensionandi (a cui si vuole aumentare l’età pensionabile per aumentarne lo sfruttamento), è stata una delle divergenze strategiche – da quando Rifondazione Comunista è nata contro l’omologazione e il superamento del Pci – fra le due sinistre, fra la sinistra liberista e riformista e quella comunista e antagonista al “sistema” capitalistico e al suo “pensiero unico”. Ma la frase citata all’inizio non è né di Padoa Schioppa né di Massimo D’Alema, ma è di Fabio Mussi, come riferisce Il Manifesto del 29 giugno. Non deve far riflettere una dichiarazione di questo tipo di Fabio Mussi? E non deve far riflettere che la Sd non abbia aderito il 9 giugno neppure alla manifestazione “moderata” di piazza del Popolo, contro il principale responsabile della guerra permanente, capo della destra mondiale, responsabile della distruzione dell’Iraq, del nuovo riarmo atomico contro Russia e Cina, della distruzione di ogni idea autonoma di Europa, dei più efferati crimini di guerra di questo nuovo nazismo che cresce pericolosamente come risposta reazionaria alla crisi, alla decadenza, alla perdita di egemonia e di consensi nel mondo dell’impero d’occidente?
Nessuna riflessione, invece. Non abbiamo ascoltato nessuna critica alla affermazione sulle pensioni di Mussi, così come nessuna critica al suo rifiuto di aderire alla manifestazione “moderata” contro Bush. Gli esponenti principali del Prc continuano come un disco rotto, come se nulla fosse, a ripetere non solo che bisogna unire la sinistra, ma addirittura che bisogna unificarla. C’è chi propone di farlo superando il Prc in “un nuovo partito” e chi più ambiguamente in un “nuovo soggetto politico” dove non si inizia ma si può finire con il superamento del Prc, passando per una confederazione e/o per liste uniche alle prossime elezioni amministrative ed europee. Nessuno fra i massimi dirigenti propone, allo stato attuale, di rilanciare la rifondazione di una forza comunista (il comunismo è persino sparito dal lessico dei massimi dirigenti), come condizione necessaria per l’unità della sinistra alternativa su contenuti alternativi alla guerra e al neoliberismo e per la ripresa di movimenti di lotta. Tutti immersi in questa sagra del politicismo senza contenuti, dell’autonomia del politico, del feticcio dell’unità a tutti i costi che per anni abbiamo contestato a D’Alema e Cossutta, che è la cultura politica alla base della nascita del partito democratico.
E’ del tutto evidente che l’unità della sinistra in queste condizioni, per spinta di una offensiva da destra a cui la maggioranza del gruppo dirigente non vuole e non sa rispondere, sta trasformandosi in una poderosa svolta moderata della linea del partito, ben più pesante di quella uscita dal congresso di Venezia. Omologazione politica, programmatica e culturale alla ideologia della “sinistra di governo” e contemporaneamente superamento di qualunque identità comunista, anticapitalista e classista del partito. Era questa l’uscita “a sinistra” dalla crisi del comunismo? Se sommiamo alla alleanza di governo “a tutti i costi” col Pd, il nuovo feticcio dell’unità “a tutti i costi” con la Sd di Mussi, capiamo che ci hanno imprigionato in una doppia gabbia nella quale un partito come il Prc non può vivere, ma muore e infatti sta morendo, come si è visto sia nelle catastrofiche elezioni amministrative (dove abbiamo già perso più del 60% dei voti in solo un anno di presenza nel governo), sia nel clamoroso fallimento politico del 9 giugno. Siamo come una tigre messa in una gabbia di 3 metri per 3 e per di più con le zampe incatenate all’unità con Mussi. Prima impazzisce e poi muore. Non c’è bisogno che qualcuno la uccida.
Per questi motivi non c’è molto tempo. Si può anche dire di essere contrari al superamento del Prc e della Rifondazione comunista, ma se non si collega la lotta contro la liquidazione del Prc alla lotta contro la presenza omologante nel governo, si fa solo una battaglia simbolica e nominalistica, assolutamente perdente. In questo governo il Prc, la rifondazione comunista e qualunque forza di sinistra antagonista al capitalismo si esauriscono da soli, senza bisogno della spinta del compagno Bertinotti o del compagno Sansonetti. Ogni giorno che passa in questo governo, infatti, il Prc perde consensi e iscritti, verso una sua inesorabile consunzione. Qualcuno è in grado di dimostrarmi il contrario ? No ed anche per questo si vuole nascondere le prossime prevedibili sconfitte elettorali del Prc dentro liste uniche con altri.
Non basta dire “così non si può andare avanti”. Purtroppo, al di là delle parole così si continua ad andare avanti. E’ necessario costruire una alternativa a questa catastrofe. A partire dal prossimo imminente congresso, nel quale è auspicabile che tutti coloro che si oppongono alla omologazione e alla liquidazione, di nome o di fatto, del Prc e della rifondazione comunista, qualunque mozione abbiano votato a Venezia, prendano coraggio e dignità e costruiscano una unica nuova mozione con la modalità più efficace possibile per raccogliere dal basso e democraticamente, il massimo dei consensi, per salvare e rilanciare il partito e il suo carattere antagonista al capitalismo, per non gettare a mare 16 anni di vita, di lavoro e di lotte. Controcorrente e senza paura, come dal 1991 siamo stati abituati a fare.
* Coordinamento nazionale Area dell’Ernesto del Prc