Dentro questo nostro dibattito sulla novità non episodica del movimento antiglobalizzazione pesa e si intreccia l’avvio di un dibattito congressuale che tocca i temi della rifondazione comunista, cioè di una prima vera rilettura delle ragioni del comunismo da dopo il crollo del socialismo statalista e dello scioglimento del Pci.
E’ un appuntamento importante da non sprecare in un dibattito che al contrario può essere attratto da preoccupazioni più interne e di più corto respiro. Il dato politico da cui partire è che questo movimento e l’ analisi sulla lettura dei processi internazionali del mondo globalizzato non ci coglie impreparati, in questi anni Rifondazione Comunista ha lavorato nei fatti a una nuova analisi sulle trasformazioni del capitalismo ed ha scommesso sulla riapertura di un nuovo conflitto sociale.
Prima le ricorrenti crisi di borsa, poi i nuovi segni di crisi economica in Usa, Europa e Giappone segnano il profilarsi di una vera crisi di egemonia del modello neoliberista sia sul piano strutturale, sia su quello culturale e dell’affermazione del pensiero unico.
Ma la forza di questo modello noi l’abbiamo anche individuata nella capacità di divisione e frammentazione nei soggetti critici ed antagonisti, a partire da quello operaio. Tanti microconflitti sono nati e poi sono stati riassorbiti perché non sorretti da una critica e una visione unificante e generale dei processi che li generano.
Oggi questo movimento esprime proprio una critica unificante attorno al modello sociale ed economico neoliberista, che si sostanzia nella critica del primato del mercato sulle persone, sull’ambiente, nel lavoro, nella società, sui più deboli.
La ricomposizione avviene nell’individuazione della globalizzazione e delle sue istituzioni non democratiche (G8, Wto ecc.) come l’avversario e nella richiesta di una alternativa. Un’alternativa ancora non definita, sicuramente un’alternativa alla centralità del mercato e del profitto.
Usciti dal tunnel
Questo sbocco, dopo 20 anni di crisi delle ideologie, della politica e della sinistra anticapitalista, non era scontato. E’ quasi un miracolo, è come uscire da un lungo tunnel. Interrogarci sul come e sul perché nasce questo movimento è decisivo: esso è figlio non solo delle politiche neoliberiste, ma vive una relazione anche con la crisi di un’idea del comunismo che a noi ci ha fatto porre il tema della rifondazione comunista quando nacque questo nostro Partito.
Perchè oggi poniamo con forza nella nostra attività il tema dell’inchiesta? Perchè ci richiamiamo a rileggere le nostre stesse interpretazioni e categorie; questo movimento, e le diverse culture che esprime ci richiamano non solo a dire e fare ma anche ad ascoltare e a reinterpretare.
La natura sovranazionale di questo movimento è la sua grande forza e modernità. I suo obiettivi e contenuti vanno quindi rapportati a questa dimensione. Su questa dimensione sovranazionale verifichiamo invece i ritardi più grandi del movimento sindacale ed operaio dell’Europa in particolare, non a caso in difficoltà rispetto ad un capitale finanziarizzato e internazionalizzato, e dentro i limiti politici di una sinistra socialdemocratica e liberale che segna il proprio fallimento nel tentativo di guidare questa modernizzazione capitalista.
La Fiom va apprezzata per aver capito politicamente tutto questo ma davvero non possiamo imputare al movimento antiglobalizzazione il ritardo con cui il movimento operaio nelle diverse nazioni arriva ad affrontare il tema della globalizzazione e della necessità di una nuova riproposizione del conflitto capitale lavoro.
Al contrario, invece, la dimensione di questo movimento offre la forza necessaria a rimettere in discussione politiche moderate e compatibiliste che avevano tolto ogni prospettiva di cambiamento dentro un mondo del lavoro frammentato, debole e marginalizzato.
Il tema del lavoro entra con più forza in questo movimento se aggiorniamo una lettura del mondo spesso ancora legata alla fase del modello produttivo fordista-taylorista.
La condizione di precarizzazione investe oggi una dimensione non solo lavorativa, ma anche di un tempo di vita spesso inglobato nel tempo di lavoro; l‘alienazione coglie sempre di più anche il rapporto con l’ambiente e le persone; lo sfruttamento investe sempre più i luoghi più sperduti del mondo.
Generazioni nuove
La contraddizione capitale lavoro permane e si accentua, ma le forme attraverso cui si manifesta e produce coscienza sono spesso nuove, intrecciandosi con quella ambientale, di genere, con quella nord-sud del mondo. E non è casuale che sia una nuova generazione a trasmetterci attraverso la propria soggettività il modo con cui incrocia contraddizioni antiche. Ha senso oggi contrapporre le diverse culture critiche di questo movimento? Sono un limite? O sono invece un’occasione che allarga le possibilità di far maturare l’alternativa ad un modello sociale fino a ieri indiscutibile?
A Roma avremo a novembre quasi sicuramente il vertice Fao sulla fame nel mondo, esso impone una capacità anche al movimento romano di misurarsi con problematiche nuove ed inedite che non riguardano solo la solidarietà con i paesi poveri e il ruolo delle multinazionali ma anche il problema della rimessa in discussione di un modello produttivo e di consumo che affama il terzo mondo, mette in discussione l’ equilibrio ambientale del pianeta e la salute negli stessi paesi ricchi.
Connettere questa tematica globale con la capacità a livello locale di intervenire sui modelli di consumo, sul controllo del cibo che mangiamo e dell’aria che respiriamo significa allargare la sensibilità e la lotta contro questo modello produttivo.
Questo movimento può e deve durare, sfuggendo ai rischi che ha di fronte: respingendo il tentativo di farlo diventare un problema di ordine pubblico, quello di dividerlo tra moderati ed estremisti o di usarlo magari per riaprire i giochi politici dentro una logica bipartisan. Sono i contenuti a dare forza a questo movimento, ad allargare la sua capacità di comunicazione e di attrazione, proprio per questo dalle bombe, al terrorismo, alla repressione di piazza si è già tutto preparato per spazzarlo via. Rifondazione ha un molo decisivo qui in Italia per determinare la forza e l’ampiezza di questo movimento, la nostra internità è necessaria per superare questi rischi e far essere i prossimi appuntamenti la riapertura vera di un nuovo ciclo produttivo nel nostro paese.
* Segretario Federazione Prc di Roma