Una lista piena di ostacoli

Doccia fredda per il progetto di lista comune a sinistra della Spd, lanciato il 24 maggio da Oskar Lafontaine. Il socialista Gregor Gysi, a cui si rivolge l’appello dell’ex presidente della Spd, non crede che sia possibile farcela nel poco tempo a disposizione di qui al 18 settembre, data più probabile per le elezioni anticipate volute dal cancelliere Schröder. Le liste vanno presentate almeno 60 giorni prima delle elezioni. «Schröder ci ha colti di sorpresa», ha detto Gysi alla Berliner Zeitung: una nuova formazione politica non può decollare in tempi così stretti. Ciò non significa che il progetto sia morto: «La questione di come lavorare insieme continerà a porsi anche dopo le elezioni».

Già martedì, commentando a caldo l’annuncio di Lafontaine di scendere in campo con una lista di sinistra, Gysi aveva detto: «Bevenuto su liste aperte della Pds nella prossima campagna elettorale». Per quanto aperte, le liste resterebbero sotto il simbolo della Pds, e non è certo questa la soluzione migliore per Lafontaine. Come che sia, Gysi e Lafontaine si incontreranno lunedì prossimo per discuterne.

«Se si riuscisse a formare una lista comune, analoga a quella dell’Ulivo in Italia, sono pronto a parteciparvi», aveva detto Lafontaine martedì, annunciando la sua uscita dalla Spd. Ma il diritto elettorale in Germania è diverso dal nostro. Alleanze di diversi raggruppamenti non sono previste, perché consentirebbe alle formazioni minori di aggirare lo sbarramento del cinque per cento, vacca sacra del sistema tedesco.

Occorrerebbe una nuova sigla, un nuovo contenitore. E qui viene lo scetticismo del presidente del Partito del socialismo democratico, Lothar Bisky, pur convinto che occorra mettere insieme le forze della sinistra: «Dovremo almeno consultare i nostri iscritti, e non c’è il tempo per farlo». Una unione «va preparata bene. La serietà ha precedenza sulla velocità». Se stavolta non ci si riesce, «potremo riuscirci alla prossime elezioni».

Lafontaine e Gysi sono in Germania i due più brillanti e popolari critici del neoliberismo alla Schröder-Merkel: buona parte delle «riforme» dello stato sociale sono state relizzate di comune accordo dal cancelliere e dalla sua sfidante democristiana. La stampa tedesca è unanime nel ritenere che Gysi e Lafontaine, insieme, potrebbero facilmente superare il cinque per cento. Se riuscissero a farsi votare dai tanti elettori che si astengono perché non vedono un’alternativa tra Schröder e Merkel, potrebbero impedire una maggioranza parlamentare per il centro-destra. Ma il nodo della legge elettorale resta arduo da sciogliere.

Un ingresso nelle liste della Pds è problematico per la Wasg, l’Alternativa per il lavoro e la giustizia sociale, il raggruppamento di sindacalisti e ex-socialdemocratici che ha debuttato alle regionali in Nordreno-Vestfalia ottenendo il 2,2 per cento. «Sotto il simbolo della Pds non saremmo accettati a ovest», dice il presidente della Wasg, Klaus Ernst.

Di queste difficoltà si rende conto Gysi, che in una recente intervista ha ammesso il fallimento della Pds a ovest: «Non mi faccio più illusioni: nel futuro prevedibile non riusciremo a mettere radici a ovest. Lì la sinistra ha molte remore nei nostri confronti. Ancora adesso la Pds viene vista a ovest quasi come un partito straniero».