Una marea umana invade Donostia contro gli arresti dei dirigenti di LAB e Batasuna

Una mobilitazione massiccia e originale per la sua composizione ieri pomeriggio ha restituito il colpo, trasformando anche visivamente la lunga spiaggia della Concha in un boomerang umano. La suggestiva immagine è del quotidiano Gara che così racconta la grande manifestazione che ieri ha inondato di decine di migliaia di persone la città basca a pochi km dal confine francese (per i baschi dall’altra parte c’è Iparralde, il paese basco nord).
Una manifestazione che oltre al protagonismo delle tante organizzazioni politiche e sociali della sinistra indipendentista ha visto la presenza insperata di quel Partito Nazionalista basco che dopo la sconfitta alle ultime elezioni autonomiche resta immerso in una crisi di identità senza precedenti. Visibili in piazza anche dirigenti e militanti di altre forze politiche, dai socialdemocratici nazionalisti di Aralar ed Eusko Alkartasuna, alla sinistra moderata di Esker Batua (la sezione basca di Izquierda Unida), la scissione da EB Alternatiba Eraikitzen e quella da EA Hamaikabat.
E’ la prima massiccia risposta politica e popolare agli arresti decisi martedì scorso dalla magistratura spagnola – su input esplicito del premier Zapatero e del suo ministro dell’Interno – quando centinaia di poliziotti hanno letteralmente assaltato la sede nazionale del sindacato LAB proprio a Donostia arrestando uno dei portavoce storici della sinistra patriottica Arnaldo Otegi e altri dirigenti indipendentisti ma anche – ed è questo il salto di qualità nella repressione – alcuni alti dirigenti del sindacato della sinistra basca LAB. Tra questi l’ex segretario nazionale Rafa Diez, da poco sostituito dalla giovane Ainhoa Etxaide all’ultimo congresso di un’organizzazione che ha raccolto il 17% dei voti nelle ultime elezioni sindacali e che dalla sua fondazione negli anni ’70 non fa che crescere nei numeri e nella capacità egemonica. 9 arresti, martedì scorso, ai quali se ne sono aggiunti altri 7 poche ore prima che la manifestazione di ieri pomeriggio riportasse in piazza quel popolo che la sinistra indipendentista da anni danno per molto e sepolto, disperso dalla repressione selvaggia del governo di Madrid. A finire nelle galere di Zapatero e di Garzon sono stati altri 7 attivisti dei movimenti Askatasuna e Gestoras Pro Amnistia, inquisiti da anni perché considerati uno strumento di propaganda e di sostegno nelle mani dell’ETA.
A convocare la marcia popolare erano state mercoledì ben 7 sigle sindacali: intorno a LAB si è stretta la maggioranza sindacale basca, a partire dal sindacato più rappresentativo ELA, vicino al PNV ma da anni più interessato ad essere il motore di una soluzione politica del conflitto che a fare da cinghia di trasmissione del partito della borghesia basca. E poi sindacati di settore della scuola, dei trasporti, degli agricoltori, ecc. Un no alla repressione che in nome del teorema ‘tutto è ETA’ colpisce cerchi di attivisti e di dirigenti politici sempre più lontani da quelle organizzazioni che sono state messe fuori legge a partire da quando, 13 anni fa, Madrid ha cominciato la campagna di eliminazione fisica della sinistra patriottica basca. Una campagna che ha portato alla chiusura di quotidiani e settimanali, fondazioni e aziende cooperative, partiti politici e associazioni, movimenti giovanili, radio; e poi arresti e arresti e ancora arresti, centinaia di arresti di attivisti e militanti che con la lotta armata non hanno mai avuto niente a che fare. Otegi, Etxeberria, Diez e tutti gli altri sono finiti in manette perché considerati la nuova ‘cupula’ (come dicono i media iberici) del disciolto partito Batasuna. Che la sinistra patriottica continui ad operare nella società tentando di difendere i propri ideali e i propri valori Zapatero e i suoi magistrati lo sanno bene: solo pochi anni fa alcuni leader politici di governo e alcuni media a loro vicini accreditavano Arnaldo Otegi come un uomo di pace. Ma erano i tempi, quelli, di un negoziato tra governo ed Eta arrivato come non mai vicinissimo alla soluzione: la deposizione delle armi da parte della più antica organizzazione armata operante in Europa occidentale era a portata di mano. E in cambio il prezzo politico che le istituzioni spagnole avrebbero dovuto pagare era basso: niente indipendenza o riunificazione delle province basche (obiettivi che pure rimangono strategici per la sinistra abertzale, insieme al socialismo); solo un grado maggiore di autonomia e di autogoverno per i baschi insieme al riconoscimento esplicito, da parte di Madrid, che qualsiasi sia la decisione presa attraverso un processo democratico da tutti i cittadini baschi verrà rispettata dal governo centrale.
