Sono rimasto sorpreso dall’intervento di Minà. Un giornalista che dice di lavorare «all’antica, con il vecchio scrupolo che spinge a trovare fonti e dati che non possono essere smentiti» non si è accorto però che Antonio Moscato e Roberto Massari sono due persone ben diverse e con opinioni spesso non coincidenti. E ancor più strano che metta in conto alla ditta «Massari & Moscato», come ci chiama più volte, anche le cose scritte dal giornalista del Corriere, o inserite nel titolo che, come ognuno dovrebbe sapere, è in genere redazionale. Non entro nel merito delle molte cose che non c’entrano con la sostanza del problema (e in particolare di quelle che non ho detto e mi sono attribuite), e ancor più con la rassegna di tutti i luoghi comuni della propaganda cubana, a partire dall’amalgama tra ogni forma di dissenso e la Cia, immaginando un enorme complotto contro Cuba e soprattutto contro Minà. La questione fondamentale di cui parlavo con l’intervistatore, senza scandalismi, riguarda gli inediti di Guevara. Ne ho in mano oltre 600 pagine, la maggior parte delle quali ho avuto dopo una lunga collaborazione proprio dalla vedova a cui si riferisce con tanta deferenza Minà, con l’impegno, che ho rispettato, a usarli per il mio studio ma non pubblicarli, a parte brevi citazioni in un saggio. Mi sono attenuto a questo impegno, pur non condividendo censure di ogni genere, e questa è di fatto una censura, come posso dimostrare.
Se Minà si fosse mai interessato agli inediti del Che, a cui ho fatto una corte di anni prima di poterli visionare e poi copiare in parte (con una fotocopiatrice donata al Centro de estudios Che Guevara), avrebbe scoperto che «quei manoscritti, quelle riflessioni del Che» non erano affatto «su fogli sparsi», e che tanto meno «non erano state scritte per essere pubblicate». Questa definizione si attaglia solo al Diario di Bolivia, che pure fu pubblicato subito. Molte altre pagine furono stampate già nel 1967 in un’edizione tirata in 200 copie riservate ai dirigenti, come si usava in Unione sovietica. Invece sia il bilancio del Congo, sia le critiche al «Manuale di economia politica dell’Accademia delle Scienze dell’Urss» erano state preparate già dallo stesso Guevara per la pubblicazione: il cosiddetto Diario del Congo ha aspettato 29 anni per essere pubblicato almeno incompleto grazie al coraggio di Paco Ignacio Taibo II, l’altro testo, il più importante, perché contiene giudizi severissimi sull’Urss, aspetta ancora la pubblicazione.
Minà assicura che la famiglia «ha il diritto di scegliere i modi, la struttura e i tempi di quelle pubblicazioni». Non è così. La decisione di darmi o non darmi da visionare e copiare testi, e in ogni caso il divieto di pubblicarli, era – a detta di Aleida March – del Consiglio di Stato e non della famiglia.
Vorrei che finalmente si aprisse un confronto sulla questione degli inediti, e sulle ragioni per cui si continuano a pubblicare diari giovanili del Che, quelli sicuramente non destinati alla pubblicazione e comunque privi di interesse politico, e a nascondere invece gli scritti sull’Urss e su Cuba del periodo della maturità del Che.
Minà ha attribuito a me e Massari una «preoccupazione» sulla provenienza politica dei dirigenti della Ocean Press a cui accennava l’intervistatore. Io avevo solo detto a Carioti che avevo conosciuto alcuni di loro quando erano nella Quarta Internazionale, ma li avevo persi di vista quando avevano scelto di diventare castristi incondizionati, pronti ad avallare perfino i processi politici per reati di opinione e le condanne a morte. Avevo però evitato di raccontare dettagliatamente al giornalista del Corriere che la redditizia vendita a Mondadori comportava anche un’operazione meno encomiabile: bloccare con cavilli giuridici discutibili un’antologia critica in due volumi sull’evoluzione del pensiero di Guevara che avevo curato ed era già in stampa. Non ne avevo voluto parlare col giornalista del Corriere (che non è il centro di una congiura contro Cuba, ma è pur sempre un giornale che può «usare» Guevara, come Repubblica, senza avere nulla a che vedere col suo lascito), ma sono pronto a un confronto pubblico (sulla base dei testi che è vietato pubblicare, e sono disposto a mostrare) con Minà, che proprio su questo tema ha svicolato ed evitato di rispondere.
*storico