Discutere da una posizione “di sinistra” dei servizi pubblici significa contrastare la questione delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni nella gestione di questi servizi.
La fallimentare epopea inglese delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni dei servizi pubblici (basti citare il settore dei trasporti e il servizio idrico) non è solo criticata da sinistra per il peggioramento dei servizi stessi e l’aumento delle tariffe; ma è messa alla berlina anche da parte di studiosi liberisti, non eccessivamente ideologici, per le inefficienze create sia negli specifici ambiti che nell’intero sistema economico britannico. D’altronde, in Italia, il fallimento finanziario, economico e gestionale della privatizzazione di Telecom è l’evidente esito di un’impresa che oggi non trova neanche il fantasma di un sostenitore!
Non deve essere sottaciuta la questione di classe – del lavoro e redistributiva – nel mondo dei servizi pubblici. Negli ultimi quindici anni è avvenuto un vero e proprio massacro sociale, con tagli di decine di migliaia di posti di lavoro, operati soprattutto tramite blocco del turn-over, prepensionamenti ed esternalizzazioni/precarizzazioni di attività o di rami d’azienda. Insomma, a scapito degli interessi degli utenti e dei lavoratori si sono avvantaggiati i finanzieri e talvolta gli azionisti grazie alla trasformazione dei vecchi enti e/o municipalizzate in società di capitali, talvolta quotate in borsa.
D’altronde, come dovrebbe essere noto, la legislazione Ue nulla può imporre in merito alla proprietà pubblica o privata di un’azienda o di un intero settore produttivo: ciò in ossequio al principio di indifferenza circa la proprietà pubblica o privata di un’impresa, immutato dai tempi del Trattato istitutivo di Roma fino al Trattato europeo.
Ci sono però due osservazioni importanti da fare, dal punto di vista delle norme e della giurisprudenza europea: 1) esiste da alcuni anni, a seguito dell’emanazione di alcune direttive, l’obbligo di liberalizzare alcuni servizi (gas, energia, trasporti ferroviari), cosa che tramite il meccanismo degli “spezzatini” induce con forza alla logica delle privatizzazioni; 2) esiste una particolare severità sul fatto che le partecipazioni pubbliche non siano distorsive della concorrenza e non costituiscano cioè dei surrettizi aiuti di Stato (ovviamente il problema non si pone se la partecipazione pubblica è pari al 100%).
C’è da osservare che mentre la legislazione Ue, con i meccanismi prima accennati, tende “sottilmente” alle privatizzazioni in alcuni settori, la legislazione nazionale degli ultimi 15 anni (qualunque sia stata la maggioranza in carica) ha spinto brutalmente in direzione delle privatizzazioni, soprattutto in materia di servizi pubblici locali.
Per restare agli anni più recenti, nel dicembre 2004 il Ministro Matteoli ha emanato una circolare che pone limiti pesanti agli enti locali per la gestione in house del servizio idrico. La delega ambientale, emanata ai sensi della legge 308/04 e ancora in larga parte in vigore – promulgata dal Governo Berlusconi agli sgoccioli della passata legislatura – impedisce tassativamente la gestione in house del ciclo dei rifiuti, essendo la gara l’unico passaggio legittimato.
Con la proposta contenuta nel recente disegno di legge Lanzillotta si giunge all’ultimo atto, con la tassativa soppressione delle residue possibilità di gestione diretta dei servizi pubblici da parte degli enti locali. La possibilità di gestione diretta da parte di una società interamente pubblica, gestione in house, (ma anche perfino di una società mista) viene di norma esclusa, tranne che per quanto riguarda il servizio idrico.
Eppure nelle linee programmatiche elettorali dell’Unione era previsto il rapido superamento della cosiddetta delega ambientale, in modo da ritornare tra l’altro alla facoltà per gli enti locali di gestire il ciclo dei rifiuti in house. Per non parlare, sempre nel medesimo programma dell’Unione, del sostegno assicurato all’affidamento in house del servizio idrico (che, pure, trova molte difficoltà a tutt’oggi nella vigenza della citata circolare Matteoli, mai abrogata da nessun esponente ministeriale del Governo Prodi).
Ma c’è dell’altro: l’approvazione del suddetto disegno di legge Lanzillotta avrebbe senz’altro un’ eco nefasta in Europa, in quanto – dopo Inghilterra e Galles – l’Italia sarebbe il solo paese dell’UE in cui praticamente tutti i servizi pubblici locali sono forzati per legge alla privatizzazione. Tutto ciò potrebbe avere un peso condizionante a favore dei circoli iperliberisti europei e delle banche centrali, che potrebbero riuscire ad imporre la totale liberalizzazione nei settori dei servizi di interesse generale ancora non normati da direttive UE: e cioè acqua, rifiuti e trasporto locale. Insomma, il Lanzillotta apre scenari bui non solo in Italia, ma anche in molti paesi europei, dove da decenni se non da secoli alcuni servizi locali sono caratterizzati dalla gestione e dalla proprietà pubblica: la mutazione legislativa in Italia avrebbe ripercussioni negative in Olanda, in Portogallo, in Svezia, in Belgio….. Battersi per modificarlo radicalmente, cioè per rilanciare una vera ed efficace gestione dei servizi pubblici locali, significa non solo battersi per una reale applicazione del programma dell’Unione, ma anche compiere ogni sforzo affinché il Governo italiano si collochi da subito in Europa contro chi vuole emanare direttive volte alla privatizzazione di beni comuni fondamentali.
* Capogruppo Prc commissione affari costituzionali Senato