Una micidiale «guida morale»

Nei giorni e nelle settimane precedenti le elezioni del 2000, l’«International Herald Tribune» riferiva compiaciuto delle difficoltà incontrate da Milosevic nello svolgimento della campagna elettorale: «Timoroso di essere assassinato, il cinquantottenne presidente appare raramente in pubblico e solo per pronunciare dinanzi ai suoi seguaci brevi discorsi sui mali del fascismo». Circa una settimana dopo, sullo stesso quotidiano un altro giornalista statunitense scriveva: non ci sarà pace nei Balcani «sino a quando Milosevic non viene tratto in inganno e colpito o trascinato via dal potere in una bara».

E ora spostiamoci in Medio Oriente. Sempre nel 2000 e sempre l’autorevole e distaccato «International Herald Tribune» annunciava giubilante: la Cia ha stanziato somme enormi «per trovare un generale o un colonnello che conficchi una pallottola nel cervello di Saddam» (cfr. D. Losurdo, Il linguaggio dell’Impero, pp. 4-5). Com’è noto, per conseguire l’obiettivo dell’eliminazione fisica di due capi di Stato non graditi o non più graditi, contro la Jugoslavia furono necessari una guerra e un colpo di Stato, contro l’Irak un embargo devastante e prolungato e poi una guerra.
Veniamo all’oggi. Il «Corriere della Sera» del 10 febbraio riporta le dichiarazioni di Elie Wiesel: «Se il presidente iraniano Ahmadinejad fosse assassinato, non verserei una sola lacrima». Perché non ci fossero dubbi sul significato reale delle sue dichiarazioni, Wiesel si è preoccupato di rilasciarle alla «Radio militare israeliana».
Ma è interessante leggere il commento della giornalista del «Corriere della Sera» (Alessandra Farkas), che riporta le dichiarazioni di Wiesel: «Mentre Teheran alza i toni dello scontro, minacciando direttamente i leader occidentali, lo scrittore e attivista sopravissuto alla Shoah non esita a proporsi come guida morale…»!