Ormai si sprecano i rapporti statistici che danno i salari degli italiani come i più bassi dell’Ue, insieme a quelli di greci e portoghesi. E visto che si sprecano anche le ricerche che danno le nostre industrie e i nostri prodotti come i meno competitivi sul mercato europeo e internazionale, questo almeno dovrebbe dimostrare che l’economia di un paese non si salva affatto comprimendo il costo del lavoro: non si salva neppure la competitività… Ma tant’è. Secondo la nota regola per cui le condizioni peggiori a livello di diritti, salari, libertà servono da base per un peggioramento generalizzato, ecco che il disagio salariale dell’Europa meridionale si estende anche a paesi non sospetti, ai «motori» della Ue: dalla Francia arriva infatti un grido d’allarme.
Negli ultimi anni in Francia, lo Smic – ovvero il salario minimo intercategoriale sotto cui nessun contratto collettivo può scendere per legge – si è attestato sulla cifra di 1.254,28 euro lordi mensili, che al netto delle imposte fanno 984 euro netti in busta paga. E sempre di più sono le lavoratrici e i lavoratori i cui salari sono schiacciati senza prospettive d’aumento su questa cifra che, ormai, non basta più nemmeno a sopravvivere.
È da oltre un mese che in Francia sono in corso scioperi a oltranza di gruppi di lavoratrici e lavoratori per aumenti salariali consistenti e per l’assunzione a tempo indeterminato dei precari e delle precarie.
A Aulny-sous-Bois, dipartimento di Seine-Saint-Denis nell’hinterland parigino, 400 operai dello stabilimento Psa Peugeot-Citroën sono in sciopero dal 28 febbraio con la richiesta di un aumento minimo di 300 euro mensili uguale per tutte/i (contro la concessione di soli 26 euro lordi mensili al rinnovo del contratto!), l’aumento del salario lordo d’ingresso a 1.525 euro mensili netti, il prepensionamento a 55 anni di chi lavora in catena di montaggio e l’assunzione con contratto a tempo indeterminato delle lavoratrici e dei lavoratori interinali già presenti in azienda.
L’impresa pubblicitaria Clear Channel, gruppo multinazionale statunitense che ha in appalto la campagna presidenziale francese 2007, a sua volta vede lo sciopero del personale addetto all’affissione dei manifesti, che il 5 aprile ha manifestato davanti alla stazione Saint-Lazare di Parigi al grido di «Aumentate il salario, siamo stufi di andare in rosso!» e di «Niente tregua elettorale!». La vertenza non è stata costruita in funzione della scadenza elettorale, è nata naturalmente quando a fine contrattazione, sul modello della peggiore procedura di concertazione all’italiana (anche questa è contagiosa?), la controparte ha proposto ai sindacati la sottoscrizione di un aumento irrisorio o la firma di un verbale di mancato raggiungimento di accordo.
Contemporaneamente, 173 dipendenti di Trans-Service-International, impresa incaricata della pulizia dei treni di notte in transito dalla stazione parigina di Austerlitz, stanno scioperando da circa la metà di marzo mentre la loro direzione aziendale li ha trascinati in giudizio; e negli ultimi giorni è stato avviato un altro sciopero nel dipartimento Haut-de-Seine, a La Garenne-Colombes, presso un supermercato della catena Monoprix, che ha visto il coinvolgimento della metà di un organico di circa 120 persone.
I conflitti, insomma, si estendono e l’insufficienza dei salari è la base comune di tutti. Non a caso anche le candidate e i candidati alle presidenziali hanno dovuto fare i conti con le lotte in corso e cinque candidate e candidati della sinistra, fra cui Ségolène Royal, si sono recati allo stabilimento Psa Peugeot-Citroën per esprimere la loro solidarietà con gli scioperanti. Vedremo se questa solidarietà avrà corso anche dopo l’eventuale elezione della candidata socialista.
Resta il fatto che l’Europa che si sta costruendo diventa ogni giorno di più una terra di cittadinanza ridotta, di salari bassi e di ingiustizia sociale: le lotte che in queste settimane stanno diffondendosi a macchie di leopardo in Francia sono il segnale che per lavoratrici e lavoratori le condizioni di vita si stanno facendo sempre più insostenibili, ma sono anche uno spiraglio di luce che lascia intravedere un’alternativa: un’Europa di diritti, di occupazioni in condizioni decenti e a salari dignitosi, di cittadinanza per chi ci vive e ci lavora. L’Europa per cui anche noi lottiamo, esprimendo la nostra solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori francesi.
* Ufficio internazionale SdL intercategoriale