Il testo integrale della dichiarazione di voto pronunciata a Montecitorio dal segretario di Rifondazione comunista:
FAUSTO BERTINOTTI
Signor presidente, onorevoli colleghi, la guerra sta precipitando ed è una scelta esclusiva dell’amministrazione Bush. Nulla, neanche i crimini, la giustificano. Il re è nudo e, del resto, mai il governo degli Stati Uniti d’America è stato così impopolare nel mondo. Mai è stata compiuta una scelta che rischia di essere così distruttiva nell’oggi e nel domani dell’umanità e della politica. Del resto, da tempo contro questa guerra si è sollevata l’opinione pubblica mondiale, e un giornale come il New York Times l’ha eletta seconda superpotenza mondiale.
Questa guerra precipiterà in una catastrofe umanitaria il popolo dell’Iraq, già duramente provato da un embargo disumano. Tutte le guerre, assai più che i tiranni, colpiscono i popoli e, nei popoli, i più poveri: il Sud del mondo. E da oggi il rapporto tra il Sud ed il Nord del mondo sarà ulteriormente avvelenato.
Noi, come tanti e tante, viviamo ore di angoscia, ma non siamo disperati. Vive e vivrà la speranza che abbiamo contribuito a costruire. Non siamo riusciti a impedire la guerra, possiamo tuttavia fermarla. L’opposizione alla guerra crescerà!
Signor Presidente del Consiglio, lei avrà la maggioranza in questo Parlamento, ma lei sa, come tutti, che non ha la maggioranza in questo paese. E quando questa guerra precipiterà, il paese sarà segnato da uno sciopero in generale, dalla partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici alla lotta e alle manifestazioni che vi saranno in tutta Italia. Ne ha parlato diffusamente la collega Deiana. Ma non le vedete le bandiere della pace che segnano un nuovo corso di questo paese? Non avete visto la composizione delle manifestazioni per la pace?
Sicuramente, esse non hanno bloccato la guerra, ma potranno fermarla. Non ha impedito la guerra neanche il pontefice, che ha usato parole senza precedenti e che ha parlato di guerra criminale. Domenica, con un ricorso alla drammatica memoria del secondo conflitto mondiale, ha usato l’anatema: mai più la guerra! Anche lui non è riuscito a fermarla, così com’è non l’ha fermata l’opposizione, anzi la minaccia di veto di paesi così importanti del mondo, spesso alleati, come voi, degli Stati Uniti d’America. Ma questo movimento, questa opinione e questi spostamenti di forze hanno indebolito l’impero e la sua logica. Hanno disvelato tutta la sua ipocrisia ed hanno rilevato il carattere di questa guerra: una guerra per il controllo di risorse strategiche, cinicamente perseguita con determinazione assoluta. Si chiamano petrolio, acqua, risorse biologiche. Una guerra costruita per controllare un’area geopolitica del mondo, quella del Golfo Persico, ed irradiare da quella posizione ricatti verso altre aree. Una guerra imperiale, fatta con solo una manciata di governi amici e senza l’Onu.
Signor Presidente del consiglio, lei ha citato le vicende del Consiglio di sicurezza, ma, al contrario di quello che lei sostiene, esse rendono evidente il carattere illegittimo di questa guerra.
Il governo degli Stati Uniti è stato indotto a «passare» per le Nazioni unite dai suoi alleati e da quelli che lo sostenevano. L’articolo 41 del trattato delle Nazioni Unite, che illumina inequivocabilmente il significato della risoluzione 1441 del 2002, prevede che quando si accerta l’esistenza di una qualsiasi minaccia alla pace, violazione della pace o atto di aggressione, le Nazioni Unite hanno il potere di misure «non implicanti l’uso della forza».
E l’articolo 42 aggiunge che solo la constatazione dell’inadeguatezza di tali misure consente l’uso della forza. Questa constatazione, l’Onu non l’ha fatta. Non la poteva fare perché gli ispettori hanno chiesto più tempo per svolgere la loro missione. Non l’ha fatta perché gli Usa, dopo tanti sforzi diplomatici, anche densi di ricatti, non hanno avuto la possibilità di consolidare una maggioranza a proprio favore nel Consiglio di sicurezza. Non l’ha potuto fare perché paesi come la Francia, la Russia, la Cina hanno detto che avrebbero opposto il veto. E allora, signor Presidente del Consiglio, lei non può sfuggire a questa denuncia: questa guerra, oltre che brutale, è illegittima.
