Un Nobel, due Onu

A quale Onu hanno dato il Nobel della Pace? A quel Palazzo di vetro vuoto di potere reale, nelle mani dei potenti della terra rannicchiati nel Consiglio di sicurezza, incapace d’istituire una Corte internazionale sui crimini di guerra grazie agli Stati uniti? A quell’Onu che ha visto i fondi americani, dopo dieci anni di morosità, consegnati solo in parte, poche ore prima che partissero i raid? O all’Onu che nelle sue ultime due risoluzioni “autorizza l’uso della forza” ma non s’interroga sul fatto che gli Stati uniti stanno traducendo questo concetto in una guerra di lunga durata, né si domanda se una guerra di bombardamenti sarà utile a sconfiggere il terrorismo – che non ha mai definito, altrimenti la “lista” sarebbe chilometrica – e non produrrà invece altre vittime innocenti che lo alimenteranno?
Oppure il Nobel della pace è andato all’Onu dell’Agenzia per lo sminamento di Kabul colpita dai bombardamenti di “Libertà duratura”, ai funzionari dell’Unicef minacciati in Pakistan dall’ira dei fondamentalisti islamici, ai funzionari della Fao che aggiornano ogni mese il numero dei morti per malattia e miseria nell’Iraq sotto embargo della stessa Onu (siamo a un milione e mezzo di vittime). A quei funzionari dell’Unrwa che ancora aiutano i campi profughi palestinesi sotto il fuoco dei carri armati israeliani e ormai più senza finanziamenti. Già, la Palestina. E’ certo che la soluzione di quel nodo ormai epocale può venire solo dal ruolo delle Nazioni unite. Ma quale Onu ha deciso d’imporre sanzioni a chi non rispettava le sue risoluzioni, tacendo sul disprezzo mostrato da Israele per il voto del Consiglio di sicurezza che ha sancito due volte, solennemente, il ritiro dell’occupante dai Territori palestinesi?
Il dolore per l’attacco terroristico e per le vittime dei bombardamenti angloamericani si associa anche a quello per la devastazione dell’Onu, che dura ormai da almeno dieci anni. Dieci anni di guerre del “nuovo ordine mondiale” dopo il crollo del Muro. La guerra del Golfo vide l’uscita di scena di Perez De Cuellar che denunciò che a decidere l’attacco non fu realmente una risoluzione Onu. L’intervento in Somalia prima, e la guerra in Bosnia poi,decretarono la cacciata da parte degli Stati uniti di Boutros-Ghali. Poi la Nato seppellì quel che restava con la guerra jugoslava.
Il filo-americano Kofi Annan, senza mai indicare le responsabilità occidentali dietro i massacri del Ruanda, ha solo avuto il coraggio di ricordare che senza fondi gli stipendi dei funzionari sono stati pagati con i capitoli di spesa del peace-keeping. Vale a dire, la mediazione dell’Onu è tragicamente impossibile e se c’è è una farsa subordinata a logiche di guerra locali attivate da interessi globali delle multinazionali, come insegna l’Africa.
Che fine ha fatto lo “sconcerto” di Kofi Annan al secondo giorno di bombardamenti angloamericani sull’Afghanistan, quando Bush ha annunciato che le operazioni si estenderanno ad altri paesi? E’ stato premiato lo stupore critico e spontaneo o il successivo silenzio? Eppure è lo stesso Kofi Annan che ha collaborato e aiutato il regime dei talebani a Kabul nell’incredibile chiave di “lotta alla droga”. A chi hanno dato il premio Nobel? A chi aiuta a scaraventare tonnellate di bombe, o a chi, come la responsabile delle Nazioni unite per i diritti umani, Mary Robinson, chiede che i raid si fermino per un corridoio umanitario che consegni aiuti ai disperati?
O è questo Nobel il trionfo dell’ambiguità occidentale, rassegnata all’inesistenza delle Nazioni unite, convinta ormai che la Carta dell’Onu – che non include l’automatico ricorso alle armi nel “diritto di autotutela” – va semplicemente stracciata? Un premio alle agenzie collegate all’Onu che denunciano l’ineguaglianza delle possibilità di vita nel mondo, o a chi impotente e strabico consente – quasi a dire “se vuoi la pace, permetti la guerra” – che dallo stesso aereo vengano gettati missili e razioni alimentari?