Un percorso difficile, ma necessario

Mi pare che le coordinate fondamentali che leggo nella proposta di Fausto Bertinotti individuino un modo giusto d’agire nel quadro di un realismo sulle alleanze politiche, che per Rifondazione Comunista è necessario. Ma proprio perché questo è un passaggio difficile, occorre il massimo di rispetto e comprensione per ogni dubbio, per ogni dissenso: mai come ora c’è bisogno di tutte le forze.

Non c’è ragionamento politico che possa sottrarre il nostro partito oggi ad un accordo con il centro-sinistra. I guasti del governo Berlusconi, il disgusto per lo schieramento di destra e soprattutto verso chi lo guida, prevalgono su tutto. Chi volesse sottrarsi a questa priorità morale e politica verrebbe travolto. Per questo non è riproducibile oggi la politica del ’98. Allora si rompeva giustamente con l’impantanamento moderato del centro-sinistra di governo. Ora si romperebbe il fronte dell’opposizione. Non è la stessa cosa. Per questo perde consenso chi si sottrae a questa priorità “da sinistra” o da “destra”, come oggi fanno Rutelli, i centristi, la Cisl.

Se l’efficacia dell’alternativa a Berlusconi è il terreno stesso della competizione nello schieramento d’opposizione, allora è qui che bisogna provare a modificare rapporti di forza consolidati. Far partecipare il popolo che sostiene l’opposizione alle decisioni di questa, è il modo migliore per tentare di sottrarsi all’obbligo del compromesso al ribasso e di vertice sotto la spinta del no a Berlusconi.

Nel passato questa spinta è stata adoperata dalle forze moderate del centro-sinistra contro Rifondazione e tutte le forze della sinistra radicale. Dare ora a questa stessa spinta la possibilità di incidere nelle scelte di merito dell’opposizione, sottrarla così alla strumentalizzazione moderata, a me pare una scelta giusta.

Tuttavia, perseguire con rigore questa scelta significa sottoporla ad almeno 3 condizioni. Per chiarirle utilizzo l’esempio dell’esperienza della Fiom sulla democrazia sindacale, esempio per altro assai utilizzato in questa discussione.

Va prima di tutto chiarito cosa può essere sottoposto alla consultazione e alla disciplina che inevitabilmente ne consegue, visto che sarebbe poco serio dire votate, ma poi io faccio quello che mi pare. La Fiom ha deciso che i licenziamenti non possono essere sottoposti a referendum. Su questa materia non si vota perché non c’è decisione a maggioranza democratica che possa imporre, a chi rischia di perderlo, la rinuncia al posto di lavoro.

Credo che il ripudio della guerra costituisca, allo stesso modo, un valore indisponibile. Nessuna maggioranza, nemmeno quella di una consultazione popolare, può impormi di dire di sì ad una guerra. Nessuna maggioranza può impedirmi di lottare contro un governo che partecipi ad una guerra. Su questo non si vota, anzi è utile che Rifondazione chiarisca fin d’ora alle altre forze politiche che qui non vi sono mediazioni possibili. Se siamo d’accordo sul fatto di ritirare le truppe dall’Iraq, bene. Ma non si possono ripetere, almeno con il nostro consenso, avventure come quella del Kosovo. Se il centro-sinistra al governo ci facesse trovare di fronte a quella che Cgil Cisl e Uil allora chiamarono “contingente necessità”, si deve rompere. Può essere che non si arrivi più a passaggi di quel genere, e che l’evoluzione della politica internazionale costringa il centro-sinistra ad una politica pacifista magari non esplicitamente dichiarata. In quel caso Rifondazione comunista può a mio avviso tentare l’esperienza di governo. Ma deve essere chiaro fin d’ora, a tutti i possibili alleati, agli stessi elettori, che Rifondazione assume su di sé una pregiudiziale pacifista che non impone agli altri, ma che assume come vincolo per la propria partecipazione al governo. Una volta affermato questo principio non mediabile, credo si possa affrontare la via della consultazione democratica nella costruzione del programma. Qui si pone però la questione delle regole del gioco. Per la Fiom conta il voto segreto delle lavoratrici e dei lavoratori interessati, nessun’altra sede democratica pesa allo stesso modo. Cosa potrebbe definire l’equivalente nei rapporti tra le forze d’opposizione? Solo un corpo elettorale di cittadini sostenitori dello schieramento alternativo alla destra. Ma come si fa? E’ chiaro, con adesioni volontarie. Ci vuole un periodo di tempo nel quale ci si iscrive al “corpo elettorale” dell’opposizione. La cosa non può sembrare astrusa. Al contrario una campagna per la partecipazione alla consultazione indetta dal centro-sinistra e Rifondazione potrebbe costituire un grande momento di mobilitazione, oltre che un’innovazione democratica nella pratica politica.

Naturalmente questa consultazione segnerebbe l’inizio e la fine del confronto politico sul programma. In mezzo ci dovrebbe essere un’assemblea delle forze politiche, la più aperta e plurale possibile, alla quale affidare il compito di definire punti comuni e anche ipotesi alternative da sottoporre alla consultazione. Non penso che i movimenti, il movimento sindacale in particolare potrebbero partecipare in quanto tali a questa assemblea. Ma certamente, nella propria autonomia, potrebbero interloquire nella formulazione delle scelte.

A questo punto si pone però la terza questione. Che valore dare a questo percorso democratico? Per essere ancora più chiari: fino a che punto la democrazia è condizione dell’unità? La Fiom ha scelto la democrazia come priorità assoluta, Rifondazione potrebbe fare lo stesso nell’opposizione? Fino al punto di vincolare un accordo di governo alla consultazione democratica? A me pare che qui emerga una differenza e un problema non risolto. Per dirlo brutalmente, la Fiom può provare a fare da sola e costruire così rapporti di forza più favorevoli. Sappiamo che anche su questo per altro si è aperta una discussione nella Cgil. Rifondazione però oggi all’accordo per battere Berlusconi non può sottrarsi. Che fare allora?

La mia conclusione è che ora è necessario rompere ogni indugio nella lotta politica per costruire il programma alternativo a Berlusconi.

Dalla legge 30 alle pensioni, alla Bossi-Fini, alla Moratti e al federalismo; dalle politiche industriali ed economiche a quelle per la redistribuzione del reddito e della democrazia, dalla riconquista del salario a quella dei diritti, bisogna mettere in campo ciò che si vuole, senza paura di un confronto anche duro con il “riformismo” neo-centrista. L’autunno di conflitti che si prepara deve essere anche il momento dell’elaborazione programmatica e della lotta attorno ad essa dello schieramento più vasto e determinato possibile. Se non ci sarà un accordo sulla consultazione democratica, allora il confronto programmatico nell’opposizione a Berlusconi deve comunque uscire dal confino politicista e mediatico ove lo si vuole relegare. Occorre comunque organizzare mobilitazioni, partecipazione e protagonismo nelle scelte dell’opposizione.

Ma qui incontriamo anche le difficoltà di Rifondazione. Le coordinate d’azione un poco togliattiane, realismo e movimento, proposte da Fausto Bertinotti richiedono un partito in grado di praticare con astuzia la lotta politica di massa nella società e nelle istituzioni. E qui mi fermo, questo dovrebbe essere uno dei temi centrali del prossimo congresso.

Giorgio Cremaschi