Un paese di pezzenti

Il 2003, terzo anno dell’era Berlusconi, è stato terribile per il fisco a stare ai numeri diffusi ieri ministero dell’economia e delle finanze: per colpa di quel governo amico dell’evasione fiscale il fisco è rimasto a bocca sciutta. Ogni anno l’Istat ci dà il quadro della povertà in Italia. Per il 2004 ci ha racontato di 7,4 milioni di persone nell’indigenza. I dati del ministero dell’economia indicano una situazione molto più grave: usando gli stessi criteri Istat la popolazione povera sarebbe il doppio. Ma è solo apparenza: milioni di italiani hanno frodato il fisco con la garanzia che l’indulto (i condoni) arriva e senza bisogno di una maggioranza dei due terzi dei parlamentari.
Anche se alcune forme di reddito sfuggono alla rilevazione fiscale il quadro che emerge è lo stesso sconcertante e disegna un paese che assomiglia a un bengodi. Ovviamente per gli evasari fiscali. Un paio di cifre: lo 0,90% dei contribuenti ha denunciato meno di zero, cioè di essere creditore con il fisco; il 26,16% dei quasi 40,6 milioni delle persone fisiche ha denunciato meno di 6 mila euro l’anno e quasi la metà giura di avere redditi inferiori ai 10.331 euro l’anno, circa 20 milioni di lire. Ma i ricchi dove sono? Apparentemente non esistono: solo lo 0,86% dei contribuenti (meno di quelli che non hanno denunciato redditi) sostiene che nel 2003 ha guadagnato più di 90 mila euro; eppena lo 0,14% oltre 200 mila euro. Esclusa la sterminata famiglia Agnelli e pochi altri, i ricchi (fiscali) in Italia sono merce rara.
Cifre da pezzenti che fanno a pugni con i dati sulle immatricolazioni di auto di lusso, di fuoristrada, di aeri privati, di ville prestigiose sparse in Sardegna e in altri paradisi di tutto il mondo, compresi quelli fiscali nei quali, un bel po’ di italiani seguitano a nascondere la loro «robba». D’altra parte perché meravigliasi di queste cifre se un ex presidente del consiglio per 5 anni ha fatto l’elogio dell’evasione fiscale? Perché scandalizzarsi visto che l’ex superministro dell’economia ha varato decine di condoni più o meno tombali per mettere una bella pietra sopra un evasione ogni anno più pervasiva? Tremonti parecchi anni fa scrisse un bel saggio titolato «evasori e tartassati». Denunciava le mostruosità del sistema fiscale italiano e esaltava i vantaggi di un fisco semplice e in grado di far pagare tutti, magari un po’ di meno. Purtroppo l’Italia oggi è ancora un paese di «evasori e tartassati». E negli ultimi anni la politica fiscale ha finito per tartassare ancora di più i già tartassati: per il lavoratori dipendenti, che le tasse le pagano tutte e subito, il reddito reale è diminuito, per il lavoro autonomo è aumentato.
Forse c’è un po’ di demagogia nell’affermare che milioni di italiani non arrivano alla fine del mese: demagogia in quanto per le classi subalterne è stato sempre così, anche negli anni del miracolo economico. E anche oggi decine di milioni di persone sono costrette a indebitarsi, mentre c’è chi scialacqua senza ritegno. Tra poco più di un mese saremo nel pieno del dibattito sulla finanziaria: le cifre di ieri mostrano con chiarezza in quale direzione deve andare la politica economica. Equità fiscale, sostegno ai redditi più bassi e difesa del welfare a questo punto sono obiettivi necessari. Se, come non speriamo, si punterà a colpire solo i già tartassati, sarà meglio che questo governo faccia le valigie. Come diceva Totò, non si può seguitare a essere «cornuti e mazziati».