Una Nato pronta a intervenire

Il generale Usa James Jones, comandante supremo alleato in Europa, ha tenuto ieri a battesimo, al quartier generale delle Forze alleate del Nord Europa (Afnorth), a Brunssum in Olanda, la nuova creatura della Nato: la Nato Response Force (Nrf). La sua nascita, ha detto, è «uno dei più importanti cambiamenti nell’Alleanza atlantica dalla firma del Trattato di Washington oltre 50 anni fa». La Nrf non sarà una forza permanente, ma sarà «conformata a seconda delle esigenze delle specifiche operazioni e in grado di trasferirsi rapidamente ovunque è necessario». Sarà costituita di corpi scelti, all’inizio 6 mila uomini prima di divenire pienamente operativa nel 2006, messi a disposizione con un meccanismo a rotazione dai paesi della Nato. Sostenuti da forze aeree e navali, essi saranno pronti ad essere proiettati in lontani teatri bellici nel giro di 5 giorni, sarà in grado di rimanervi per un mese senza essere rifornita e, se rifornita, per un tempo maggiore. La Nato Response Force, ha sottolineato Jones, «è di vitale importanza per affrontare le nuove e pericolosissime minacce del XXI secolo, che sono molto differenti da quelle della guerra fredda». Essa sarà dispiegata in diverse situazioni: per «una dimostrazione di forza allo scopo di scoraggiare un’aggressione»; per «la difesa collettiva in base all’articolo 5»; per «la gestione delle crisi e la stabilizzazione in base al non-articolo 5». Sarà soprattutto quest’ultima la missione della Nrf. Anch’essa è dunque frutto dell’operazione di ingegneria genetica compiuta al vertice di Washington dell’aprile 1999. Fu allora, durante la guerra contro la Jugoslavia, che – con il consenso dei governi europei (per l’Italia quello D’Alema) – la Nato venne radicalmente trasformata: da alleanza che, in base all’articolo 5 del trattato del 4 aprile 1949, impegnava i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che fosse stato attaccato nell’area nord-atlantica, essa è stata trasformata in alleanza che, in base al nuovo «concetto strategico», impegna i paesi membri anche a «condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza» (The Alliance’s Strategic Concept, 24/4/1999; Defence Capabilities Initiative, 25/4/1999). E’ così nata la Grande Nato che, dall’area atlantica, ha esteso le sue operazioni fin sulle montagne afghane. Ora, con la nuova forza, tale capacità sarà notevolmente potenziata: la Nrf viene ufficialmente definita «il centro della trasformazione della Nato».

In base a un meccanismo di rotazione, tra sei mesi il comando della Nato Response Force passerà dall’Afnorth all’Afsouth, ossia al quartier generale delle Forze alleate del sud Europa a Bagnoli (Napoli). Non che farà molta differenza: il bastone di comando passerà dalle mani del generale britannico Deverell a quelle dell’ammiraglio Usa Johnson. La Nrf sarà, nei fatti, inserita nella catena di comando del Pentagono, che deciderà come e dove impiegarla. Verranno così ad essere ulteriormente scavalcati, nei meccanismi decisionali, non solo i parlamenti ma gli stessi governi alleati. «Abbiamo bisogno non solo di forze agili, ma anche di agili meccanismi decisionali», ha chiarito il generale Jones (Independent, 2 agosto), specificando qual è il piano: «Creare una Nato a due livelli, che permetta all’Alleanza di andare avanti nelle operazioni senza la partecipazione di alcuni paesi, come la Germania, che hanno bisogno di un lungo iter parlamentare per lo spiegamento di truppe». In tal modo nessuno potrà bloccare l’intervento della Nato, come per la guerra contro l’Iraq. L’Italia farà parte del «primo livello», il gruppo di paesi che metteranno proprie forze a disposizione della Nrf, lasciando al comandante supremo alleato, un generale Usa, il diritto di decidere come e dove impiegarla. Vengono così ulteriormente smantellate le basi della nostra Costituzione, con l’assenso della maggioranza e il silenzio dell’opposizione.