Evidentemente troppo per un governo socialista che di punto in bianco ha mandato tutto all’aria, interrompendo un negoziato costruito con fatica e con enorme senso di responsabilità dalla sinistra basca; da allora la repressione selvaggia ha ricominciato a colpire senza sosta non solo i vertici di Batasuna sbattendone in carcere l’intera direzione ma anche un’infinità di gruppi e ambienti spesso estranei alle organizzazioni indipendentiste ma colpevoli di ricercare insieme a queste una soluzione incruenta per il conflitto politico che oppone da secoli il popolo basco alle istituzioni spagnole.
Gli arresti di martedì, si diceva, rappresentano un salto di qualità che colpisce frontalmente per la prima volta anche il sindacato LAB. E questo segnale, a giudicare dalla marea umana che ha sfilato sabato pomeriggio per le vie di Donostia, non è passato inosservato ad un mondo politico basco preoccupato del fatto che un Zapatero in enorme difficoltà politica – stretto tra la crisi economica e l’aumento di consensi per il Partido Popular, che proprio sabato ha portato in piazza a Madrid qualche centinaia di migliaia di manifestanti contro l’aborto – possa utilizzare la repressione contro i baschi per recuperare qualche punto negli indici di gradimento.
La manifestazione di Donostia ha superato ogni previsione, non solo dei promotori ma anche del ministro degli Interni spagnolo che scuro in volto in serata ha dovuto riconoscere l’alto numero di adesioni. Anche i media spagnoli hanno dovuto ammettere la netta riuscita della risposta popolare agli arresti: l’agenzia Efe ha parlato di ‘manifestazione moltitudinaria”, El Mundo di «decine di migliaia di persone» con tanto di immagini incontestabili. Tutti dietro un unico striscione che recitava: “Per la libertà, tutti i diritti per tutte le persone”.
In piazza, oltre ai dirigenti politici e sindacali, anche tanti artisti, atleti, intellettuali, scrittori. Racconta davanti alle telecamere l’ex presidente dell’Athletic Bilbao José María Arrate: «Sono qui perché se questa assurda situazione si prolungherà finiremo come ai tempi di Franco. Prime di vedere i carri armati per le strade, bisognerà almeno far presente che noi non siamo d’accordo». Il ‘socialismo dei cittadini’ di Zapatero assomiglia sempre più ad uno stato di polizia sudamericano, con buona pace dei fans – anche italiani – che del premier hanno fatto una improbabile icona progressista.
I giudizi dei dirigenti politici che sfilano sembrano concordare su un fatto: gli arresti mirano a rendere impossibile il dialogo e un nuovo avvio del processo negoziale. Un vero e proprio sabotaggio, un tentativo di boicottaggio bello e buono della proposta di Batasuna, incarnata personalmente da Arnaldo Otegi, di costruire una alleanza per la sovranità che metta insieme forze politiche, sociali e sindacali disponibili a mettere da parte le proprie differenze per imporre a Madrid la soluzione negoziale del conflitto e il riconoscimento nei fatti del diritto all’autodeterminazione per i baschi. Spiega Jone Goirizelaia, storica esponente della sinistra basca: «Ci sono due strategie possibili e alternative: boicottare attraverso la repressione oppure continuare ad avanzare verso uno scenario democratico».
Mentre i giornalisti si accalcano per raccogliere le dichiarazioni dei politici la folla sfila ordinata e grida “Democrazia per il Paese Basco”, “Indipendenza”, “Libertà per gli arrestati”, “Il popolo non perdonerà” e poi lo storico “Jo Ta Ke, Irabazi Arte (Fino alla vittoria)”. Un altro slogan – “Non da Jon?” – ricorda la ripresa della guerra sporca degli apparati di sicurezza spagnoli e francesi contro i militanti indipendentisti. I manifestanti chiedono “Dov’è Jon?” in riferimento alla sparizione mesi fa di un militante dell’ETA sparito e mai più trovato in territorio francese e che secondo indiscrezioni provenienti dalle stesse forze di sicurezza sarebbe morto durante un interrogatorio illegale (vedi http://www.radiocittaperta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2281&Itemid=9).

