Prima una guerra di posizione, ognuno nella propria trincea, si chiami Prc o Pdci. Poi, quando le condizioni lo consentiranno «oggettivamente», si aprirà il fuoco sul quartier generale.
L’obiettivo: evitare che il simbolo «falce e martello», e con esso l’idea di un partito dichiaratamente comunista, «venga liquidato dall’operazione Cosa rossa». Anche perché, dicono i comunisti-comunisti, elettoralmente la falce e il martello non si possono abbandonare come se fosse un simbolo qualunque. Fin qui i dirigenti. Ma come in ogni storia che si rispetti, c’è anche un popolo che, fuori dal quartier generale, sventolerà il suo glorioso vessillo. Un po’ come accadde quando Occhetto annunciò la svolta del Pc, e gruppi di militanti accorsero a protestare con la bandiera rossa sotto
Botteghe Oscure. Oggi i militanti delle minoranze di Rifondazione saranno fuori del quartier generale di via del Policlinico e lo stesso faranno domenica alla Nuova Fiera di Roma dove si terrà a battesimo la Cosa arcobaleno. Anche lì sventolando la bandiera rossa. Oggi la minoranza dell’Ernesto si radunerà per dire no “senza se e senza ma” sia al governo che all’arcobaleno. Fosco Giannini la mette giù dura: «Il vaso è ormai colmo su tutti i fronti, dalla politica estera al welfare. Bisogna uscire dal governo e riavvicinarsi ai lavoratori e al popolo della pace». Lui, orgogliosamente leninista, nella Cosa rossa proprio non vuole andare: «È un soggetto governista, nasce complementare al Pd e rinuncia alle lotte sociali».
E soprattutto: «Falce e martello sono simboli irrinunciabili. Il martello rappresenta il movimento operaio. La felce quello contadino. Ma non solo. Hanno pure un valore filosofico: la falce, come diceva Lenin,
è il simbolo che taglia un mondo vecchio e ne apre uno nuovo. Una cosa ben diversa dai simboli vegetali o dai non simboli». E aggiunge: «Anche dal punto di vista elettorale il nostro è un consenso comunista e così si perde». Poi annuncia battaglia in vista del congresso:
«Questo gruppo dirigente ha fallito, per non ammettere le proprie responsabilità si è inventato questa storia della consultazione e ha pure rinviato il congresso».
Altro partito, stessi toni, sempre in nome di falce e martello. L’europarlamentare del Pdci Marco Rizzo sostiene: «L’elettorato che dovrebbe comporre questa formazione arcobaleno è, grosso modo, per l’80 per cento comunista Bastava andare aUarnanifestazione del 20 ottobre per rendersene conto. E una tesi originale che per tenere quell’elettorato e quel popolo il primo passo sia togliergli il simbolo. Se la scelta è definitiva io non sono d’accordo». E aggiunge: «Vedremo alle amministrative chi avrà ragione, ma spero che Diliberto si renda conto che bisogna costruire una sinistra anticapitalista e antiliberista con al centro un partito comunista. Anche perché che cos’è questa Cosa rossa? Manca un progetto, un’anima, un cuore».
Una ri-Rifondazione comunista? A tempi della svolta del Pc ex filosovietici, movimentisti, ingraiani si unirono attorno a un simbolo, a una parola e a una storia da tenere in vita e rifondare. Oggi, la ri-Rifondazione comunista presenta qualche elemento di somiglianza: su tutti, il meticciato politico dei protagonisti: leninisti, trotzkisti, comunisti d’antan, no global. Dice Rizzo: «Certo che ci incontriamo, ci sentiamo con molti compagni comunisti, ci conosciamo da una vita». Ma, per ora, in pochi pronunciano la parola scissione. Chi invece romperà subito è Salvatore Cannavo dell’area Sinistra critica, che sabato presenterà il suo movimento con Casarini, Bernocchi e Cre-maschi. Spiega: «A sinistra della Cosa arcobaleno deve esserci una sinistra incentrata sui movimenti». Ma soprattutto giura: «La falce e martello non scomparirà». Chi invece ha rotto da tempo col Prc e si prepara a fondare il Partito comunista dei lavoratori è Marco Ferrando che terrà il suo congresso a inizio gennaio e che, alle scorse amministrative, presentando un simbolo con una falce e martello con un mondo come sfondo ha preso l’uno per cento a Reggio Calabria, Ancona, Genova, Rieti. E afferma: «Per noi è un simbolo irrinunciabile, rappresenta le ragioni dei lavoratori e una prospettiva anticapitalista La necessità di toglierlo è di chi sta al governo e ha votato finanziarie di sacrifici e missioni militari».
E la ri-Rifondazione comunista? La convergenza tra l’area dell’Ernesto e l’area Rizzo del Pdci c’è (molti di loro, tra l’altro, erano con Cossutta ai tempi dello scioglimento del Pci), ma, per adesso, è ancora guerra è di posizione. Per adesso.