“Una politica miope arrogante che vuole soltanto apparire”

Fioccano le congratulazioni a Torino per l’incarico a Nanni Moretti di dirigere il Festival, così come fioccano gli appelli alla pacificazione all’indirizzo di Gianni Rondolino, fermamente intenzionato a organizzare il Torino Film Festival in concorrenza alla rassegna diretta dal padre di Ecce Bombo. Al regista ha telefonato anche il sindaco Sergio Chiamparino: «Gli ho detto che il suo sì è un grande riconoscimento al valore e alle potenzialità del Torino Film Festival e che cercherò di dare una mano per ricomporre la frammentazione suscitata dalla reazione di Gianni Rondolino». Se la scelta di Moretti ha messo d’accordo tutti i giornali tranne Il Manifesto, se Roberto Turigliatto tace e Giulia D’Agnolo Vallan aspetta di discutere col regista sull’ipotesi di collaborazione, Rondolino respinge con veemenza gli inviti a ricomporre il dissidio.
Professor Rondolino, davvero organizzerà il Torino Film Festival in concorrenza a Moretti? Anche senza fondi di enti locali e ministero?
«In prima battuta può sembrare una provocazione. La realtà è questa: esiste un festival di qualità e di successo internazionale che ha 24 anni di vita. Lo si vuole far morire per dar vita a un nuovo festival di cui non si sa nulla, nemmeno il nome. Sarebbe auspicabile che gli amministratori locali rivedessero le loro posizioni provinciali, miopi e arroganti. In caso contrario, cercherò i finanziamenti per un festival, magari piccolo, che mantenga il suo carattere di serietà, libertà e indipendenza».
Gli enti locali dicono d’aver tentato ogni mediazione e che lei le ha respinte tutte. E’ vero?
«Gli assessori alla cultura di Regione, Provincia e Comune hanno voluto imporre la loro volontà politica, non soltanto contro lo statuto dell’Associazione Cinema Giovani che ha organizzato il Festival per 24 anni, ma anche contro la convenzione tra il festival e il Museo del Cinema, da loro voluta, che prevede un direttore nominato di comune accordo e “linee programmatiche e obiettivi” di competenza dell’Associazione. A più riprese l’Associazione si è incontrata con gli assessori per ascoltarne le richieste e si era giunti a una convergenza. Poi, contro ogni regola, i politici hanno preteso che si nominasse un “comitato di indirizzo” per asservire di fatto alla politica sia la nomina del direttore sia il programma. Da ultimo la convocazione di una conferenza stampa a ridosso di Natale, senza informarne l’associazione e il suo presidente, per annunciare il nuovo direttore (ma di quale festival si tratta? Credo che Moretti sia stato per lo meno male informato), è stata certamente un’azione scorretta».
Gli assessori dicono d’aver voluto rafforzare la manifestazione, e che lei non voleva migliorare il Festival. E’ così?
«Le richieste di “miglioramento” sono state accolte in una riunione appositamente convocata dagli assessori, cui non ha fatto seguito alcuna decisione. Evidentemente la paura della Festa di Roma ha obnubilato le menti non solo dei politici, ma anche del direttore del Museo del Cinema Barbera e del presidente della Film Commission Della Casa, che hanno partecipato alla riunione».
Chi organizza eventi culturali con fondi pubblici in genere accetta i rappresentanti dei finanziatori nei cda: l’Associazione non accetta il principio?
«Cinema Giovani è una libera associazione di liberi cittadini: non può accettare ingerenze politiche. Ma la convenzione col Museo, che gestisce i fondi e organizza la manifestazione, prevede di fatto la presenza, nel Torino Film Festival, dei rappresentanti degli enti sovventori che siedono nel consiglio di amministrazione del Museo. Assistiamo in realtà a una lotta per il potere politico e culturale, che vede coinvolti tanto gli assessori quanto i loro consiglieri, di cui oggi è vittima la rassegna. Ma da parte dei cosiddetti “nemici” del festival, più che una visione moderna della cultura e una conoscenza approfondita del festival stesso, mi pare ci siano solo bisogno di apparire, spirito provinciale e un’idea del cinema come vetrina di successo».
La invitano alla pacificazione: secondo loro davanti a un regista così importante bisognerebbe smettere guerre e polemiche, anche perché non è il tipo da subire condizionamenti di chicchessia, politici in testa.
«Le polemiche non le ho accese io, ma gli assessori Oliva e Alfieri e gli ex-direttori Barbera e Della Casa. Se si vuole la pace, che tutti auspichiamo, è sufficiente applicare la convenzione col Museo, tuttora in vigore, e nominare la commissione paritetica per la sua revisione, che l’Associazione ha proposto agli assessori, i quali non si sono nemmeno degnati di rispondere».