Un’internazionale di Allah anti-Usa

I soldati della Nato e delle forze governative afgane che ieri hanno lanciato l’offensiva Achille nel sud del paese si troveranno di fronte non solo migliaia di combattenti taleban, ben addestrati e molto motivati, ma anche molte centinaia di «stranieri» entrati in Afghanistan per sostenere la lotta contro Karzai, gli Stati Uniti e i suoi alleati. Una sorta di Brigata internazionale di Allah che ricorda quella che una ventina di anni fa si schierò, grazie anche alle forniture di armi provenienti dagli Stati Uniti, con i mujahedin contro il regime di Kabul appoggiato dalle truppe sovietiche. Questa volta però a farne parte non sono in maggioranza arabi ma uzbeki, ceceni e pakistani. I militanti sauditi, yemeniti e di altri paesi arabi ora preferiscono infiltrarsi in Iraq e unirsi alle formazioni combattenti locali e perciò guardano con minore interesse, rispetto al passato, all’Afghanistan. Il mese scorso il mullah Abdul Rahim, comandante in capo dei talebani nella provincia dell’Helmand, aveva negato che accanto ai 10.000 mujaheddin pronti a passare all’azione avrebbero combattuto anche stranieri, ma fonti locali sostengono che c’erano soprattutto ceceni e uzbeki fra i circa 700 guerriglieri che all’inizio dell’anno sono infiltrati dal Pakistan con l’obiettivo di bloccare i lavori di riparazione e di ammodernamento della centrale elettrica sulla diga di Kajaki, una delle principali risorse di energia del paese, danneggiata in attacchi lanciati dai ribelli lo scorso anno.
Tra i combattenti islamici stranieri spiccano per numero e addestramento quelli uzbeki, guidati da Qari Tari Jan, ovvero Tohir Yuldashev, fondatore nel 1997 assieme a Juma Namangani del Movimento islamico dell’Uzbekistan (Miu) che per alcuni anni diede filo da torcere al dittatore Islam Karimov (stretto alleato degli Usa) nella Valle di Fergana prima di essere costretto a fuggire in Tajikistan e infine in Afghanistan (dove Namangani rimase ucciso in un bombardamento aereo americano successivo all’11 settembre). Il Miu oggi rappresenta il principale alleato straniero dei talebani e Yuldashev farebbe parte, secondo esperti internazionali, anche del vertice di Al-Qaeda. A riprova della sua crescente influenza nel fronte anti-Nato e anti-Karzai, Yuldashev era presente alla firma dell’accordo di non belligeranza raggiunto lo scorso 5 settembre dal governo pakistano con varie organizzazioni armate nel Waziristan. Qualche mese prima, annunciando di aver riorganizzato il Miu, aveva lanciato un avvertimento minaccioso a tutti i regimi dell’Asia centrale alleati degli Stati Uniti, promettendo la ripresa in grande stile della lotta armata. Gli uomini di Yuldashev – in costante aumento a causa della repressione di Karimov che spinge nelle braccia degli estremisti islamici centinaia di uzbeki – sono anche riusciti stabilire contatti in Cina, nella provincia uigura di Xinjang, con cellule estremiste musulmane locali muovendosi, con una certa libertà, lungo le frontiere tra Afghanistan, Uzbekistan e Tajikistan. Tra gli altri gruppi stranieri che sono pronti a combattere con i talebani spiccano il Saifullah Chachu, alcune formazioni cecene e i militanti islamici arabi guidati da Sheikh Khaled Habib al-Shami e Abu Hamam al-Yamani.