Cari compagni,
L’intero Presidium del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese si trova
sotto la minaccia della condanna a due anni di prigione. Venerdì 21
settembre 2007, il Tribunale cittadino di Szekesfehervar giudicherà la causa
intentata contro il Presidium del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese
(HCWP). Il Presidente Gyula Thurmer ed altri sei membri del Presidium sono
accusati di “diffamazione pubblica”. Secondo il Codice Penale Ungherese essi
potrebbero essere condannati ad un massimo di due anni di carcere.
Chiediamo la vostra solidarietà. Vi chiediamo di condannare la persecuzione
politica contro il nostro partito. Vi chiediamo di organizzare in settembre
manifestazioni davanti all’Ambasciata ungherese del vostro paese, esigendo
la fine della persecuzione contro i comunisti e che vengano garantiti i
diritti costituzionali del popolo.
I retroscena del caso
Nel giugno 2005, appena dopo le elezioni per il Parlamento Europeo, l’ex
vicepresidente del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese, Attila
Vainaj, avviò un’ampia offensiva politica ed ideologica contro la leadership
del partito, chiedendo un cambiamento radicale della sua linea politica. Le
caratteristiche di fondo di tale posizione consistevano nell’esigere dai
comunisti la cooperazione e la collaborazione con il Partito Socialista
Ungherese, che governava l’Ungheria dal 2002. Egli riuscì ad ottenere
sostegni in quelle città e località, dove i membri del nostro partito
collaboravano con i socialisti nelle amministrazioni locali.
La maggioranza dei membri del Comitato Centrale e la maggioranza dei membri
del Partito respinsero la posizione di Attila Vajnai e dei suoi sostenitori,
considerandola una piattaforma politica che pretendeva di mettere in
discussione l’intera esperienza politica del partito; di distruggere l’unità
del partito, e di trasformarlo in una forza riformista e in un fedele
alleato dei socialisti al governo. Il Comitato Centrale confermò la tesi,
secondo cui il Partito Socialista Ungherese è un partito capitalista con una
tipica politica neoliberale. Esso non ha niente a che fare con i programmi e
i valori della Sinistra.
Il Comitato Centrale decise l’espulsione di Vajnai e dei suoi sostenitori
dal partito il 12 marzo 2005. Alcune settimane più tardi, il 2 aprile 2005,
il Comitato Centrale convocò il 21° Congresso del partito per il 4 giugno
2007, allo scopo di risolvere la crisi politica.
L’opposizione interna, capeggiata da Attila Vajnai, si appellò allora al
Tribunale di Budapest, chiedendo l’invalidazione delle risoluzioni del
Comitato Centrale del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese.
Il Tribunale di Budapest invalidò le risoluzioni del Comitato Centrale l’8
giugno 2005, riconfermando l’appartenenza di Vajnai e dei suoi sostenitori
al partito e a tutti gli incarichi dirigenti ricoperti in precedenza e
annullando così tutte le decisioni prese dal partito nel 21° Congresso.
La conseguenza è stata la quasi totale paralisi dell’attività per alcuni
mesi, che ha impedito un’adeguata preparazione delle elezioni parlamentari
di aprile 2006. Sì è determinata una situazione molto difficile per l’intero
partito e l’insieme del movimento operaio.
Il Presidium del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese ha espresso la
propria opinione in una dichiarazione. Esso ha affermato che la sentenza è
stata una sentenza politica, che non ha precedenti nella storia legale degli
ultimi due decenni. Il Presidium ha dichiarato che la sentenza rappresenta
una risposta vendicativa al referendum promosso dal nostro partito contro la
privatizzazione degli ospedali (il referendum si è svolto nel 2004 e circa
due milioni di elettori hanno votato contro la privatizzazione del sistema
sanitario).
Il Tribunale di Budapest ha richiesto al Presidium del partito di ritirare
immediatamente la propria opinione e di dichiarare che la sentenza non aveva
niente a che fare con la politica. La leadership del partito ha rifiutato di
farlo.
Il presidente del Tribunale di Budapest ha poi deciso di chiamare in
giudizio l’intera dirigenza del partito. Sul caso ha indagato la polizia nel
febbraio 2006 (proprio alla vigilia delle elezioni parlamentari) ed il
Presidium è stato incriminato per “diffamazione pubblica”.
La posizione del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese
Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese è convinto che questa sentenza
violi la Costituzione ungherese. L’articolo 61 della Costituzione concede a
chiunque la libertà di esprimere la propria opinione.
Pensiamo che lo scopo della persecuzione sia quello di attaccare il nostro
partito. Nel 2005, la sentenza del Tribunale di Budapest ha impedito che il
partito si mobilitasse perché la crescente insoddisfazione del popolo
entrasse in parlamento.
Ora, nel momento in cui ci stiamo consolidando, alcuni circoli politici
vogliono liquidare il partito.
Ciò è parte di una vasta campagna anticomunista in corso in Europa. A Praga,
l’Unione della Gioventù Comunista è stata messa al bando; a Budapest, la
tomba dell’ex leader comunista Janos Kadar è stata profanata; a Tallin, il
monumento agli eroi sovietici è stato smantellato. Adesso, due anni di
prigione minacciano i dirigenti comunisti ungheresi.
Ribadiamo che i comunisti ungheresi continueranno la lotta, e che nessuno
potrà intimidirli. In questa dura situazione chiediamo il vostro sostegno e
la vostra solidarietà.
Fraternamente,
Gyula Thurmer
Presidente del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese
Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura
e Documentazione Popolare