Ora che finalmente la data del Referendum è stata fissata per il 25 e 26
giugno occorre produrre ogni iniziativa utile a favorire la
partecipazione al voto delle cittadine e dei cittadini di questo paese.
Infatti, nonostante il Comitato Promotore del Referendum – del quale
anche la Cgil fa parte – avesse chiesto di svolgere gli adempimenti
elettorali in una data consona a favorire una grande partecipazione al
voto, si è scelto, da parte di un governo in partenza, l’ultima data
possibile prima delle ferie estive, così come richiesto dalla Lega.
Tenuto conto quindi che si dovrà andare al voto quando le scuole saranno
già chiuse e il clima non favorirà le tradizionali attività che
normalmente vengono svolte per le elezioni, è necessario creare ed
utilizzare ogni occasione per la diffusione della conoscenza delle
motivazioni per le quali chiediamo di votare NO.
La CGIL ha scelto senza esitazione, da tempo, di impegnarsi nella difesa
dei valori e dei principi della nostra Costituzione nata dalla
Resistenza e di stare in campo nel Referendum confermativo delle
modifiche costituzionali con l’obiettivo di abrogarle.
Non è improprio per il sindacato stare con tutte le sue forze in questa
campagna perché mai si deve dimenticare che la nostra Carta, nel suo
articolo 1 “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”
sancisce, unica costituzione in Europa, la centralità del lavoro e del
suo valore.
Le modifiche costituzionali votate nella passata legislatura sono, a
nostro parere, lesive dell’idea di democrazia e di coesione sociale che
abbiamo sempre perseguito e per la loro vastità hanno ripercussioni
anche sulla prima parte della nostra Carta, quella relativa ai valori
fondanti.
In questa controriforma elaborata dai cosiddetti quattro saggi di
Lorenzago e votata dalla sola maggioranza, che si è sottratta a
qualsiasi tentativo di discussione, si prefigura infatti una forma di
governo che non ha eguali in altre democrazie, perché basata
sull’istituzione del “premier” dotato di poteri assoluti a discapito di
un parlamento che può sciogliere a sua piacimento.
A tale enorme potere non corrisponde, come sarebbe logico, un
rafforzamento delle garanzie ma si persegue con tenacia un
ridimensionamento di quelle in vigore.
Il Presidente della Repubblica viene ridotto ad una figura di mera
rappresentanza; nella composizione della Corte Costituzionale aumentano
i giudici di nomina politica; l’iter legislativo segue dei meccanismi
complicatissimi e assolutamente non chiari e il cosiddetto Senato
federale è composto da senatori eletti contestualmente all’elezione dei
consigli regionali per cui è soggetto a possibili rinnovi parziali (i
rappresentanti delle Regioni e delle autonomie partecipano poi
all’attività senza diritto di voto).
Vi è poi la “devolution”, la riscrittura dell’articolo 117, il cavallo
di battaglia della Lega e cioè la potestà legislativa esclusiva alle
Regioni in materia di sanità, istruzione e sicurezza come di ogni altra
materia non espressamente riservata alla legislazione statale.
Si agisce insomma su un doppio livello: i diritti universali e la
coesione culturale. Nessuna repubblica federale ha una legge siffatta.
Proprio perché nessuna repubblica federale può “reggere” un modello di
società che renderebbe sempre più strutturali le disuguaglianze. Con
l’attuale riforma si consente infatti di smantellare l’unitarietà di
diritti fondamentali, di esasperare le disparità tra zone ricche e
povere del paese. E’ il frutto di una visione che abolisce la
solidarietà, di una visione egoista e localista che mira ad una società
fondata solo sulla competizione e sull’arricchimento personale.
Un federalismo dei forti che tanto sa di secessione materiale, che
comporterebbe tra l’altro un riflesso negativo sulla situazione
legislativa e contrattuale dei lavoratori, in quanto a questa secessione
dei diritti non potrebbe non coincidere la messa in discussione
dell’unitarietà del contratto collettivo nazionale di lavoro.
Senza dilungarmi su altri aspetti della “riforma” mi preme ricordare
quindi come la difesa dei valori e dei principi della nostra Carta da
queste minacce sia anche concreta difesa degli interessi dei lavoratori
che rappresentiamo.
Questa “riforma” cambia nella sostanza l’intera Carta fondamentale,
altera i principi stabiliti dai padri fondatori, altera l’universalità
dei diritti a cominciare dalla salute e dall’istruzione.
Sessanta anni fa, con la Repubblica e la Costituzione, iniziava il
percorso che ha portato alla stesura della Carta: il lavoro dei
costituenti è stato così accurato e lungimirante che la nostra è, ancora
oggi, una delle costituzioni più attuali e moderne, perché
rappresentativa della pluralità delle culture e delle opinioni
politiche.
Quell’esempio andrebbe sempre seguito e ove si ritenesse utile apportare
modifiche (ferma restando l’assoluta nostra contrarietà ad intervenire
sulle parti che ne segnano i valori fondanti) queste non devono essere
approvate da una sola parte ma nascere da un’ampia e condivisa
discussione.
Proprio perché riteniamo che la Carta appartiene a tutti i cittadini
abbiamo voluto partecipare alla raccolta delle firme per chiedere il
Referendum popolare e riportare ad essi la decisione ultima.
Per tutte queste motivazioni, guardando al nostro futuro, al futuro di
questo paese che vogliamo sia di pace, di diritti, di lavoro, di
giustizia, diciamo NO a queste riforme e invitiamo a votare NO nel
Referendum.
* Segretario Nazionale Cgil