Lei ha manifestato imbarazzo nel compiere questa scelta, secondo me servile nei confronti degli Stati Uniti d’America che, tuttavia, non ha saputo giustificare. Anzi, lei ha proposto una scelta dura, aspra, di complicità con la guerra e di suo sostegno politico, ma nascosta con il minimalismo delle motivazioni. Così, lei non è riuscito a nascondere l’essenziale.
Voi non avete colto l’opportunità che si presentava di costruire una nuova Europa. L’ha colta la Francia di un presidente conservatore, tuttavia consapevole della sua storia e che, pur con una cultura come quella gollista, ha saputo vedere un passaggio. E lo hanno saputo vedere altri, come la Russia, la Germania (ne ha parlato con acutezza, in quest’aula, Saverio Vertone). Certo, le nostre motivazioni, quelle di cui ha parlato Ramon Mantovani, con grande chiarezza, sono agli antipodi una politica imperiale che affronta la crisi e la sua globalizzazione con la logica fondamentalista che si esprime nel’amministrazione Bush.
E, tuttavia, quel tentativo cercava di dispiegare un’Europa diversa. Voi oggi, con questa scelta, vi collocate lontano dal popolo d’Italia e fuori da questa Europa. Voi contribuite ad aprire un interrogativo sul destino dell’umanità.
Voi ripudiate le ragioni politiche della nuova Europa e della pace. Lo fate scegliendo comunque la vicinanza agli Stati Uniti d’America. E’ una prova di fedeltà, ma anche di accecamento della ragione politica. La fedeltà atlantica, peraltro, non vi porta a nulla perché è una fedeltà ad una alleanza in crisi, messa in crisi dagli stessi Stati Uniti d’America con la dottrina Bush e con la sostituzione ad essa di una geometria variabile, nella ricerca delle alleanze. Voi, in realtà, parlate di Alleanza atlantica come se fosse la continuità e, invece, state parlando di una nuova costruzione, di un’alleanza subalterna ad un ordine imperiale.
Non sapete parlare neppure in nome della continuità di una parte della classe dirigente italiana. Ma qual è la vostra idea dell’Italia, del Mediterraneo, dell’Europa? Non vi parlerò di La Pira e della sua ispirazione. Ma dov’è finita quella che ha attraversato anche le culture di molti di voi, del cattolicesimo politico? Berlusconi, il presidente, ha detto: gli argomenti della politica non possono mettere in discussione l’Alleanza atlantica. E’ vero il contrario, signor Presidente: gli argomenti della politica possono e debbono mettere in discussione una Alleanza atlantica che si rivela servile dipendenza dagli Stati Uniti d’America.
L’Europa oggi è incompatibile con questo servilismo. Ecco perché vi diciamo: cominciamo dal No alle basi, cominciamo da una posizione in cui non basta non essere belligeranti per non essere complici. Bisogna essere contro la guerra, vecchia, antica, parola d’ordine popolare: né un uomo né un soldo per la guerra. Niente di niente.
Non solo, come è ovvio, No a uomini italiani impegnati nella guerra, ma nessun uso del territorio, dello spazio aereo, delle basi militari. Quello che lei non ha detto, signor Presidente, è che del resto questa scelta sarebbe illegittima, come riconosce anche un Presidente emerito della Repubblica italiana.
La guerra degli Usa è illegittima per la carta dell’Onu. La posizione dell’Italia, che offre una cooperazione passiva delle basi militari, è illegittima dal punto di vista della Costituzione repubblicana.
La disobbedienza civile diventa l’azione per ripristinare la legalità e la legittimità. Il popolo della pace la saprà perseguire. E noi diciamo al Presidente della Repubblica che sarebbe suo impegno intervenire per impedire questa illegalità.
Oggi, nel Parlamento le opposizioni trovano un’unità e presentano davanti al paese una posizione comune che dice No alla guerra. E niente di niente dell’Italia per questa guerra! Una posizione limpida che interpreta lo spirito del paese.
In questo Parlamento, lo spirito dell’Italia è, oggi, rappresentato dall’opposizione. Il popolo della pace ne avrà un rafforzamento.