In merito al risultato del referendum che ha sancito (di stretta e sospetta misura e con brogli certificati, ma “coperti” da USA, NATO e UE) la vittoria dei fautori dell'”indipendenza” e della rottura dell’unione con la Serbia, Ivan Preobrazhenskij, redattore del sito russo “Strana.ru”, ha intervistato Elena Guskova, storica dell’Accademia russa delle scienze.
D. Come si spiegano i risultati del referendum in Montenegro e l’imminente separazione dalla Serbia?
R. Da tempo affermo che i sostenitori del “Si” avrebbero vinto. In primo
luogo, per ottenere tale risultato sono state investite grandi risorse
amministrative. In secondo luogo, il referendum ha ottenuto il sostegno di organizzazioni internazionali e dell’UE. E ai sostenitori del referendum è stata fatta una grande concessione: lo sbarramento del 55% dei partecipanti alla votazione. Inoltre, Milo Djukanovic gode del grande sostegno dell’America, e la stessa campagna elettorale è stata organizzata in modo che si creassero le migliori condizioni per il ritorno nel paese di coloro che avrebbero votato “Si” e si frapponessero ostacoli al rientro di quelli che sostengono l’unione tra Serbia e Montenegro.
D. Ciò significa che si sono create difficoltà alla frontiera amministrativa
con la Serbia?
R. Non tanto alla frontiera, dal momento che è sempre possibile
attraversarla in automobile. E’ sulla linea aerea Belgrado-Podgorica che
sono stati cancellati i voli. Gli aerei sono stati dirottati in Europa, per
trasportare la diaspora ivi residente. Questa gente in maggioranza ha votato per la separazione. E’ vero che la dirigenza di Belgrado ha organizzato il viaggio, concedendo biglietti gratuiti a coloro che volevano andare dalla Serbia in Montenegro. Ma non c’è paragone tra il numero di coloro che ne hanno approfittato e gli aerei partiti dai paesi europei.
Inoltre, Milo Djukanovic, certamente, ha potuto contare anche sugli albanesi e sui musulmani. Senza dubbio, a questi dovrà fare concessioni. E in futuro ciò potrebbe far loro alzare la voce, dal momento che gli albanesi hanno propri progetti: essi aspirano all’unificazione di tutti i territori dell’ex Jugoslavia a maggioranza albanese. Vale a dire, oltre al Kosovo-Metohja, che tutti conoscono, il sud della Serbia, parte della Macedonia e del Montenegro. “La questione albanese” in Montenegro si è già manifestata, ed è ovvio che ora rappresenti oggetto di trattativa.
D. E’ possibile che i sostenitori dell’unita con la Serbia o la Belgrado
ufficiale esigano un nuovo conteggio dei voti?
R. Ritengo che Belgrado non lo farà, anche se i partigiani dell’unità del
paese all’interno del Montenegro lo richiedessero. Molti esempi, come le
elezioni in Ucraina e in altri paesi dello spazio post-sovietico,
testimoniano del fatto che tali rivendicazioni non si concretizzano mai.
D. Quale sarà ora il destino del Montenegro indipendente? L’Unione Europea verrà incontro alle sue aspirazioni e lo accoglierà quale membro a pieno diritto?
R. Il Montenegro è un territorio economicamente molto arretrato. Esso spera di poter vivere solo con il turismo, ma per ottenere che la repubblica diventi un centro del turismo europeo e mondiale sarebbe necessario investire molti soldi. Il Montenegro non ne possiede. Podgorica ha vissuto a spese delle sovvenzioni dell’UE e di altre organizzazioni internazionali. Ma se tali sovvenzioni venissero meno, per il Montenegro si prospetterebbero tempi duri. Io penso che esso verrà a trovarsi nelle condizioni di un protettorato, con la presenza di basi militari NATO. Del resto, sul territorio dell’ex Jugoslavia esistono protettorati di diverso livello, e il Montenegro non sarà un’eccezione. Sarà costretto a cedere una parte della propria sovranità in cambio di quell’indipendenza a cui tanto sembra aspirare.
