Una lotta di tutti

Eravamo oltre cinquantamila a Roma, il 4 dicembre 2004, per rivendicare con forza la libertà e i diritti dei migranti. La manifestazione nazionale dello scorso anno è stato il chiaro segno di una crescita del movimento dei migranti, del loro protagonismo, di una capacità di farsi cittadini nella lotta. In questo paese e in Europa i migranti sperimentano condizioni di vita e di lavoro che sempre più riguardano tutti, nel segno di un processo di precarizzazione e impoverimento che si configura come il furto di ogni progetto di vita. Tutti in Italia hanno vissuto e continuano a vivere sulla propria pelle nuove forme di razzismo. Se le strutture architettoniche italiane non sempre assomigliano alle banlieue parigine, di certo, l’ingiustizia che ha portato alle rivolte mostra anche in Italia la sua faccia. Tutti sperimentano in Italia gli effetti della flessibilizzazione sfrenata imposta dalla legge Trenta sul mercato del lavoro, ma l’intreccio tra questa e la legge Bossi-Fini significa per i migranti non solo dover rinnovare i permessi sempre più spesso, trovandosi schiacciati in una gabbia burocratica fatta di attesa e umiliazione, ma anche rischiare ogni giorno di perdere quel documento che attesta il loro diritto di restare «a tempo determinato», di essere rinchiusi in un cpt, di essere espulsi. Con il legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, irrigidito dal «Contratto di soggiorno per lavoro» da stipulare con i padroni istituito lo scorso febbraio, la legge Bossi-Fini, in continuità con la Turco-Napolitano, rende i lavoratori migranti ricattabili producendo clandestinità. E con clandestinità non intendiamo solo la perdita dei documenti e la prospettiva della deportazione, ma anche la clandestinità politica, che obbliga a tacere per non perdere la possibilità di restare in questo paese. Lo scorso anno abbiamo dimostrato di non essere disposti ad accettare di restare in silenzio. Oggi saremo ancora in piazza a farci vedere e a farci sentire.

Ci saremo perché chiediamo il rilascio e il rinnovo immediati di tutti i permessi di soggiorno, la regolarizzazione permanente di tutti i migranti, una cittadinanza di residenza e il diritto di voto, e per chiedere con forza e senza disponibilità al compromesso l’abrogazione della legge Bossi-Fini, senza che si torni alla Turco-Napolitano. Saremo in piazza perché chiediamo la rottura netta del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro, la libertà di circolazione, la chiusura definitiva dei centri di permanenza temporanea e dei centri di identificazione. E con la chiusura di tutti i cpt, per la quale siamo scesi in strada lo scorso 22 ottobre a Bari e Gradisca, chiediamo la fine di tutte le espulsioni e gli accordi di riammissione, che coinvolgono anche i richiedenti e i rifugiati. Chiediamo una legge che li tuteli realmente. Faremo sentire la nostra voce per tutte queste cose che da tempo sappiamo che ci spettano e ci vengono negate. Così come il movimento di libertà dei migranti attraverso le frontiere non si lascia fermare dai fucili spianati a difendere le frontiere d’Europa a Ceuta e Melilla, o dalla militarizzazione dei mari, così la lotta dei migranti in questo paese e in Europa non intende lasciarsi fermare dalla criminalizzazione che i migranti subiscono, capri espiatori di una guerra che non ci appartiene ma ci riguarda, perché ne stiamo pagando e pagheremo i costi: non solo quelli della precarizzazione resa ogni giorno più pesante dall’aumento del prezzo del petrolio e dei prezzi, ma anche il prezzo più caro, quello delle vite che attraverso i fronti e le frontiere. Oggi faremo sentire la nostra voce contro la guerra e contro il pacchetto Pisanu, e per l’abrogazione di tutti i reati connessi alla clandestinità, così come l’amnistia-indulto per quei reati connessi alle legittime lotte di coloro che si sono opposti all’apertura e alla «gestione normale» dei centri di detenzione. Le nostre rivendicazioni non riguardano solo i migranti. Per questo devono diventare parole d’ordine comuni. Non si tratta più, e non solo, di solidarietà, ma di comprendere che le lotte di cui i migranti sono protagonisti riguardano tutti i lavoratori e le lavoratrici di questo paese, destinati a pagare il prezzo di un attacco che, attraverso i migranti, colpisce il lavoro nel suo complesso.

Aboubakar Soumahoro, Bazir Sene, Edda Pando, Gianni Boetto, Felice Mometti, Luca Fagiano