Un’accademia di guerra per i manager francesi

Sono tempi, nel mondo dell’impresa, davvero feroci, Hobbes con la sua torma di lupi cannibali ci troverebbe motivi di evidente conforto teoretico. I mercati mondiali rigurgitano di facce nuove aggressive, irriverenti e disposte a tutto. Per azzannare un contratto bisogna scannarsi con la stessa foga con cui si scalavano le muraglie del Carso, e spesso lasciandosi dietro un egual numero di (metaforiche) vittime. Allora: se è una guerra, bisogna imparare da chi la sa fare, e benino, da duecento anni: accademia di Saint-Cyr dove per tradizione contano ancora gli anni dalla battaglia di Austerlitz. Perché l’ha fondata Napoleone quando era «soltanto» primo console, dunque nel bocciolo della gloria. Le cifre fanno piegare il capo riverenti: cinquantamila ufficiali forniti con puntualità da catena di montaggio a concimare la gloria della Francia, non certo gente da retrovie visto che diecimila tra loro sono morti per lei sui campi di battaglia d’Europa, Africa e Asia.
In questa routine memorabile e monumentale spunta una novità: una Fondazione, istituita in collaborazione con le imprese pubbliche e private più importanti di Francia, che «aprirà la scuola militare al mondo esterno». Tradotto in termini pratici organizzerà corsi, seminari e colloqui riservati ai manager che vogliono imparare la difficile arte di comandare e di restare lucidamente impavidi in situazioni di grande usura psicologica. Impresa difficile che val bene un capitale iniziale di 2,5 milioni di euro, settecentomila di investimento annuale, usciti dall’interessatissime tasche di imprese come AXA, Total, Suez, Renault, Eads con la sua sezione missilistica MBDA. Nei prossimi giorni la fondazione riceverà il riconoscimento di utilità pubblica dal Consiglio di stato; il ministro della difesa ha già detto sì con entusiasmo a questa nuova e audace versione dell’integrazione tra pubblico e privato. Non mancano neppure i test: sessanta allievi dell’HEC, la più prestigiosa alta scuola di commercio, hanno ascoltato nelle aule di Coëtquidan lezioni di «azione collettiva e esercizio della leadership». Successo completo, conferma Alain Luchez, responsabile risorse umane di PPR: «Sono elementi chiave che raramente vengono insegnati nelle grandi scuole di economia e ingegneria e comunque non sono mai sufficienti. È quello che cerchiamo a Saint-Cyr».
Meno ditirambici sono alcuni ufficiali che guardano con acuto sospetto all’ingresso dei mercanti nel tempio: per caso la santa missione di farsi ammazzare in nome della Francia non sta per essere contaminata da plebaici «interessi privati»? A Saint-Cyr nonostante i coreografici pennacchi non sono parrucconi insensibili al nuovo, ad esempio si parla ormai correntemente inglese, e chissà cosa avrebbe detto Napoleone che si dedicò con perizia a schiantare la perfida Albione. Ma la maggioranza entra nella scuola ancora come in un ordine monastico, e questi nuovi allievi che maneggiano milioni e non portano il chepì risultano estranei. Esempio: negli ultimi anni un buon numero di promossi, a causa delle riduzioni del bilancio della difesa e del nuovo stile dell’esercito, ha accettato di passare nel settore civile: ebbene la maggior parte di loro secondo le statistiche non ha avuto successo, segno che scuotersi di dosso la polvere da sparo non è facile .
Sono dubbi che vengono stroncati dal comandante di Saint-Cyr, il generale Nicolas de Lardemelle: «Abbiamo con le imprese un interesse comune per i problemi legati all’esercizio della leadership, soprattutto per quanto riguarda i problemi legati allo stress. È il nostro mestiere perché insegniamo a comandare in battaglia. Noi possiamo aiutare le imprese a formare meglio quelli che prendono le decisioni. Ma anche noi abbiamo qualcosa da imparare da loro, visto che i grandi gruppi economici lavorano con équipe di nazionalità e culture diverse che sanno fondere per un fine comune».
«Chi è soltanto un soldato è un cattivo soldato»: parola del vulcanico generale Lyautey, l’uomo che ha costruito l’impero francese.