una guerra contro la Costituzione e contro l’Onu

Quella irachena è una guerra contro la Costituzione. Una guerra che vanifica, sprezzantemente, l’istanza pacifista posta tra i principi fondamentali della nostra Carta fondamentale. L’articolo 11 della Costituzione repubblicana afferma, infatti, solennemente che «L’Italia ripudia la guerra». Oggi dobbiamo, tuttavia, amaramente constatare che non è più così. Ad averlo impedito è il governo delle destre che ha consentito il reclutamento dell’Italia fra le trenta nazioni belligeranti (come abbiamo appreso da Colin Powell), ha offerto il proprio sostegno politico ai folli progetti di guerra suggellati con il patto delle Azzorre e ha, infine, posto a disposizione di Bush lo spazio aereo e le basi militari installate sul territorio nazionale.

Anche il governo italiano farà quindi la sua parte in questa nuova guerra, sebbene nel diligente e scrupoloso rispetto dei («limitati») compiti a suo tempo assegnatigli al di là dell’Atlantico. Il ringraziamento di Bush a Berlusconi (che ha, nel frattempo impegnato, anche il corpo degli alpini in delicate operazioni militari in Afghanistan) non è, quindi, di circostanza. E’ un ringraziamento sentito a un governo che pur di sostenere gli Usa e i suoi progetti egemonici non ha esitato a schierarsi contro il “cuore” dell’Europa (Germania e Francia) e contro la Costituzione del suo paese.

Gli elementi di violazione della legalità costituzionale sono evidenti:

a) Come si è già detto, l’articolo 11 della Costituzione italiana ripudia la guerra. Quando venne redatta tale disposizione, il costituente (al fine di scongiurare in futuro eventuali ed insidiose “interpretazioni di comodo” della norma) ritenne opportuno manifestare il rifiuto della guerra attraverso l’impiego di parole, il più possibile, incisive e chiare. Fino a preferire, alla poco efficace formula «rinuncia», il verbo «ripudia» proprio in considerazione del suo «accento energico» che «implica così la condanna come la rinunzia alla guerra» (Intervento dell’onorevole Meuccio Ruini, Assemblea Costituente, 24 marzo 1947).

Ne deriva, sulla base di tali premesse, che anche l’uso delle basi debba quindi ritenersi costituzionalmente illegittimo se finalizzato a «supportare» una guerra di aggressione.

Un ordinamento che rinuncia e condanna tutte le guerre di aggressione non può tollerare, in alcun modo, la concessione delle basi terrestri, il sorvolo dello spazio aereo nazionale, l’impiego di basi navali. Si tratterebbe, in ogni caso, di un sostegno attivo alla guerra.

Il ripetuto e ossessivo richiamo, da parte del governo, all’obbligo di concessione delle basi, che sarebbe sancito in accordi particolari siglati in ambito Nato, è privo di fondamento. Per una ragione innanzitutto: tali intese (palesi o secretate che siano) traggono la loro legittimità dal Trattato della Nato che, all’articolo 11, prevede espressamente che tutti gli accordi «saranno applicati dalle parti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali». Se così non fosse si tratterebbe, allora, di accordi illegittimi.

b) L’articolo 11 contiene un seconda istanza, funzionalmente, connessa al «ripudio della guerra»: la costruzione, a livello internazionale, di «un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Una formula, questa, che il costituente ha ricavato direttamente dalla Carta dell’Onu, da molti ritenuta la principale fonte di ispirazione dello stesso articolo 11 della Costituzione italiana.

Ma anche su questo piano gli elementi di violazione della legalità costituzionale non mancano: la guerra di Bush è una guerra contraria alla Carta delle Nazioni unite e a tutte le norme di «diritto internazionale generalmente riconosciute» alle quali «l’ordinamento giuridico italiano si conforma» (ex articolo 10 della Costituzione).

La successione degli eventi di queste ultime settimane è stupefacente. Così come stupefacente e senza precedenti è anche la spirale di strappi, sbreghi, rotture della legalità internazionale perpetrati dagli Stati uniti d’America. L’amministrazione americana, prima, punta a stravolgere (sotto il profilo materiale) le norme internazionali, tentando di “estorcere” al Consiglio di sicurezza un voto a favore di una guerra che la Carta dell’Onu geneticamente ripudia. Poi, preso atto del fallimento delle pressioni intimidatorie nei confronti di Germania e Francia (responsabile, quest’ultima, di aver addirittura minacciato il ricorso al veto) e degli scarsi risultati della estenuante campagna acquisti condotta in tutto il mondo (al fine di convertire, con offerte di denaro, alla causa della guerra gli altri membri del Consiglio) opta definitivamente per l’azione unilaterale.

Voltate le spalle all’Onu, i “tre delle Azzorre” decidono allora di muover guerra, assumendo quale fonte di legittimazione del loro intervento la risoluzione 1441 (argomentazione, questa, ampiamente ripresa dal presidente del Consiglio italiano nel corso delle sue comunicazioni al parlamento). Si tratta, tuttavia, di un’operazione fin troppo scoperta, di un evidente tentativo di mistificazione dei fatti che non regge alla prova del dato giuridico e della storia: il testo della 1441 riguardava esclusivamente i criteri e le modalità di svolgimento delle ispezioni in Iraq. E nient’altro.

La risoluzione si limitava, in particolare, a prevedere che una volta consegnati i rapporti da parte degli ispettori, avrebbe dovuto essere il Consiglio di sicurezza a monitorare i risultati e ad adottare le misure ritenute più adeguate al caso. E non l’amministrazione Bush.

A fronte di violazioni così gravi della legalità costituzionale e internazionale trincerarsi dietro gli astratti contorsionismi terminologici del recente passato non è più possibile. In occasione dei conflitti bellici dell’ultimo decennio abbiamo assistito all’impiego delle più stravaganti e controverse locuzioni giuridiche, tutte ostinatamente escogitate al fine di (tentare di) legittimare ciò che il nostro ordinamento costituzionale considera, in ogni caso, illegittimo: la guerra di aggressione.

Si è così parlato, con sconcertante disinvoltura, di spedizioni militari fuori dalla Costituzione (poiché implicanti una fattispecie estranea all’articolo 11) o anche di operazioni belliche fuori dell’Onu (perché sprovviste di una adeguata copertura giuridica da parte dell’Organizzazione).

La drammaticità del momento impone oggi, a tutti noi, maggiore chiarezza nel linguaggio, nelle parole, nelle scelte. Soprattutto a sinistra. La guerra scatenata da Bush in Medioriente ed esaltata da Berlusconi in parlamento non è – sia detto chiaramente – una guerra fuori dalla Costituzione e fuori dall’Onu, ma una guerra contro la Costituzione e contro l’Onu.