Rivelazioni: un piano dei servizi segreti USA per infiltrare commandos prima dell’insurrezione. I documenti emergono ora per la prima volta
Corpi speciali americani all’opera oltre la Cortina di Ferro, in territorio ungherese. Per condurre operazioni di sabotaggio anti-sovietico e attività a sostegno alla resistenza dei partigiani nazionalisti: è questo il progetto che l’intelligence dell’esercito degli Stati Uniti studiò durante l’anno 1955, redigendo un dettagliato rapporto il 5 gennaio 1956 – il «Project n. 9570» nel quale si indicavano con mappe geografiche minuziose le località da dove i commandos americani avrebbero potuto tentare di operare.
«Ungheria, attività e potenziali di resistenza» è un documento di 65 pagine del «Us Army Intelligence» venuto alla luce grazie all’opera di ricerca del Nationa Security Archive di Washington che lo ha inserito nella nuova pubblicazione La risoluzione ungherese del 1956, una storia attraverso i documenti. La parte centrale dello studio è il capitolo D sulla «Idoneità dell’Ungheria per operazioni delle forze speciali». «Vi sono relativamente poche aree dell’Ungheria capaci di offrire rifugio e nascondigli ad attività di tipo-guerriglia – si legge nella premessa -perchè ad eccezione dell’altopiano di Meksec (che in realtà è quello di Mecsek) a nordovest della città di Pècs e di un semicerchio di colline coperte di foreste nell’Ovest e Nord Ovest l’Ungheria è una pianura pressoché piatta». Da qui l’indicazione dei due luoghi suggeriti per ospitare basi ed attività delle truppe speciali: «La regione delle colline del Nord-Ovest e le alture di Meksec». La descrizione di queste due aree nel documento è talmente dettagliata da suggerire il fatto che furono svolte numerose missioni di ricognizione in loco da parte di agenti americani All’epoca infatti l’intelligence non poteva contare su foto satellitari accurate come lo sono quelle oggi a disposizione sull’Iraq di Saddam Hussein. Per quanto riguarda le colline del Nord-Ovest «hanno una profondità variabile fra le 13 e 28 miglia» e vennero suddivise dai cartografi militari nelle seguenti zone: la foresta di Bakony «coperta da una macchia di alberi discontinua con pendii di pietra»; le montagne di Pilis. «adatte al rifugio ed ai nascondigli, situate a soli 25 chilometri da Budapest. circondate dal Danubio a nord ed est e con buoni punti di osservazione da altezze di 757 e 950 metri»; le montagne di Börzsöny, «area adatta a nascondigli» per via del «terreno boscoso di montagna»; il massiccio del Màtra, «dotato di buone strade. facili da attraversare» anche se «i veicoli non possono muoversi fuori dai tracciati»; le montagne di Bukh «con numerose valli attraversate da ruscelli»; e le montagne di HegyaIja. «caratterizzate da improvvisi mutamenti nella configurazione terreno”.
Sulla base di queste considerazioni si può supporre che l’ipotesi allo studio dell’Us Army fosse quella di posizionare gruppi commandos nelle montagne di Pilis per poter operare nei pressi della capitale, riservandosi rifugi in zone limitrofe ed adoperando le alture di Màltra per gli spostamenti più significativi di uomini e mezzi leggeri. Maggiori garanzie l’Us Army sentiva di avere operando dalle alture di Mecsek a sud est del lago Balaton «ad altezza fra i 70 e 150 metri con picchi fino a 600 e 680 metri perché «i boschi sono continui e fitti, scarsamente popolati e provvedono un buon rifugio trar nei mesi invernali» quando temperature, neve e ghiaccio le rendono impraticabili.
Arrivato sul tavolo del presidente Eisenhower nei mesi immediatamente precedenti la rivolta ungherese contro l’Armata Rossa il rapporto d’intelligence non ebbe alcun seguito perchè il Pentagono valutò che, nonostante le aree fossero state individuate, lo scenario geografico complessivo del Paese avrebbe reso qualsiasi attività di infiltrazione militare ad altissimo rischio. A contribuire a questa decisione fu anche il fatto che il livello di «resistenza interna all’Unione Sovietica» era considerato «decisamente basso rispetto a Polonia Cecoslovacchia e Romania». «Teoricamente il comunismo è l’antitesi del nazionalismo ungheresi che è filo-cristiano, filo-occidentale e filo-tedesco – si legge ne rapporto dell’Us Army – ma la resistenza è soprattutto passiva qui più che in ogni altro Paese dell’Europa Orientale».
Le «aree di dissidenza» individuate dall’intelligence americana erano quattro: i contadini «che hanno contribuito a far falli re il programma agricolo nazionale»; i giovani «il cui cinismo e la cui apatia causano grande preoccupazione nei circoli dei comunisti»; gli operai delle fabbriche «il cui scontento si sta diffondendo progressivamente»; il clero cattolico «che non ha aderito al movimento religioso ispirato dal regime e che resta molto rispettato dalla popolazione». Ma in nessun caso erano presenti gruppi in grado di portare a compimento efficaci azioni di sabotaggio o guerriglia. Le pagine del «Project Il 9570» sono destinate ora ad aprire una nuova pagina del dibattiti fra gli storici sulla rivolta di Ungheria perché dimostrano due fatti. Primo: a pochi mesi dalla rivolta l’amministrazione di Washington non aveva alcun sentore di quanto forte fosse la volontà di sollevazione contro l’Unione Sovietica da parte di magiari e dunque venne probabilmente presa di sorpresa dallo sviluppo degli eventi. Secondo: rivolta iniziata il Pentagono aveva a disposizione già da tempo dei piani militari per far intervenire truppe speciali a sostegno degli insorti ma Eisenhower decise di non farlo per non ledere gli equilibri della Guerra Fredda.