Un farmaco a difesa della Costituzione

«Il venticinque e ventisei giugno, sessanta anni dopo il glorioso 2 giugno 1946, il popolo italiano dovrà decidere di nuovo sul suo avvenire, sul suo destino di nazione. La posta in gioco attiene alla qualità della vita delle donne e degli uomini che lo compongono, alle istituzioni che dovranno regolare la sua esistenza.
Le elettrici e gli elettori italiani dovranno pronunziarsi sulla salvaguardia delle conquiste di civiltà sancite nella Costituzione del 1948, sulle promesse che vi sono contenute, mantenute finora solo in parte ma mai rinnegate, o, invece, sul rovesciamento dello spirito e della lettera di quella che è stata finora la legge fondamentale della nostra Repubblica, sulla rottura sostanziale dell’unità nazionale, sulla liquidazione della solidarietà economica, sociale e politica fra gli italiani, sulla manipolazione fraudolenta della sovranità popolare, sulla mistificazione della rappresentanza e conseguente svuotamento del Parlamento, sulla compressione dei diritti, specie se sociali, sulla riduzione dell’eguaglianza alla mera soggezione alla legge, sulla mostruosa concentrazione del potere politico in una persona sola». Inizia così l’introduzione di Gianni Ferrara al volume «Scelgo la Costituzione – No alla controriforma”, edito congiuntamentedal manifesto e Liberazione, in edicola dallo scorso 2 giugno.
Con la chiarezza e la severità che lo contraddistingue, Gianni Ferrara getta sul piatto della bilancia, fin dalla prima pagina, la dimensione di senso della straordinaria scelta a cui il popolo italiano è chiamato con il referendum del 25 giugno.
Una dimensione di senso che è stata accuratamente occultata, durante il corso dei lavori parlamentari, attraverso il ricorso, bipartisan, ad una espressione (la «devolution») idonea a corrompere la comunicazione politica, nascondendo la dimensione, l’oggetto ed il contenuto della riforma e che – ancora adesso – a pochi giorni dal voto, fa fatica ad emergere nel dibattito politico. Basti pensare che il portavoce del governo, riunito in conclave a San Martino in Campo, il 5 giugno, si è limitato ad auspicare che il popolo italiano premi il no perché la valutazione sulla legge è politicamente e tecnicamente negativa: «È una riforma che potrebbe portare molti problemi all’efficienza del sistema». «Lavoriamo per il no – ha ribadito il portavoce di Prodi – e poi cerchiamo una soluzione, o più soluzioni condivise anche con l’opposizione».
Orbene perché nessun comunicatore politico si prende la briga di spiegare al popolo italiano qual è il vero oggetto della posta in gioco con il referendum: che si tratta di un referendum veramente eccezionale in cui i cittadini, divenuti essi stessi costituenti, devono decidere di nuovo dell’identità e del futuro della Repubblica?
Quanti cittadini italiani sono coscienti che il venticinque e ventisei giugno 2006 dovranno fare una scelta istituzionale, come fu quella del 2 giugno 1946, sul futuro della democrazia nel nostro paese?
Per diventare coscienti del contenuto e del valore della scelta che siamo chiamati a fare il 25/26 giugno, bisogna assumere – con urgenza – dei farmaci che ci aiutino a sviluppare un valido processo di conoscenza.
«Scelgo la Costituzione» è uno dei farmaci più potenti che siano stati immessi sul mercato politico. E’ un farmaco a basso costo, facile da trovare ed alla portata di tutti. Basta andare in edicola ed acquistare il manifesto o Liberazione, e con un piccolo sovrapprezzo (4,50 Euro) ci portiamo il farmaco a casa.
Questo farmaco è confezionato con scritti di valenti costituzionalisti (Azzariti, Bilancia, De Fiores, Di Giovine, Marsocci, Oliviti, Ronchetti, Valastro, Villamena), che ci portano con mano nei labirinti mefitici della riforma, sviscerando con esemplare chiarezza gli svariati argomenti oggetto della controriforma.
Questi scritti analizzano la figura del Primo Ministro, mettono a fuoco i suoi poteri, la mortificazione del Parlamento, la perversione del procedimento legislativo, la manomissione dei poteri e del ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica italiana, la manipolazione degli istituti di garanzia, del Consiglio Superiore della Magistratura e della Corte Costituzionale e le aberrazioni del nuovo riparto delle competenze Stato-Regioni.
Infine le considerazioni finali sulla democrazia costituzionale di Maurizio Oliviero e Franco Russo, ci riportano alla dimensione di senso dell’insieme: «la Costituzione è la via per tenere aperta la società, per consentire lo sviluppo e l’autogoverno delle persone, offrendo procedure e strutture giuridiche al riparo dall’arbitrio del potere e della forza».
Anche questo libro, come tutti i farmaci, deve essere assunto con urgenza. Dobbiamo leggerlo e diffonderlo prima che sia troppo tardi, in modo che nessuno – dopo il 26 giugno – possa dire: «Che peccato… se solo lo avessi letto prima».