“Un programma della Sinistra Alternativa con le condizioni minime per un’alleanza di governo”
Nell’intervista al Corriere della Sera D’Alema ha invocato una politica economica «rigorosa», che si attenga scrupolosamente ai dettami di Maastricht, e ha detto di volere una legge elettorale che abolisca la quota proporzionale del 25% e riservi alle forze politiche minori una «presenza pur minima in Parlamento». In un convegno di operatori delle scuole cattoliche Rutelli ha proposto di mettere a carico dello Stato «il corpo docente delle scuole paritarie» (cioè private). Alla manifestazione di Milano Prodi ha corretto recenti esternazioni in materia fiscale (non ha più detto che le entrate dovrebbero ridurre il «costo del lavoro») ma in compenso ha ribadito che ci occorre «una ventata di concorrenza» (quindi altre privatizzazioni) e ha anche celebrato l’Europa «che ha esportato ed esporta la democrazia». Certo, ha inteso farlo in polemica con Bush, ma la cosa resta assai poco tranquillizzante, considerato che pochi mesi fa un suo documento rivendicava con orgoglio la guerra in Kosovo.
Sono soltanto gli ultimi episodi. Chiediamoci: ne viene avvalorata l’idea che il centrosinistra abbia rivisto criticamente l’esperienza degli anni Novanta e si sia spostato a sinistra? O non si dimostra vero piuttosto il contrario, cioè che le forze moderate dell’Ulivo rimangono fedeli al progetto della «modernizzazione neoliberista» (e forse anche all’ideologia delle «guerre umanitarie»), per cui è assolutamente urgente un confronto con queste forze per verificare se è possibile un compromesso programmatico soddisfacente in vista di un eventuale accordo di governo?
Non è utopistico pensare che lo si possa raggiungere. C’è almeno il 15% dell’elettorato nazionale (quanti si riconoscono nei partiti della sinistra di alternativa e nella sinistra Ds) che chiede di cambiare strada. C’è tanta parte del Paese (quanti in questi anni hanno manifestato contro la guerra, contro la precarietà e la rapina dei salari, contro i misfatti del neoliberismo e la vergogna delle «riforme» berlusconiane) che pretende pace, salari e stipendi dignitosi, sicurezza del lavoro e dei diritti sociali, rispetto della Costituzione. Si tratta di far pesare queste istanze, cominciando con lo scrivere un programma minimo della sinistra di alternativa che fissi alcune condizioni per la costruzione di un’alleanza di governo. Questo si dovrebbe fare, subito. Anzi, lo si sarebbe dovuto fare già da tempo, tanto più che le elezioni possono arrivare anche molto prima del 2006. Invece, inspiegabilmente, non lo si fa.
Si preferisce discutere di «primarie» (mostrando di ignorare che uccidono la partecipazione e distruggono i partiti), si chiacchiera di «grandi alleanze» (guardandosi bene dal chiarire in vista di che cosa dovrebbero prendere vita), ci si inchina al cospetto di un «leader» (prima ancora di chiedergli verso dove intenderebbe guidarci). Da ultimo, anche il segretario della Fiom Gianni Rinaldini ha lamentato che il dibattito sul programma sia tuttora «inesistente», chiedendo pure lui – come noi – che alcune «questioni precise» vengano poste al centro del confronto tra le opposizioni. Gli si risponderà che sbaglia nel credere all’importanza di precisi impegni programmatici?
Sappiamo tutti qual è il vero problema. Le divergenze tra le forze di opposizione sono tali da far temere, soprattutto ai partiti minori, che non si riesca a scrivere un programma comune soddisfacente. Ma le difficoltà non scompaiono fingendo che non esistano. Ignorandole, si rischia solo di doverle affrontare quando non c’è più tempo per cercare soluzioni adeguate. Allora diciamo subito agli altri partiti, con molta chiarezza, che cosa vuole Rifondazione Comunista: no a qualsiasi guerra; una nuova scala mobile; la cancellazione delle controriforme della destra; una legge per la democrazia nei luoghi di lavoro e misure concrete per l’occupazione e il Mezzogiorno. Questo si attendono da noi i movimenti e tutto il «popolo della sinistra»: deluderli sarebbe, oltre che irresponsabile, del tutto irragionevole.
Alberto Burgio