D. C’è la possibilità che sul territorio di questo nuovo stato sovrano si
manifestino conflitti armati simili a quelli della Macedonia o del Kosovo?
R. Con la minoranza albanese si, è possibile.
D. Quali problemi investiranno la Serbia con l’uscita del Montenegro dalla federazione?
R. Belgrado perde lo sbocco sul mare, ma ciò non rappresenta una tragedia. Si potrà trovare un accordo. Piuttosto la Serbia ritirerà i capitali investiti per lo sviluppo del Montenegro, per il funzionamento degli organi congiunti di potere. Per il Montenegro sarà un colpo. Le repubbliche dovranno dividere le proprietà, al Montenegro toccherà pagare le spese di tutte le rappresentanze diplomatiche. Il Montenegro inoltre fino ad ora ha mandato gratuitamente i suoi ragazzi a studiare a Belgrado. Si acutizzerà il problema della ricerca di un posto di lavoro, dal momento che in Montenegro è difficile trovarlo.
Per quanto riguarda la Serbia, anch’essa dovrà affrontare non minori
problemi. Oggi si trova in ginocchio e ha perso parte della propria
sovranità. Il paese non risolve autonomamente le questioni della propria
politica interna ed estera. Questa non viene decisa a Belgrado, che deve
molto semplicemente seguire la strada che le viene indicata. Quando alla Serbia tocca consegnare tutti coloro che bisogna affidare al Tribunale dell’Aja, quando sul suo territorio possono stazionare le truppe della NATO (e un trattato in tal senso è già stato siglato), quando possono essere sottratte tutte le ricchezze del suo territorio, ecco che non ha più molto senso affrettarsi ad invitare la Serbia nell’UE e che l’Europa sussidi la sua economia.
Ma, nonostante tutto, la Serbia è un paese forte ed ha ancora la possibilità di riprendersi. E quando la Serbia risorgerà, allora incontrerà nuovamente l’interesse dei propri vicini, che torneranno a rivolgersi ad essa, come era già successo all’inizio degli anni ’20 dello scorso secolo.
D. La stampa occidentale scrive della possibilità che, sull’onda di
sentimenti revanscisti, i nazionalisti possano tornare al potere in Serbia,
e alcuni analisti addirittura accennano al fatto che sia L’UE stessa a
provocare consapevolmente tale processo, per potere abbattere il regime radicale e finalmente privare Belgrado della propria sovranità.
R. Oggi l’UE dispone di un gran numero di strumenti che le permettono di controllare i processi politici nei paesi dell’ex Jugoslavia. A cominciare
dalla firma sotto dettatura delle leggi elettorali, per finire con il
cambiamento dei leader di partiti politici non graditi e persino di
presidenti, come è successo in Bosnia e Erzegovina. Per questo io penso che l’Europa non teme l’avvento dei nazionalisti al potere: essa è già in grado di confrontarsi con loro. Sebbene, per la verità, la Serbia sia alquanto imprevedibile rispetto ad altri paesi della regione. Al momento è difficile aspettarsi l’avvento al potere di forze che non rispondano agli interessi delle organizzazioni europee.
Per quanto riguarda la provocazione a cui faceva cenno, credo all’Europa non convenga. Dietro ai nazionalisti potrebbe sollevarsi tutto il popolo. Perché l’Europa dovrebbe fare questo, se già è in grado di indirizzare la politica del paese? La sovranità della Serbia nella politica interna ed estera, anche in prospettiva, è perduta. Del futuro del paese dispongono NATO, UE e USA. Hanno propri rappresentanti in tutte le strutture del potere statale del paese. Per questo possiamo affermare che la Serbia è completamente direttadall’esterno (.)
Traduzione dal russo per www.resistenze.org di Mauro Gemma