Agli slogan in basco si aggiungono quelli in castigliano, in asturiano, in catalano, in galiziano: sono parecchie centinaia gli attivisti di varie organizzazioni di sinistra e patriottiche arrivati da ogni parte dello Stato Spagnolo a portare la loro solidarietà ai compagni baschi. Le bandiere delle organizzazioni sindacali e politiche degli altri territori iberici danno un tocco di colore al corteo che sfila per ore.
Quando la testa del lungo corteo raggiunge il Boulevard, la piazza centrale di Donostia, dal palco sono la segretaria generale di LAB Ainhoa Etxaide e quello di ELA Adolfo Muñoz, «Txiki» a leggere una dichiarazione congiunta in cui si afferma:
“Noi, sindacati che compongono la maggioranza sindacale basca, esigiamo la liberazione delle persone incarcerate a causa della loro attività politica, che non dovrebbe mai essere causa di arresto in un sistema democratico. Esigiamo la sospensione immediata della Legge dei Partiti. Questa legge non solo è ingiusta e sbagliata ma, e questo è ancora più grave, è stata creata e usata per tentare di eliminare una opzione politica e sociale. Ciò che lo Stato sta cercando di realizzare a partire dal patto antiterrorista 2001 sottoscritto nel dicembre del 2001 dal PP e dal PSOE è un genocidio politico in piena regola al quale occorre mettere fine. (…) Gli arresti dei dirigenti politici della sinistra abertzale ordinati dal giudice Baltasar Garzón il 13 ottobre costituiscono un atto di estrema gravità. Questi arresti possono essere spiegati solo come una decisone politica dello Stato Spagnolo di negare il diritto alla partecipazione politica a un settore della cittadinanza che professa determinate idee. (…) Noi che abbiamo convocato questa manifestazione vogliamo riaffermare il nostro impegno per una soluzione democratica del conflitto basco e per questo chiamiamo l’insieme della classe lavoratrice basca a raddoppiare gli sforzi”.

Mentre la coda del corteo non è ancora arrivata al Boulevard, decine di migliaia di pugni si alzano nell’aria sulle note dell’Internazionale e dell’Eusko Gudariak, l’inno del partigiano basco.
Mentre i poliziotti in tenuta antisommossa continuano la loro guerra senza quartiere contro le foto dei prigionieri politici affisse nei bar e nelle piazze di Euskal Herria, gli analisti dei maggiori quotidiani – anche italiani – scopiazzano le veline del ministero degli Interni spagnolo che parlano di una faida interna all’ETA e della sfiducia dell’organizzazione armata nei confronti della strategia politica di Batasuna e di Arnaldo Otegi in particolare. Ma basta trascorrere un pomeriggio a Donostia per rendersi conto che i conti non tornano…

Foto della manifestazione al link: http://www.elcorreodigital.com/vizcaya/multimedia/fotos/ultimos/45092-manifestacion-contra-arrestos-sebastian-0.html

Fonte: Radiocittaperta.it