Una dozzina di domande

Un evento, imprevedibile e massimamente sanguinoso, come quello dell’11 settembre negli Usa, nelle menti forti può stimolare ragionamenti conclusi, che quadrino il cerchio, in altri, nella maggioranza, stimolano considerazioni sparse, occasionali, non organiche e spesso incoerenti. Provo ad elencarne, senza nessun ordine, alcune.

Uomini e tecnologia
1) Innanzitutto l’invincibile superiorità dell’uomo sulle tecniche. Mi dispiace per Emanuele Severino e per tanti altri idolatri della teknè, ma il fatto è che alcuni uomini, anche usando delle tecniche nemiche, hanno vinto la tecnica della più grande potenza tecnica. Va aggiunto che questa vittoria dell’uomo sulla tecnica, è costata la morte di migliaia di donne e uomini. Ma, come scriveva Salamon, “nessuna forma di immaginazione supera negli uomini quella del male”. Aggiunta prosastica: è più facile e meno faticoso fare il male piuttosto che il bene”. Alcuni pensano che quella del peccato originale non sia poi una cattiva invenzione. In ogni caso pare ormai certo che la credenza nell’immortalità dell’anima incoraggia il terrorismo suicida.
2) Un dato di novità assoluta: la vulnerabilità degli Usa, nel loro sancta, sanctorum, il Pentagono e il World Trade Center. Pearl Harbor era ed è nella Hawaii. La strategia del terrorismo provoca l’obsolescenza prenatale dello scudo spaziale, che però rimane vitale per il famoso complesso industriale militare, una sorta di keynesismo primigenio. Oppure c’è un ritorno alla economia dell’arsenale, che insieme con il commercio era un fondamento della gloriosa repubblica di Venezia? Il guaio è che l’exploit terroristico avrà certamente effetti imitativi: “si può fare” si diranno in molti circoli terroristici. Qualcuno, parafrasando Clausevitz, potrà dire: “il terrorismo è la continuazione della guerra con altri mezzi”. In effetti forse siamo a una sospensione delle guerre interstatali, ma chissà se è meglio?

Terrore e rappresaglia
3) Ventimila civili ammazzati sono molti. C’è una reazione umanitaria (non lontana parente delle guerre umanitarie) che porta a un trionfo dell’ipocrisia: moltissimi che in cuor loro sono contenti della ferita inferta agli Usa, piangono ettolitri di lacrime per le vittime e in questo modo si mettono sotto l’ombrello della potenza Usa. Pensiamo alle sinistre europee e italiane. L’altra novità è che ormai muoiono più americani in pace che in guerra. Altra novità: per la prima volta i cittadini Usa hanno i bombardamenti sulle loro case. Qualcuno si ricorda del Napalm in Vietnam o dell’incendio di Dresda, o di Hiroshima a guerra quasi conclusa? Un incidentale ricorso della storia? Forse.
4) La risposta, o rappresaglia, è inevitabile e non solo perché l’ha promesso Bush. Ne va dell’onore del paese, e l’onore è machista. Ma come e quale rappresaglia? Ai tempi di Pearl Harbor era facile, tanto che qualcuno pensò che quel disastro fosse stato favorito dallo stesso Roosevelt, per convincere i suoi concittadini a combattere il fascismo. Questa volta, però non c’è il Giappone, uno stato con una bandiera. E allora che fare? Un abuso di potere con il bombardamento di qualche paese supposto amico dei terroristi oppure una geniale azione di commandos? Ma come non ricordare la disastrosa im presa di Carter quando mandò i suoi corpi scelti per liberare gli ostaggi dell’ambasciata americana a Teheran imprigionati dai fondamentalisti iraniani. Quando la guerra tradizionale non è possibile, la rappresaglia – necessaria all’onore degli Usa – diventa difficile e pericolosa.
5) Se il profitto favorisse il terrorismo: le colpe dell’outsourcing. Le imprese, pubbliche e private, debbono stare sul mercato e fare profitti. Bisogna risparmiare sul costo del lavoro; lo si appalta ad altre imprese che, a loro volta subappaltano. Questo è accaduto, accade, per i controllori dei varchi negli aeroporti Usa: il risparmio sul costo del lavoro ha aperto le porte alle infiltrazioni terroristiche. Risparmiare è pericoloso, ma, forse, sarebbe ancora più pericolosa la probabile militarizzazione degli aeroporti e della nostra vita civile.
6) Stiamo facendo propaganda al fondamentalismo islamico. I fondamentalisti che si uccidono, guidando un aereo supermoderno, che si abbatte sulle torri gemelle e sul pentagono diventano eroi, superman, nell’immaginario di tanti giovani musulmani e non solo. E poi non si tratta solo di musulmani, anche i latini dicevano che era giusto e onorevole morire per la patria. Per chi ci crede la religione è molto più importante della patria, anche nella civiltà cristiana ci sono i santi martiri, anche se è vero che i santi martiri cristiani non ammazzavano nessuno, o almeno così si tramanda, ma come si sa l’eroismo non ha confini.

