Un partner modello per Hillary

Non è un segreto: Hillary ha un partner. Non è una vendetta a scoppio ritardato per le scappatelle di Bill. Il partner la Clinton se lo è scelto nella sua veste di segretaria di stato. Si chiama Hamad bin Isa Al Khalifa. E’ il re del Bahrain, dove gli Usa hanno il quartier generale delle forze navali impegnate nelle guerre in Iraq e Afghanistan e nella preparazione di quella contro l’Iran, da cui il Bahrain dista solo 200 km. Il 3 dicembre 2010, a Manama, Hillary lo ha definito «un partner modello», congratulandosi per le elezioni da lui generosamente concesse al popolo. Non diceva però che, nella monarchia ereditaria del Bahrain formalmente costituzionale, è sempre il sovrano a esercitare la funzione di capo di stato, a nominare il primo ministro, il consiglio dei ministri e la camera alta del parlamento. La camera bassa viene eletta (senza che siano presenti osservatori internazionali), ma i poteri del parlamento sono praticamente nulli e i partiti fuorilegge. Le altre cariche, tipo quella di capo delle forze armate attribuita per diritto al principe ereditario, sono quasi tutte distribuite all’interno della famiglia reale, appartenente alla minoranza musulmana sunnita, che si spartisce i profitti del petrolio e gas naturale e guadagna dalla presenza in Bahrain di oltre 370 banche offshore e 65 multinazionali statunitensi. Il reddito nazionale supera i 25mila dollari su base procapite, ma la sua distribuzione è estremamente ineguale e, su un milione di abitanti, quasi la metà è composta da lavoratori stranieri privi di cittadinanza. Non c’è quindi da stupirsi se, tre mesi dopo che la Clinton si è detta «impressionata dall’impegno con cui il governo del Bahrain procede sulla via democratica», l’opposizione sia scesa in piazza per rivendicare in modo pacifico i più elementari diritti democratici. La risposta del sovrano illuminato è stata quella di inviare autoblindo, con sopra il suo augusto ritratto, che hanno sparato sui manifestanti. Ma, nonostante che le sue forze di sicurezza abbiano assaltato anche gli ospedali dove erano stati ricoverati i feriti, le manifestazioni sono continuate. Re Hamad ha allora chiesto aiuto ai sovrani di Arabia Saudita, Emirati e Qatar che, in marzo, hanno inviato truppe in Bahrain. E mentre la Clinton e il presidente Obama raccomandavano «la massima moderazione» verso i manifestanti, le forze di re Hamad li attaccavano con le nuove armi da assalto ricevute dagli Usa nel quadro di una nuova fornitura militare da 200 milioni di dollari. È stata una nube passeggera quella che ha offuscato i rapporti tra i due partner. Il 1° giugno il Bahrain ha posto formalmente fine alla legge marziale, in vigore da 13 settimane. Il 7 giugno, Hillary Clinton ha ricevuto a Washington il principe ereditario Al-Khalifa, ribadendo che «il Bahrain è un partner decisivo per gli Usa». Due giorni fa, il 13 giugno, la Clinton ha di nuovo accusato Gheddafi di essere restato al potere troppo a lungo e non aver permesso reali elezioni democratiche, e ha ribadito che la comunità internazionale ha dovuto intervenire militarmente in Libia per evitare un massacro e proteggere i civili. In quello stesso momento nel Bahrain le forze del «partner modello» attaccavano – riporta il New York Times – pacifiche dimostrazioni in oltre venti villaggi, soffocandole nel sangue.