Un giorno di guerra in Medio Oriente

Una giornata quasi di guerra ieri nei territori palestinesi dove è sembrato essere tornati indietro di parecchi mesi, a prima cioè della tregua – per quanto incerta e precaria – imposta di fatto dal neo-presidente dell’Anp Abu Mazen. Rastrellamenti in varie località della Cisgiordania, scontri sanguinosi a Nablus con l’uccisione di tre esponenti del Fronte popolare e delle Brigate di Al Aqsa, nuovi lanci di razzi Qassam da Gaza verso il territorio israeliano e successiva ritorsione con tiri di artiglieria sul nord della Striscia. Un clima pesante, di forte tensione, reso più palpabile dalle parallele e al tempo stesso contrapposte tensioni di carattere politico, con la minaccia israeliana di impedire il voto dei palestinesi di Gerusalemme-est e il conseguente rischio di annullamento della intera tornata elettorale legislativa dell’Anp. Una prospettiva questa che metterebbe in forse la ripresa (per ora peraltro soltanto ventilata) del processo negoziale sulla base della “road map” e che darebbe alimento alla ripresa di attività dei gruppi armati ma anche degli estremisti di parte israeliana. L’episodio più grave è accaduto a Nablus, storica roccaforte del nazionalismo palestinese e di Al Fatah ma dove di recente si è assistito a una significativa affermazione elettorale degli islamici di Hamas.
Le truppe israeliane hanno fatto irruzione in città all’alba con l’appoggio di una quindicina di fuoristrada blindati e due ruspe corazzate, dopo che già nella giornata di mercoledì otto persone erano rimaste ferite in una serie di sparatorie; i soldati hanno circondato una palazzina nella quale si trovavano tre militanti palestinesi, e quando questi hanno cercato di fuggire hanno aperto il fuoco contro di loro uccidendoli. L’esercito di Tel Aviv li ha sbrigativamente definiti come «tre estremisti ricercati». Uno dei tre era il dirigente locale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina Bashar Hanani, la cui identità è stata poi confermata da fonti mediche del posto; gli altri due erano militanti delle Brigate dei martiri di Al Aqsa, braccio armato (anche se non ufficiale) di Al Fatah. Secondo gli israeliani, Hanani era responsabile di due attentati compiuti nel 2003 e in cui erano morte sette persone; ma come al solito si tratta di responsabilità affermate dalle fonti dell’Intelligence senza alcuna possibilità di prova o di contraddittorio.
Il Fplp ha avuto il suo segretario generale Abu Ali Mustafa assassinato con un missile dagli israeliani nell’estate del 2001; suoi militanti si erano ieri resi responsabili del sequestro presso Gaza di due docenti stranieri della American School (un olandese e un australiano) peraltro rilasciati dopo poche ore. Per ritorsione all’assassinio di Abu Ali Mustafa, il Fplp uccise, sempre nel 2001, il ministro del turismo israeliano, il razzista Zeev; per questa uccisione, il nuovo segretario del Fronte fu arrestato come mandante e si trova attualmente recluso nel carcere dell’Anp a Gerico sotto sorveglianza congiunta palestinese e anglo-americana, il che è motivo di permanente contrasto fra il Fplp e l’Autorità palestinese. Oltre che a Nablus, rastrellamenti sono stati compiuti anche in altre località della Cisgiordania, con il sequestro da parte israeliana di quattordici “ricercati”, definiti dalle fonti militari come militanti di Hamas e della Jihad islamica. Spostandoci all’altro estremo dei territori palestinesi, tre razzi Qassam sono stati lanciati dalla striscia di Gaza verso il sud di Israele; uno dei tre ha colpito una base militare nei pressi della città di Ashkelon provocando il ferimento di cinque soldati, mentre un altro è atterrato, senza far danni, vicino alla recinzione di una importante centrale elettrica alla periferia della stessa città, coinvolta peraltro nella fornitura di energia a Gaza. E’ la terza volta in meno di una settimana che razzi Qassam vengono lanciati contro il territorio israeliano. Come rappresaglia immediata l’esercito ha bombardato con l’artiglieria il nord della Striscia provocando almeno un morto; ma Israele ha allo studio ritorsioni di più ampia portata, pur senza ricorrere – affermano le fonti militari – a un invio di truppe di terra all’interno della Striscia. Il viceministro della Difesa Zeev Boim ha infatti dichiarato che è concretamente allo studio la ipotesi di tagliare le forniture di energia elettrica a Gaza e agli altri centri abitati, anche se non «nell’immediato futuro» in quanto ci si rende conto che una misura del genere avrebbe «un impatto problematico su una consistente popolazione civile». La Striscia dipende infatti totalmente da Israele per la fornitura di elettricità; un black-out avrebbe conseguenze disastrose, mettendo ulteriormente in ginocchio l’economia della zona già prostrata da decenni di occupazione e da quasi cinque anni di guerra virtuale. La continuazione dei lanci di razzi Qassam dopo il ritiro israeliano da Gaza costituisce peraltro anche una sfida all’autorità del presidente Abu Mazen che ne aveva chiesto, anzi ordinato, la immediata cessazione. Il lancio dei razzi Qassam dopo il ritiro israeliano costituisce anche una sfida all’autorità di Abu Mazen che ne aveva chiesto, anzi ordinato, la cessazione.