Religione e politica
7) Se le cose stanno a questo modo dovremmo assistere a un grande rilancio delle vendite del libro di Huntington, sullo scontro tra le civiltà. L’Islam è il nuovo grande nemico: prepariamo le crociate.
8) Morta o in stato di catalessi la politica e le ideologie terrene siamo al grande ritorno delle religioni e soprattutto della meno antica delle religioni monoteiste: la più moderna, quella dell’Islam. Le religioni non sono più l’oppio, bensì la cocaina dei popoli e degli individui: le guerre di religione non saranno più l’arretratezza bensì la modernità. E l’Islam ha il vantaggio rispetto ai cristiani e agli ebrei di essere la religione degli oppressi. I vescovi italiani hanno manifestato più di una preoccupazione, o piuttosto, paura.
9) Il ritorno dell’individualismo, nella crisi dei partiti e della governabilità mondiale, stimola il terrorismo di piccoli gruppi fortemente ideologizzati. Le società segrete, i gruppi massonici, che fiorirono dopo la caduta di Napoleone hanno qualche analogia con il presente.
La Santa Alleanza, nata dal congresso di Vienna, fu oppressiva, ma non riuscì a essere un governo mondiale e fiorirono congiure, attentati etc. Qualcosa di simile furono gli anarchici nella Belle Epoque. Adesso nel fiorire dei consumi e dello scetticismo mondano, siamo a un’altra Belle Epoque?
10) L’economia e gli affari si fondano sulle aspettative. Quando c’è paura, come oggi, le aspettative non sono buone e gli affari languono, le borse sono in caduta e resuscita l’oro: il più sicuro bene rifugio quando si deve fuggire in fretta. Negli Usa la violenta aggressione terroristica ha messo in crisi i gruppi pacifisti. Il centro più pacifista è oggi costituito dalla comunità degli affari che teme le possibili avventure militari e il regime di controlli e limitazioni delle libertà di commercio che ne potranno derivare. Ovviamente con l’eccezione del vecchio complesso industriale militare.

Cesura epocale?
11) In molti, in questi giorni, pensano che la giornata dell’11 settembre segni una cesura epocale. Non mi convince. La caduta del muro di Berlino ha fatto meno vittime della caduta delle due torri gemelle, ma è il muro di Berlino che segna l’inizio di una fase di pericoloso disordine mondiale: senza un bilanciamento dei poteri e neppure un governo che governi. La giornata dell’undici settembre segna soltanto un salto, forse di qualità, del disordine apertosi allora.
12) E’ singolare. Tutti piangono, accusano, propongono, risposte, ma nessuno si chiede perché è accaduto quel che è accaduto. Come se intorno a un malato, con la febbre alta e in pericolo di vita, ci fosse una folla di amici e parenti che piangono e confortano e promettono vendette e, anche una torma di medici, che propina medicamenti di tutti i tipi e nessuno che cerchi di individuare la causa della febbre.