Peer Steinbrück, ministro delle finanze socialdemocratico del governo di Grande coalizione di Angela Merkel, mercoledì della scorsa settimana, ha varato la contestata riforma fiscale che ridurrà le imposte per le imprese e i redditi da capitale. Dal 2008 le imposte sulle società di capitali scenderanno così dall’attuale 38,65% al 29,8%. Anche per le società di persone la tassazione degli utili subirà una riduzione significativa. Sul lungo periodo, ha pronosticato Steinbrück, le imprese tedesche realizzeranno utili migliori in Germania che non sui mercati esteri. Sulle previsioni del ministro e gli effetti della riforma abbiamo discusso con Wolfgang Wiegard, professore di scienze politiche ed econometria all’università di Regensburg ed esperto fiscale del Sachverständingenrat, consiglio di economisti che lavora per uno sviluppo economico equo.
L’impatto che avrà la riforma sulle casse del governo federale e dei Länder, secondo le valutazioni del ministero delle finanze, si dovrebbe attestare intorno ai 6,5 miliardi di euro solo per il primo anno fiscale dall’entrata in vigore della nuova legge. Nel 2008 la riforma sarà finanziata in parte con il ricorso al credito netto, ci ha confermato il prof. Wiegard, in parte con le forti entrate dell’anno fiscale passato e di quello in corso. Invece di ridurre le imposte sul reddito il governo ha stabilito di utilizzare così il «tesoretto» tedesco.
Le stime ottimistiche, in parte misurate con il caleidoscopio della crescita economica, danno le perdite già per il 2011 ridotte a 5 miliardi di euro e a 3,5 miliardi per l’anno successivo. Secondo Wolfgang Wiegard è estremamente difficile valutare l’attendibilità delle previsioni del ministero. Ci saranno perdite consistenti e non è affatto chiaro come il governo le recupererà. Per spiegarsi meglio ci ha fatto un esempio: oggi molte delle imprese tedesche che reinvestono gli utili sullo sviluppo, non tassati, brevettano poi i loro prodotti innovativi in filiali estere, dove l’imposizione fiscale è meno pesante. Con la riforma, valutano gli esperti del ministero, il fenomeno si dovrebbe ridurre portando nelle casse dello stato un gettito di 1,7 miliardi di euro. «Ma la stima è assolutamente poco comprensibile», ha commentato il professor Wiegard.
Peer Steinbrück è convinto che la riduzione delle aliquote attrarrà capitali stranieri e farà rimanere in patria molti denari che oggi vengono investiti su mercati più redditizi. Attualmente, dice il ministero, al fisco tedesco si sottrarrebbero circa 100 miliardi di euro all’anno. Qui Steinbrück, secondo il professor Wiegard, potrebbe aver ragione: «Anche se ci sono comunque nazioni dove la tassazione è notevolmente minore, l’Irlanda su tutte, dal 2008 il carico fiscale in Germania sarà minore che in Italia, Francia, Spagna, il che da al paese un vantaggio relativo».
La riforma riguarda anche gli utili dei privati. Dal 2009 subentrerà infatti una nuova forma di tassazione per i redditi da capitale: sugli interessi, i dividendi e gli utili derivanti dalla vendita di titoli verrà applicata un’aliquota a forfait del 25%, ridotta dall’attuale 42%. Oggi, ci ha spiegato il professor Wiegard la gran parte dell’evasione fiscale in Germania, comunque molto più contenuta di quella italiana, deriva dagli utili realizzati nel mercato azionario estero. In questo ambito si potrebbe riuscire a contenere il fenomeno.
Ma c’è un aspetto della riforma, ha spiegato Wolfgang Wiegard, che potrebbe inficiarne l’effetto «dopante» per le imprese e comprometterne dunque il fine. La riduzione della tassazione sugli investimenti nel mercato finanziario al 25% può sottrarre preziose risorse all’industria, presso cui la tassazione complessiva, compresa quella sui dividendi, arriva al 48%. Le imprese si troverebbero dunque costrette a finanziare gli investimenti con capitali di prestito. Inoltre sul medio, lungo periodo ciò provocherebbe un ulteriore effetto negativo: il ricorso al credito per gli investimenti riduce la percentuale di capitale d’impresa investito all’interno dell’azienda. I tassi d’interesse sul credito vengono però decisi anche in base alla percentuale di capitale aziendale investito. Se la quota di capitale di credito è alta, anche gli interessi sul credito saranno di maggiorati.
Salvo inaspettati scivoloni, entro la prossima estate la legge sarà passata attraverso l’approvazione delle sdentate Scilla e Cariddi, Bundestag e Bundesrat, le due ali del parlamento che in tempi di Grande coalizione non fanno nessuna paura al governo. Ma la riforma ha sollevato comunque numerose e accese cirtiche.
I primi mal di pancia sono sorti proprio all’interno dello stesso gabinetto Merkel, dove il ministro dell’economia, il cristianodemocratico Michael Glos, ha fatto mettere a verbale i suoi dubbi nello stesso vertice che ha approvato la riforma. Glos chiede che la detassazione sia più efficace nell’alleviare le pene fiscali del ceto medio. Ma per Steinbrück il progetto va bene così com’è e il ceto medio è abbondantemente considerato.
Alle critiche del collega di gabinetto si sono aggiunte quelle un po’ più dure del partito di Steinbrück, la Spd. «È un colpo durissimo per il profilo sociale del partito», aveva dichiarato Björn Böhning, presidente degli Jusos, l’organizzazione giovanile della Spd. Anche il consiglio del partito, la sinistra interna e molti politici dei Länder hanno annunciato battaglia. Per le forti critiche interne, il ministro aveva già ridotto le perdite per le finanze pubbliche nel 2008 da 8 a 6,5 miliardi di euro. Ma non basta. Le minori entrate potrebbero comunque mettere in seria difficoltà le amministrazioni locali, specialmente nelle regioni economicamente più arretrate dell’est. Molti all’interno della Spd non hanno ancora metabolizzato la «labourizzazione» del partito in corso. Come è possibile, continuano a chiedersi, che le imprese debbano pagare meno tasse, mentre abbiamo appena aumentato l’Iva – tassa sui consumi che colpisce tutti – del 3%? Secondo il professor Wiegard, le due misure non possono essere considerate dalla stessa prospettiva: le minori entrate fiscali non saranno compensate direttamente dai guadagni sull’Iva, che invece verranno usati per il consolidamento delle casse statali e la riduzione del contributo per la disoccupazione a carico dei lavoratori. Rimane però il dato politico: aumenti per i consumatori e risparmi per le imprese. Altrettante critiche sono piovute sulla testa della «Grande coalizione» dalla Lega dei sindacati tedeschi Dgb, secondo la quale al governo «stanno più a cuore la cura delle imprese e della ricchezza piuttosto che la soddisfazione dei bisogni elementari dei cittadini».
«Magari si potrà stringere o allentare qualche vite», ha concesso Steinbrück. Ma il complesso della riforma gode dell’appoggio pieno di Angela Merkel e del vicecancelliere e ministro del lavoro socialdemocratico Franz Müntefering, ha ricordato ai critici. La cooperazione della Grande coalizione nella costruzione della riforma è stata «esemplare», ha aggiunto il ministro. E poi «non dovrò mica stare a sentire tutti quelli che mi criticano».